Enrica Rosso
Il nuovo libro di Lidia Ravera

L’altra giovinezza degli “scaduti”

Nonostante la tendenza giovanilistica irriducibile, gli over 60 devono rassegnarsi lasciare scena e spazio ai più giovani. Basta avere la capacità, ci rassicura l’autrice, di continuare a vivere “à bout du soufflé”

Mentre la nostra classe politica si scervella con il famoso “Vaso di Fornero” e quotidianamente reinveste sugli over 60 sottraendo abbracci ai nipotini e affamando i giovani italiani sempre più poveri e incazzati che si rivolgono altrove, Lidia Ravera, arguta, ha già scritto la risposta per uscire definitivamente dalla crisi (ne Gli scaduti, Bompiani, 222 pagine, 17 euro). Pensionati? Esodati? No. Scaduti. Ovvero fuori tempo massimo o più semplicemente fuori dai piedi. Si è vero, siamo troppi. Troppo incistati in labirintici uffici, troppo sclerotizzati nei nostri gironi infernali, troppi. Occupiamo i posti di comando e non molliamo mai. A costo di affamare generazioni di figli che incalzano, frustrati e dunque molesti – a volte scialbi – spesso demotivati. In Italia almeno. (Mi si dice che ad Amsterdam, ad esempio, le strade brulicano di giovani. Più o meno virtuosi, ma giovani). Ma siamo chi? Noi, gli anziani, quelli che a una certa non dovrebbero pretendere che gli si ceda il posto in autobus, ma cedere loro il posto di lavoro. Accomiatandosi gentilmente, evaporare altrove e amabilmente offrire il loro nido caldo, la tana messa a punto a suo di rate ventennali con la serena consapevolezza che: Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto…/ chi ha dato, ha dato, ha dato… s curdámmoce ‘o ppassato, / simmo ‘viecchi paisá!…

cop raveraGià in Né giovani né vecchi (Mondadori, 2000) avevamo dovuto fare i conti con lo scorrere del tempo. Ci si prospettava, con la consueta limpida intelligenza il passaggio di ruolo. Inquietante certo, ma non apocalittico. «Intervenire sulla vita, sugli stereotipi che ne irrigidiscono i passaggi, lavorare sull’età e sulla sua rappresentazione. Cambiare gli aggettivi, rivoluzionare i verbi. Accendere altre luci per rendere spazioso il crepuscolo». Per citar la quarta di copertina. Una sorta di amorevole vademecum per non farsi sopraffare dall’avanzare del tempo. Ecco ora invece Ravera è perfida, lucida, implacabile. «Ambizione e seduzione, i due principali motori della vitalità, a un certo punto del percorso esistenziale, vanno spenti. Piaccia o no», minaccia questa volta la quarta di copertina. Non risparmia nulla al lettore agée, quello che empatizza con gli scaduti del titolo per capirci. Non basta essere prestanti, atletici, giovial-giovanili, euforici, energetici, insomma first quality. Ci manca una fondamentale dote, l’unica che ci salverà: la giovinezza. E più siete in forma e peggio sarà. Duro far finta che sia normale, peggio fingere di non capire. Ma subito aggiunge spavalda che noi no, non noi. Continueremo a bere a larghi sorsi la vita fino a che Dio o chi per lui lo vorrà. Forse un poco acciaccati, con la faccia stropicciata da tutte quelle rughe che ci abbiamo messo una vita a farci venire, ma ben consapevoli che il bello deve ancora arrivare e forse chissà riusciremo a scalfire l’ansia che ci divora e goderci quel che resta del nostro secondo tempo.

Quindi tranquilli godetevi il libro. La Signora autrice non ci lascia con l’amaro in bocca. Crea suspence e monta adrenalina per farci perdere peso – e anche questo a una certa età ha il suo valore – ma di fatto la sua scrittura corroborante riscalda gli animi e caldeggia una maestosa quanto fiera scrollata della bigia criniera per continuare a vivere la vita à bout du soufflé…E tutti vissero riuniti e contenti…sì, ma per quanto?

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