Pier Mario Fasanotti
Un giallo per l'estate/2

Cormery e il medico

«Nessuno, in Questura, sapeva della relazione tra il poliziotto e il medico legale, anche se qualche sorrisetto Cormery l’aveva notato». La seconda puntata de "I soldatini di Napoleone”

Riassunto della prima puntata. Il commissario Cormery e il suo vice Gasbarro si trovano dinanzi a un uomo morto a causa di due proiettili conficcati all’altezza del cuore. È per terra. Accanto c’è la sua auto, con due portiere aperte. Cormery interroga chi ha trovato il cadavere. La zona è frequentata da prostitute. Nell’auto della vittima ci sono due cose che incuriosiscono i poliziotti: due mazzi di chiavi e un peluche a forma di rana

* * * 

Poi si rivolse all’ispettore Gasbarro dicendo che bisognava fare subito due cose. La prima: piazzare un agente in borghese, che non desse nell’occhio. Almeno per qualche giorno. Pensava ad Andrea Perrino, al quale piaceva fare il Serpico italiano.

– Vestito da barbone? – domandò l’ispettore.

– In smoking non direi. Chiamalo, lui ci sa fare. Vede tutto, parla con tutti senza farli insospettire. È un camaleonte.

– Giusto. E la seconda cosa?

– Eh, bisogna avvertire la vedova. Che dici, ci mandiamo “Condoglianze”?

“Condoglianze” era il nomignolo che avevano affibbiato all’ispettore Bruno Fitto, dotato di garbo funereo. Cormery sospettava che amasse quel tipo di incarico. Tanto è vero che non rifiutava mai. C’era in lui un accenno di entusiasmo.

– Lo avverto subito.

– Lasciamo passare un’ora o due e poi vado io a interrogarla. Intanto dammi i due mazzi di chiavi…anzi, dammi anche la borsa che hai trovato nel bagagliaio.

Era il solito metodo di Cormery: qualcuno doveva prima raccogliere lacrime e urla, e magari rimediare a svenimenti improvvisi o in agguato, poi interveniva lui, quando la persona da interrogare era triste ma più lucida.

Gasbarro chiese che cosa dovesse fare a proposito della rana.

E Cormery: – Secondo me potrebbe è un premio di un qualche Luna Park. Hai notato anche tu il bersaglio di carta, no? Vedi un po’ se nella zona ce n’è uno. Curiosa dappertutto e trova quale baracchino ci sono rane fatte così. Non so se di Luna Park ce ne siano tanti nella zona… insomma, arrangiati.

Intanto un’auto grigia metallizzata si accostò alla zona del delitto. Scese una donna con le gambe ben tornite, tacchi di media altezza, foulard rosso. Disinvolta, un po’ snob. Era la dottoressa Patrizia Belli, medico legale. Quel giorno aveva lo chignon, che tanto piaceva al commissario. Si avvicinò a Cormery, ignorando il cadavere, e sussurrò: – Pierre, non dovevi chiamarmi ieri sera?

La dottoressa Belli, e solo lei, lo chiamava “Pierre”. A lei, che conosceva perfettamente la lingua di Parigi, piaceva che fosse di antica origine francese, discendente di un capitano dell’esercito che aveva combattuto vicino al Gianicolo nei cinque mesi del 1849 della cosiddetta Repubblica Romana. Jules Cormery, così si chiamava l’antenato del poliziotto, rimase a Roma e sposò un’insegnante. E a Roma, oltre un secolo dopo, nacque Piero Cormery. Da bambino lo chiamavano talvolta Pierre.

– Lo so, scusami, ma ho avuto da fare fino a tardi. Comunque potevi chiamare tu, n’est pas?

– Eri impegnato, dunque… un’assassina bionda o bruna?

– Dai, la gelosia mi irrita.

– Allora dev’essere stata rossa – fece lei, ridacchiando.

Nessuno, in Questura, sapeva della relazione tra il poliziotto e il medico legale, anche se qualche sorrisetto Cormery l’aveva notato, e non una volta sola.

Il commissario si girò dall’altra parte per evitare il rischio che sulla sua faccia fosse un po’ troppo evidente l’imbarazzo. Rossana, conosciuta due giorni prima, era effettivamente rossa di capelli. Una delle sue non poche parentesi tra le lenzuola. Ma quella che diceva di amare era Patrizia. Per svariate ragioni, nessuno dei due arrivava alla decisione di vivere insieme.

– Patrizia, poi mi telefoni? Ora devo scappare.

– Per parlarti di quel morto, ovviamente.

– Anche. Dai non fare la scema. Stasera potrei venire a casa tua. Prima ceniamo al ristorante…

– Ti chiamo, poi decideremo. Prima devo pensare al colore della parrucca che userò – rispose stizzosamente allegra, avviandosi con una lentezza un po’ studiata verso il povero diavolo che aveva visto il suo ultimo cielo al Parco Azzurro.

– ‘Giorno ispettore…anche questo è un posto dove si può morire …ora controllo da quanto tempo, più o meno, s’è fermato il suo cuore – disse la Belli a Gasbarro.

Cormery si diresse verso l’edicola che aveva adocchiato a un centinaio di metri. Comprò i suoi due soliti quotidiani, sbirciò la fila delle riviste, ne sfogliò qualcuna di carattere storico e come al solito si rammaricò d’essere in arretrato con le sue letture serali. Rossana e le altre gli facevano saltare capitoli interi. Con Patrizia leggeva a letto. Ma solo con lei, l’unica con cui gestire più vaste intimità mentali. La rossa della notte precedente era stata una parentesi occasionale, lo aveva intuito dal momento in cui aveva letto banali bagliori nei suoi occhi.

Tornò alla sua auto e lentamente si diresse verso l’abitazione della vittima del parco. Probabilmente “Condoglianze” aveva iniziato a compiere la sua missione umanitaria. O funeraria che fosse. Ci voleva ancora tempo prima di intervenire nelle vesti antipatiche dello sbirro. Approfittò ed entrò in un mini-market, per fare un po’ di spesa.

La signora Letizia Marchisio aveva un viso bruttino e un corpo molto piacente. Era formosa senza essere grassa. Trent’anni? Forse. Aveva gli occhi arrossati. “Condoglianze”, ossia l’ispettore Fitto, era seduto su una poltrona. Tutto lasciava presupporre che avesse esaurito il suo incarico. Con un cenno del capo domandò a Cormery se doveva andarsene.

– No, rimani. Anzi, aiutami con tuo taccuino e la tua memoria-

La neo-vedova, con la gonna il cui orlo stava a poco meno di una decina di centimetri dalle ginocchia, teneva le braccia incrociate, come se volesse contenere le proprie emozioni. Era seduta su un divanetto a due posti, a fiori bianco e ruggine. Cormery dette uno sguardo intorno: casa pulita, fin troppo ordine. Uno di quei piccoli soggiorni pronti a ricevere i cosiddetti ospiti di riguardo. Molte le tracce di cattivo gusto.

– Avete figli, signora?

– No. Purtroppo sono io a non potere… lei capisce… alla fine ci siamo arresi – rispose con lo sguardo fisso sulle scarpe.

2. Continua

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