Pier Mario Fasanotti
Riflessioni sull’editoria italiana

Lo stato dei libri nudo e crudo

I numeri del rapporto dell’Aie 2015 fanno intravedere un’inversione di tendenza che accende qualche speranza. Non che aumentino i lettori, ma diminuiscono i segni “meno” mentre crescono gli ebook, i piccoli editori e l’interesse all’estero per i nostri titoli

Quando si parla degli italiani come lettori c’è da mettersi –ancora – le mani nei capelli. Ma si verifica un altro fatto. Abituati come siamo a cifre modestissime (quasi il 60 per cento non tocca un volume nell’arco di un anno), la minima variazione positiva (a volte infinitesimale, ossia il cosiddetto 0 virgola eccetera) è un’impropria ondata se non di ottimismo certo di speranza. Un po’ come il Pil, nel settore economico. Osservando i dati ultimi forniti dall’Aie (Associazione Italiana Editori), sono spinto a fare una considerazione del tutto personale. Questa: per leggere bisogna amare il racconto. Anche orale. Due miei colleghi sono saliti recentemente sul Frecciarossa Milano-Roma ed è venuta loro una curiosità. A turno hanno percorso l’intero convoglio, alquanto affollato. Risultato: stragrande maggioranza dei viaggiatori incollati allo smartphone, una decina a sfogliare un quotidiano o una rivista, il resto impegnata a sonnecchiare o a chiacchierare col vicino. Libri? Cinque o sei soltanto.

Cambiamo scenario. Una settimana fa ho cenato con una mia amica in un ristorante romano, di medio livello. Dopo la lettura del menu, la mia attenzione è stata catturata da un tavolo attorno al quale c’erano quattro donne sui trent’anni. Ebbene: ognuna di esse compulsava la tastiera del cellulare (di ultima generazione, ovviamente: ma quello ormai ce l’hanno tutte). Mi sono chiesto: ma per quale ragione sono andate al ristorante? Di solito si va – anzi si andava – per motivi conviviali, il che significa per parlare, per imbastire, appunto, un racconto. No racconto, no lettura? Credo sia così, e lo annoto con tristezza perché a leggere libri sono in stragrande maggioranza donne: lo dimostra, tra l’altro, la vendita di libri “al femminile”, impregnati di tradimenti di coppia, corna, traumi familiari, di sentimenti bagnati di lagnanze e lacrime.

Terzo scenario. Avete mai osservato i folti gruppi di adolescenti davanti ai pub o a discoteche o sulle panchine (clima permettendo)? Anche loro picchiettano la tastiera del cellulare. E se nelle more, rare, parlano, vince lo scambio di battute. Come sms. Nessuna forma di racconto, anche sotto forma di barzelletta (uno dei miei figli m’ha confidato che non sono più di moda, soprattutto quelle di media lunghezza).

Vogliamo quindi scandalizzarci oppure facciamo finta? È da quando esercito il mestiere di giornalista che sento la solita cantilena: l’Italia che legge è poco al di sopra della Grecia. In ogni caso riferisco, pedissequamente, i dati dell’Aie rilevati indagando su 1200 case editrici. Interessanti perché riferiti agli scambi con l’estero. Quasi un titolo su dieci pubblicato oggi in Italia ha un mercato straniero. Non è da fare salti di gioia, ma accontentiamoci. Triplica rispetto al 2001 il peso dei titoli venduti all’estero rispetto alle novità pubblicate: erano il 3,2% 15 anni fa, sono oggi il 9,5%. In termini assoluti oggi gli editori italiani (che avranno pochi lettori, ma curiosi!) acquistano 10.672 titoli, ne vendono la metà: 5.844. Cosa vendiamo? Sempre più narrativa e libri per bambini e ragazzi; meno saggistica e illustrati. Cambia l’interesse del resto del mondo per la nostra editoria: cresce di molto l’attenzione per la narrativa e gli scrittori italiani. Era ora, verrebbe da commentare. I titoli di narrativa ceduti nel 2007 coprivano una quota del 17,7%, oggi raggiungono il 36,2%, e per i bambini e ragazzi si passa da una quota del 28,8% nel 2007 a quella odierna del 35,6%. Diminuiscono la saggistica (-1,4%, passando da una quota del 27,9% del 2007 al 16,4% del 20015) e gli illustrati (-33%: copriva una quota del 17,7% nel 2007, oggi si attesta sul 7,1%). La prima come effetto indiretto del ruolo dell’università italiana, la seconda dovuta a un prodotto come l’illustrato che sconta nel mercato odierno gli elevati costi di realizzazione.

Dove vendiamo? In Europa per circa la metà. Il 51,3% dei titoli venduti interessano l’Europa, il 19,7% il Centro e il sud America, “solo” il 6,5% il Nord America (anche se il dato è in crescita rispetto al 2007), il 14,3% l’Asia e il 5,2% l’Area del Pacifico. E cosa acquistiamo? Sempre più narrativa e libri per bambini e ragazzi, sempre meno saggistica e illustrati. I titoli acquistati dall’estero sono sempre più quelli di narrativa (+50,1% rispetto al 2007), bambini e ragazzi (+38,4%) ma meno saggistica (-16%) e illustrati (-3,2%).

Dove compriamo? In Europa per più della metà. Gli acquisti interessano il nostro continente nel 54,5% dei casi, seguiti dal 28,5% (in calo rispetto al 2007) di quelli dal Nord America e dal 13% dall’Asia. E i piccoli? Cresce il loro peso all’estero.Pur rappresentando una quota ancora piccola nella vendita dei diritti all’estero, il 10,5%, sono cresciuti rispetto allo scorso anno del 9,2%, in linea con gli editori maggiori. Che tipo di letture? Per lo più saggistica e illustrati. Le vendite di diritti all’estero hanno interessato per il 37,2% la saggistica, per il 30,9% gli illustrati, per il 14% la narrativa e per il 6% i libri di bambini e ragazzi.

Cosa acquistano? Per quasi la metà (49%) manualistica, libri di self help, tempo libero e “lifestyle”.Per il 24,7% – 1 titolo su 4 -, titoli di narrativa, per il 15,5% saggistica e per il 9,1% libri per bambini e ragazzi. «In un’epoca di forti cambiamenti per l’editoria, – ha ricordato il presidente dell’Agenzia Ice, Riccardo Maria Monti – i mercati esteri rappresentano un traino importante per il settore, come dimostrano i dati emersi dalla ricerca che, nell’arco di oltre 14 anni, hanno visto triplicare le vendite all’estero dei diritti. Ed è proprio da 14 anni, da quando è nata questa manifestazione, che l’Agenzia Ice e l’Aie lavorano assieme per promuovere la piccola editoria italiana. I dati relativi a quest’ultima – ha proseguito Monti – pur rappresentando una quota modesta verso l’estero, hanno incrementato le proprie esportazioni, rispetto allo scorso anno del 9,2% in linea con i maggiori editori».

Qual è lo stato della nostra editoria, alla fine? Pare che a cavallo tra il 2014 e il 2015 ci sia stato un certo movimento. Ma, per favore, non esultiamo per una pur auspicabile forte inversione di tendenza.Comunque la parola chiave è il cambiamento di regole, (basti pensare all’Iva degli ebook), di processi produttivi e distributivi, di prodotti e di modi per informarsi su cosa leggere e dove comprare. La filiera editoriale si trasforma, nonostante la crisi, nonostante l’impatto del digitale che cambia regole e processi consolidati da decenni, nonostante gli scenari macroeconomici (la minor disponibilità di spesa delle famiglie), nonostante lo scenario internazionale con cui gli editori italiani si stanno confrontando. Si rinnova e si internazionalizza. Accoglie le opportunità che il digitale le offre: nei processi e nei prodotti. Percorre da sola e senza quei supporti istituzionali che altri paesi riconoscono a librerie, lettura, biblioteche di pubblica lettura e scolastiche, ecc. nuove strade per la promozione della lettura e per allargare il mercato. In ogni caso il dal rapporto dell’Aie emerge quanto segue: i segni meno si attenuano nel 2014, e ancor di più nel primo semestre di quest’anno. Ma tali restano, anche se qualcuno comunque ipotizza un avvicinamento a una «decrescita» zero a fine 2015.Si intravvede nel 2014 qualche segno più ma non tale da segnare ancora una netta inversione di tendenza: cresce il segmento dell’editoria per ragazzi (sia per i titoli prodotti, +5,9%, che per la quota di mercato, +5,7%), cresce il mercato digitale e l’ebook in particolare (+26,7% i titoli ebook prodotti), cresce l’export.Interessante un dato tra i dati: «Crescono gli editori piccolissimi. Sono 1.190 le case editrici che hanno pubblicato più di 10 libri nel 2014 (+0,3%). Troppe per un paese con indici di lettura così bassi? Forse». Sono 61 mila i nuovi titoli su carta nel 2014, cui si aggiungono 52 mila ebooks: diminuiscono i primi, aumentano (tanto) quelli digitali.

Facebooktwitterlinkedin