Luca Fortis
Un angolo magico e sconosciuto dell'Iran

Il sale di Qeshm

Qeshm è un'isola del Golfo Persico dal lato iraniano. È un paradiso dove natura e antiche tradizioni popolari convivono. Doveva diventare un'immensa salina industriale, invece l'Unesco l'ha trasformata in un parco

L’acqua all’imbrunire ha assunto un colore blu petrolio, mentre il sole, diventato una palla di fuoco non dissimile dagli impianti di estrazione del gas, lambisce con i suoi ultimi raggi le alte montagne di roccia rossa ricoperte di sale bianco. Pochi minuti prima, l’acqua aveva ancora un colore turchese, che a tratti diventava quasi latte, per la presenza della sabbia del deserto. Tutto attorno, solamente silenzio, interrotto qua e là dal canto di qualche uccello. La costa di questo lato dell’isola di Qeshm, nel Golfo Persico iraniano, è lunare e sembra rimasta immutata per secoli. Gli stessi panorami dovevano apparire ai protagonisti delle mille e una notte. Pochi chilometri più in un giù un enorme antro tra le rocce rosse, ricoperte da quella che potrebbe sembrare neve, apre le porte di un misterioso mondo sotterraneo. Un grotta di sale lunga più di un chilometro. Sembra di entrare in un ghiacciaio, ma fuori ci sono più di trenta gradi.

Il governo iraniano per un certo periodo aveva autorizzato una miniera di sale che piano piano divorava quel miracolo della natura, per fortuna da quando nel 2006 è stato creato il geopark dell’Unesco, la maggior parte delle bellezze dell’isola sono state salvate. Il parco, il primo di questo genere in Medio Oriente, protegge una vasta zona desertica, piena di montagne e canyon dai colori e dalle forme incredibili, che sfociano da un lato su una fittissima foresta di mangrovie, mentre dall’altro le montagne lambiscono direttamente il mare. I colori delle formazioni desertiche sfiorano tutte le sfumature possibili di giallo, rosso e grigio. Per secoli l’erosione del vento e delle rare piogge ha plasmato queste terre creando formazioni rocciose che nemmeno il più esperto artista avrebbe potuto immaginare.

Qeshm7Nel giro di una settantina di chilometri le acque azzurre, i cantieri dove gli operai costruiscono ancora a mano i magnifici dowh, le imbarcazioni tradizionali che per secoli hanno solcato i mari dell’oceano indiano, si alternano a meravigliose architetture antiche. Nell’aria risuonano le martellate con cui gli operai scolpiscono queste magnifiche barche che posso rivaleggiare senza timore con i più belli yacht della cantieristica italiana. Pochi chilometri più a sud trionfa Laft, l’antica New York, del Golfo Persico. Dovunque si guardi all’orizzonte spuntano le magnifiche torri del vento, ognuna con una decorazione diversa, che garantiscono ancora oggi un perfetto sistema di condizionamento delle case. Miracoli della tecnologia antica che battono per poesia e funzionamento la moderna aria condizionata. In ogni angolo le meravigliose bouganvillea si arrampicano sulle torri e sui minareti, pochi metri più in là trionfa un antico castello portoghese. In queste terre che lambivano la via marittima per l’India sono passati nei secoli avventurieri e commercianti di ogni sorta.

Qeshm6Le donne portano ancora, oltre al velo, una misteriosa maschera, che alcuni sostengono avere origini portoghesi. Camminano per le strade dell’isola con fare fiero e emancipato.  Sono donne che lavorano molto, abituate da sempre a sposarsi giovani e mandare avanti famiglie numerose. Le isole da sempre hanno un fascino speciale e anche Qeshm non smentisce questa legge. Da quando il governo iraniano ha per fortuna scelto di salvarla e ha inaugurato il Geopark in collaborazione con l’Unesco, l’isola sembra essere scampata a folli progetti di sfruttamento che l’avrebbero distrutta in breve tempo. Rimangono alcuni rischi per le zone fuori dal parco, che copre comunque più di metà dell’isola. Per esempio Qeshm City sembra avere uno sviluppo che guarda più a Dubai che all’antica tradizione locale. Le torri del vento di Laft qui diventano grattacieli di dubbio gusto. La creazione di una “free trade zone”, ha portato al proliferare di centri commerciali all’americana. Se è vero che queste isole sono state da sempre al centro del commercio e della via della seta, bisognerebbe però stare molto attenti al non cadere nel kicth o nella copia del modello di sviluppo dei paesi arabi del Golfo. Anche l’idea di collegare l’isola alla terra ferma comporterà probabilmente l’arrivo del turismo di massa, con relative bottiglie di plastica e consumo del territorio.

Bisogna però dare atto al governo iraniano di avere, almeno per ora, salvato la natura e l’architettura della maggior parte dell’isola. Molto interessanti sono i programmi del Geopark per sensibilizzare gli abitanti di Qeshm alla conservazione della fauna e della flora e al turismo responsabile. I turisti oggi possono dormire e mangiare a casa delle famiglie locali, vivendo così una esperienza indimenticabile.

Qeshm3Uno dei progetti del parco riguarda la salvaguardia delle tartarughe e la protezione dei loro nidi.

Le acacie spuntano qua e là quasi per miracolo tra le sabbie aride. Non si comprende dove trovino l’acqua, ma la natura sa fare i suoi miracoli. Le tartarughe per millenni hanno depositato le loro uova sulle spiagge locali, un gesto di una fragilità incredibile, basta distruggere le uova camminando sulla spiaggia per mettere a rischio la sopravvivenza della specie. Eppure per millenni questo semplice gesto si è ripetuto e le tartarughe sono arrivate fino a noi.

Le acque dell’isola pullulano anche di delfini che si muovono in grossi branchi. Gli uccelli migratori sono invece i sovrani del cielo.

Immersi in questa natura spettacolare in cui l’uomo per secoli ha saputo vivere trovando una forma di equilibrio con il creato e le sue forme di vita, è difficile non interrogarsi sulla forma di sviluppo moderna che consuma il territorio invece che sfruttare con saggezza le sue risorse. I grattacieli, le bottiglie di plastiche, le fogne che finiscono direttamente in mare, sono dinamiche che ritroviamo uguali in quasi tutti i paesi del mondo, le eccezioni sono davvero poche.

Qeshm5Il cielo diventa nero all’imbrunire, il fuoco di un impianto per la produzione di gas proietta le sue fiamme verso l’alto e illumina tratti di deserto con una luce calda che si muove a seconda degli spostamenti delle fiamme.

Nell’antica casa tradizionale di colpo vibra un ritmo elettronico, il passaggio dal cd di musica tradizionale locale, che ricorda molto quella africana alla musica elettronica, è delicato, difficile capire quando sia finita l’una e iniziata l’altra. Il giovane proprietario della dimora ha una cultura raffinata e conosce tutto della sua isola, come dell’occidente. Una forma di modernità profonda ben diversa da quella volgare e distruttiva dei grattacieli e gli shopping mall, uguali in tutto il mondo. Il suo stile di vita dimostra che un altro sviluppo è possibile. Vivere ascoltando la miglior musica  elettronica, tra le tartarughe, le torri del vento, i delfini e le mangrovie, è di grande eleganza e contemporaneità.

Un ragazzo per strada una volta disse: «Un uccellino fu accompagnato nel giardino del paradiso, ma una volta lì continuava a piangere e supplicare di essere riportato a casa. Fu accontentato e una volta tornati sulla terra, sorpresi per l’aridità di quel luogo, gli chiesero perché volesse tornare in quell’inferno. Lui semplicemente rispose: perché è il mio adorato inferno».

Le foto sono di Luca Fortis

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