Paola Benadusi Marzocca
“La guerra delle Rose” di Conn Iggulden

Lancaster vs York

Rara la maestria dello scrittore britannico nel descrivere con aderenza storica e forza narrativa la vicenda della guerra fratricida che insanguinò l’Inghilterra del ‘400, contrapponendo i due diversi rami della casa regnante dei Plantageneti

Si inizia a leggerlo e non si finirebbe mai: l’autore ha il potere dell’incantatore dei serpenti, sa ammaliare raccontando uno dei periodi storici del passato più complessi, sanguinosi e contraddittori che attraversò l’Inghilterra, ma che riguardò anche la Francia e la futura Europa. La guerra delle Rose di Conn Iggulden, composto di due volumi pubblicati dalla Piemme – il primo intitolato Stormbird (traduzione di Paola Merla, 517 pagine, 12,90 euro) e il seguito Bloodline (traduzione di Elena Cantone, 461 pagine, 19,90 euro), è un capolavoro di ricostruzione ambientale, un avvincente romanzo d’avventura, ricco di intrighi e colpi di scena, in cui i frammenti di verità dispersi trovano la loro sintesi nella vita dei numerosissimi personaggi realmente esistiti che furono coinvolti in questo duello mortale.

iggulden cop 1Nel 1300 la famiglia dei Plantageneti aveva reso invincibile l’Inghilterra contro la Francia vincendo una battaglia dopo l’altra e conquistando una larga parte dei territori francesi, ma un secolo dopo con la morte di Enrico V, il “Leone d’Inghilterra”, salì sul trono il figlio Enrico VI ed ebbe inizio un periodo assai turbinoso e confuso. Era questi, infatti, un giovane molto suggestionabile, troppo tranquillo per quei tempi feroci; era malaticcio, per niente ambizioso; trovava conforto nella religione, sembra che assistesse alla messa ogni giorno. Ma non poteva sottrarsi alla severità dei tempi: la scena che gli si presentava davanti, richiedeva energia e forte determinazione. I fasti della famiglia Lancaster non erano sufficienti a garantirgli una vita serena dinanzi alla nutrita schiera di consiglieri e lord avidi di potere e decisi a difendere con ogni mezzo la loro patria. Il potente conte di Suffolck si chiedeva perché non potesse sostituirsi al legittimo sovrano e come lui, tanti altri tra cui i duchi di York, da sempre rivali dei Lancaster. La rivolta dei territori inglesi in Francia fu la miccia che scatenò una guerra fratricida combattuta inizialmente in entrambi i territori. Non solo i nobili, l’intero popolo venne coinvolto al seguito dei vari schieramenti in un crescendo di violenti scontri che distrussero villaggi e città insanguinando la terra e i fiumi.

Tra le varie figure che spiccano nella narrazione domina Derry Breyer, spia del re. È un personaggio fittizio, ma, come spiega l’autore, qualcuno di simile, incaricato di raccogliere informazioni preziose «era sicuramente esistito». Di umili origini, astuto e pronto a uccidere senza esitazione, ma anche dotato di indubbie capacità diplomatiche e militari. Fu lui a preparare il matrimonio tra la nobildonna francese Margherita D’Angiò ed Enrico VI. Niente infatti premeva di più al re d’Inghilterra che raggiungere una pace duratura. Le cose presero una piega diversa al punto che la stessa Londra fu invasa da una massa di sudditi inferociti per i soprusi subiti dai rappresentanti del re e tra loro anche gentiluomini armati fino ai denti, «un esercito sbrindellato» sotto la guida di Jack Cade, veterano delle guerre in Francia con «tanta rabbia dentro di sé da poter dare alle fiamme tutta Londra». Era inevitabile che quest’ultimo facesse una brutta fine, perché, malgrado il perdono ottenuto da Margherita, aveva osato sfidare l’autorità costituita. Raramente i sovrani o chi li rappresentava manteneva la parola data, sia a quei tempi che in epoca più recente. I piani orditi per aggirare la grazia erano facili da organizzare per coloro che detenevano le leve del potere.

iggulden cop 2Non avviene frequentemente nel raccontare le vicende storiche di un passato molto lontano che si realizzi un felice connubio fra la verità dei fatti e lo spessore psicologico. Ebbene Conn Iggulden riesce a fare rivivere personaggi conosciuti e quelli dimenticati rendendoli palpabili, solidi, reali e immergendo il lettore in un’epoca ormai remotissima, ma abitata da gente non poi tanto diversa da quella attuale, malgrado perduranti sforzi di migliorare. Pochi infatti sanno e ricordano, perciò come un vortice gli eventi avanzano e si ripetono stracciando valori e verità. Non si contano gli episodi documentati di crudeltà e tortura, i complotti orditi nelle stanze dei palazzi, come all’interno delle chiese. Pagina dopo pagina sembra di udire il clamore delle battaglie, descritto con grande dovizia di particolari e con un verismo scenico impressionante. Colpisce come Margherita, l’ingenua giovinetta sposata a Enrico VI senza neppure conoscerlo, acquistasse rapidamente coscienza del suo ruolo di sovrana e per difendere i diritti della corona e del figlio si sostituisse all’inetto marito con fredda determinazione muovendo le varie pedine di questa scacchiera infernale per sopravvivere e vincere. Ma fece anche molti errori, fra cui ordinare di uccidere i lord avversari ed esporre le teste sulle mura della città di York scatenando un odio irrefrenabile nelle famiglie delle vittime e «un desiderio di vendetta molto personale».

Londra chiuse le porte dinanzi all’esercito della regina, che aveva razziato e massacrato lungo il suo cammino tutto ciò che incontrava. E così si arrivò, senza quasi aspettarselo, alla più sanguinosa battaglia che fosse stata mai combattuta sul suolo inglese, spiega l’autore. A Towton la domenica delle Palme del 1461 sotto la neve. Lancaster contro York. «Uccidere. Ho conosciuto uomini ai quali piace uccidere. A me no, mai», dice un arciere al figlio ferito. Niente di definitivo fu concluso in quella spaventosa battaglia: «i soldati caddero sotto i colpi delle frecce, delle spade, delle clave, dei ronconi e delle scuri. L’acqua del fiume restò rossa per tre giorni a seguire». In seguito, un altro re venne eletto, ma l’aria restò carica di minacce e di terrore.

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