Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

Obama disarmato

Il presidente degli Usa (forse) ha trovato una soluzione per limitare il potere della lobby delle armi. Ma il Congresso repubblicano fa le barricate. Tutto dipenderà dal prossimo inquilino della Casa Bianca

Per Obama, che in termini politici ormai viene definito “a lame duck” (un’anatra zoppa) espressione usata nei confronti di un presidente degli Stati Uniti alla fine del suo ultimo mandato e in generale senza più interesse a implementare niente di nuovo, l’anno si apre invece con una dichiarazione di intenti agguerrita, battagliera, e soprattutto foriera di azione. Infatti, le parole pronunciate dal presidente vanno proprio nella direzione contraria a quella di un’immobilità tipica dell’ultima fase presidenziale e ribadiscono uno dei capisaldi della sua campagna elettorale che, nonostante i suoi sforzi, non è riuscito a realizzare: il controllo delle armi negli Stati Uniti. Accanto a questa anche la chiusura di Guantanamo da lungo tempo dovuta ai suoi elettori e che rappresenta forse l’unico ritardo ingiustificato della sua presidenza.

Dopo aver parlato di “an epidemic of gun violence” negli Stati Uniti il presidente ha definito la necessità di porre rimedio alla situazione come una “top priority” a cui si prepara ad ovviare con un decreto governativo dopo avere tentato innumerevoli volte , (inclusa quella del 2013 seguita al massacro della scuola elementare Sandy Hook dove morirono 20 bambini), senza mai riuscirci e a dispetto delle molte stragi, di far approvare dal Parlamento una legge che regolamenti il diritto a possedere indiscriminatamente armi, come vuole il secondo emendamento della costituzione americana. Il Parlamento infatti ostaggio della lobby delle armi, la in-famous NRA (National Rifle Association) fino a ora si è sempre rifiutato di passare anche solo una legge che regolamenti il possesso e l’uso delle armi. È abbastanza peculiare vedere in alcuni luoghi pubblici esposte sulle porte di entrata, insegne, e ultimamente sono aumentate ovunque nei cinema, nei ristoranti, nei bar, nelle librerie, che sulla porta esibiscono il divieto di portare armi all’interno, con lo stesso simbolo dei divieti automobilistici e una pistola nel mezzo. Questo proprio per la crescente paura di stragi insensate e per la crescente necessità di regolamentare una materia che non può più essere lasciata alla discrezione individuale.

ObamaObama, che a ogni nuovo annuncio di una strage mostra sempre più capelli bianchi, ormai stanco dell’ostruzionismo di un Parlamento a maggioranza repubblicana, ha spiegato che si sarebbe incontrato con il Ministro della Giustizia Loretta Lynch per vedere il da farsi, sicuro di interpretare il volere della maggioranza degli americani i quali condividono con lui che «il secondo emendamento che sancisce il diritto a possedere armi lascia anche spazio alla restrizioni sulla loro proprietà da parte di pochi irresponsabili». Lo staff di Obama che ormai lavora a questo progetto da mesi si occuperà quasi certamente di quel “background check” che dovrebbe permettere controlli sullo stato mentale e su eventuali procedimenti penali in corso nei confronti di chi acquista un’arma da fuoco. Saranno anche verificate possibili restrizioni sul tipo di armi in vendita, ad esempio armi pesanti, automatiche e semiautomatiche spesso usate solo in zone di guerra e che adesso si vendono sia in negozi specializzati che in alcuni supermercati.  Durante la settimana prossima Obama dovrebbe annunciare il contenuto dell’executive order revocabile tuttavia dal nuovo presidente se non è d’accordo.

Proprio mentre in Texas viene sancita l’open carry, la possibilità di tenere in bella mostra la pistola anche in luoghi pubblici. Questo ha fatto radunare centinaia di persone, nella maggior parte coloro che già possiedono armi e che con orgoglio alla manifestazione le mostravano nella fondina, per celebrare questo evento davanti al Parlamento dello Stato, ad Austin e in alcune altre città dello stato: Houston e Dallas. The Lone Star, così viene chiamato lo stato del Texas tuttavia non è affatto solo in quanto ci sono altri 40 stati che permettono la stessa cosa e con questo provvedimento spera di ritornare ai fasti del Far West, nonostante quell’epopea sanguinosa sia passata da tempo dopo essersi lasciata molti morti alle spalle.

Il presidente si è schierato contro la lobby delle armi con parole decise, affermando che «il cambiamento come sempre riguarderà tutti. La lobby delle armi parla a voce alta ed è ben organizzata nella sua difesa incondizionata della disponibilità delle armi per tutti. Per il resto di noi si tratta di far sentire altrettanto alta la nostra voce e di essere altrettanto ben organizzati per la nostra difesa  e per quella dei nostri ragazzi». Parla di gente che gli scrive lettere perché’ faccia qualcosa per fermare questo massacro. «Sappiamo che non possiamo fermare ogni atto di violenza- afferma un presidente determinato e combattivo- ma che ne dite se proviamo anche a fermarne anche uno solo?».

Il comportamento di Obama mostra – a dispetto dell’opinione del 52% degli americani che vede come unico trionfo del presidente la ripresa dell’economia (che certo non è poco) – un uomo che non ha abbandonato né i principi etici né quelli politici per cui era stato eletto e che hanno animato la sua presidenza. E che rappresenteranno la sua legacy. Tra di essi, per elencarne alcuni, il non volere fare la guerra, il tentativo di ridurre la presenza delle truppe americane all’estero, e la prossima settimana il controllo del possesso di armi da fuoco. Oltre alle riforme epocali realizzate in politica interna tra cui la riforma sanitaria, mentre in politica estera la ripresa dei rapporti diplomatici con Cuba dopo 50 anni e quelli con l’Iran. Successi ottenuti con grande fatica, ma che mostrano tutt’altro che un “perdente” come la maggior parte della stampa vorrebbe far apparire. E seppure in politica l’importante è vincere, nel caso di Obama che considero un “vincente” proprio per la fedeltà a certi principi,  mi viene da pensare alle parole di Castaneda: «l’importante non è vincere, ma essere impeccabili». E Obama mi sembra davvero impeccabile.

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