Paolo Petroni
Al Teatro India di Roma

La commedia umana

Con "Animali da bar" torna il gruppo teatrale Carrozzeria Orfeo. Una commedia graffiante e dura che oscilla tra comicità e dramma raccontando un mondo dove nessuno indossa la maschera giusta

La compagnia Carrozzeria Orfeo è tornata al Teatro India, grazie al Festival RomaEuropa, a un anno dal successo di Tanks for Vaseline (che diventerà un film) e, dopo aver assistito al nuovo lavoro Animali da bar prodotto dal Teatro di Toscana su drammaturgia di Gabriele Di Luca, che firma la regia con Alessandro Tedeschi e Massimiliano Setti, bisogna subito riconoscere che da tempo non si vedeva uno spettacolo di tanta coinvolgente vitalità, ritmo, intensità e umanità, dramma disperato con scrittura comica da commedia noir con venature grottesche pop, basata su un dialogo dalla scrittura serrata e su una recitazione che inizia come un balletto che diviene sempre più frenetico, senza cedimenti grazie a un gruppo di attori di ottimo livello.

I cinque personaggi si trascinano verso il fondo uno coll’altro in una sorta di sfida alla vita inevitabilmente perdente, ma proprio in tanto impotente sbandamento e autodistruzione è invece il seme di un vitalismo legato anche al sogno bisogno di amore e felicità, di un umanissimo anelito all’assoluto che hanno dentro di sé, a contrasto con l’essere prigionieri della propria fisicità, col sesso a far da argomento principale, e la malattia. Da una parte malattia e morte, col proprietario del bar che nell’appartamento al piano di sopra sta morendo di cancro ai testicoli e incombe da un interfono con la sua disperazione e le sue riflessioni (la voce cinica e arresa è quella di Alessandro Haber) vessando principalmente la cameriera ucraina Mirka, sentimentale al fondo, che canticchia sempre sigle dei cartoon di Disney, dalla Sirenetta al Re Leone, ma aggressiva e sgarbata per difesa (con la verità che le dà un’ottima Beatrice Schiros), che offre sollievi vari al padrone. Dall’altra, una sorta di spinta creativa con la stessa Mirka che è incinta, perché affitta l’utero; con uno scrittore fallito, Swarovski, che lavora a un romanzo; con l’uomo d’affari Milo che fa grandi progetti per la sua azienda di pompe funebri per animali domestici. A mettere in rilievo questo contrasto, euforia e spinta autodistruttiva, ecco il bipolarismo di Sciacallo, ladro d’appartamenti che alterna tentativi di suicidio a momenti eccessivi di voglia di cambiare e essere diverso, capace di trascinare un poveruomo, padre del figlio di Mirka, vittima della moglie e buddista imbelle e vegetariano, per trasformarlo, per tirargli fuori l’altra parte di sé.

Carrozzeria Orfeo1Tutti al fondo potrebbero essere diversi da quel che appaiono, dalla maschera che indossano e recitano per disperazione con un disagio, una sofferenza che fa scattare loro dentro una piccola molla, un sentimento che, per quanto massacrato e nascosto, riesce sempre a far capolino e dà a questo ritratto di sbandati e falliti una nota precisa di umanità dolorosa, una ipotesi di salvezza sempre all’interno del proprio modo di essere, che è un rifugio come lo è il bar, in cui lasciar fuori il mondo “spaventoso’’, dove non c’è più umanità, riparo in cui confrontarsi, provocarsi e scoprirsi con propri simili. Vite al limite, borderline, assurde e sempre un po’ sopra le righe, capaci di uscite sorprendenti con un linguaggio violento, teatralmente vero, e un abile uso dei tempi, tanto da risultare spesso comiche, come possono esserlo gli sforzi di un universo di individui alla impossibile ricerca di un dare un senso all’esistenza, la propria ma che è quella di tutti, di una società prigioniera di un disagio che non sa più come vincere e vorrebbe poter credere ancora in qualcosa. Perché questo diventi evidente, perché tanto eccesso risulti credibile, perché una scrittura teatrale molto abile suoni vera c’è bisogno, oltre che di una buona regia, di un grande affiatamento di un gruppo di attori di sicura qualità come sono, con la Schiros, lo stesso Di Luca, Massimiliano Setti, Pier Luigi Pasino e Paolo Li Volsi, che si muovono nello spazio circolare creato da Maria Spazzi attorno a un bancone messo al centro. Perché c’è anche una circolarità come idea di fondo, che si rivela nella sorpresa finale, nella scoperta, per sopravvivere, di dar fiducia ai propri fantasmi.

Lo spettacolo sarà il 20 novembre a Livorno, il 21 e 22 a Regello (Fi) e poi, tra l’altro, alla Pergola di Firenze dall’11 dicembre, all’Elfo di Milano dall’ 11 gennaio, per finire a Lugano  il 29 febbraio.

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