Vincenzo Nuzzo
Siamo greci, tedeschi o europei?

Vedi alla voce Grexit

Un popolo affamato in nome delle regole della finanza: ecco che cosa sta succedendo nel cuore del Mediterraneo. E per definire tutto questo, è stato coniato anche un orrendo neologismo: Grexit

Sembra quasi uno dei quei verbi astrusi sui quali ci affaticavamo un tempo  nelle sudatissime versioni di latino. Ma magari lo fosse. È invece uno dei più abortivi, perversi, orripilanti e devastasti anglismi che sia mai stato dato finora di udire. Tanto più perché imprestato chiaramente dalla Finanza alla Politica. Che è poi il nostro guaio. Ciò da una decina d’anni a questa parte. Ossia da quando ormai, mentre il cannone non taceva affatto, taceva però invece il Parlamento. Che è poi la voce del Demos (o almeno dovrebbe esserlo). Eccome se taceva e tace! Mentre intanto straparlano solo le agenzie di rating. Il sacerrimo Mercato Globale è così. I suoi sacerdoti sono i soli a poter parlare. Gli altri devono invece solo tacere. Allora meno male che almeno i greci finalmente hanno parlato. Senza cannone, ma tuonato hanno tuonato! Lo hanno fatto per i più svariati, urgentissimi ed anche drammatici motivi. Alcuni dei quali possono essere anche discutibili dal punto di vista del progetto politico che ha ispirato tale pronunciamiento.

Ma ci piace pensare che comunque lo abbiano fatto anche per coprire il brusio di questo insopportabile autentico obbrobrio verbale, che così tanto ci affligge: «Grexit». Le nostre orecchie erano mai state offese in modo così intollerabile? E sì che l’anglismo intanto di malefatte ne ha perpetrate tante. Solo un esempio ‒ la piega amministrativo-produttiva che ha preso addirittura il gergo accademico. Dove i docenti si chiamano tutors, come i tutorials. Che non si capisce bene se siano veri materiali di apprendimento o invece solo vili programmi di computer per portare avanti le aziende. Ed altre cose del genere…. Prodotti chiarissimi, questi, dell’imbastardimento in ambiente yankee del già abbastanza insopportabile gergo accademico impastato di latino dei così superbi colleges inglesi. Ebbene, tutto questo già da tempo ci incuteva un terrore indicibile. A noi italiani, che, pur avendo ormai uno dei sistemi scolastici più disastrati del mondo, ancora comunque vinciamo 5 a 1, in ampiezza di cultura, contro qualunque universitario estero. Ma poi è arrivato l’anglismo finanziario. E per di più quello di una Finanza ormai trionfante su tutto e su tutti. Il suo un gergo fatto di neo-logismi ai limite dell’imperscrutabile acronimo, ed ottenuti per atrocissime crasi assassine. Peggio ancora di quelli in uso da tempo presso la stampa. Cioè quelle formule mediante le quale si dice tutto e niente, ovvero si trasmette in Morse in modo puramente subliminare (“la rabbia”, “ed è caos…”, “blitz”, etc).

Insomma sembra proprio che entrambe le forze siano al lavoro da tempo per ammazzare a bastonate e a pestoni tutto ciò che abbia ancora il sentore e l’aroma della grazia di un’autentica lingua. Irriducibile nella sua inesauribilità, rassicurantemente infinita nella sua ricchezza di possibilità e sfumature.  .

Ma ora siamo andati ancora più avanti. E così è nato Grexit. Un autentico mostro. Un Gremlin. Un aborto. E così ora esso ci fa più paura ed orrore di tutti gli aborti verbali finora escogitati dalla società dei consumi.

tsipras varoufakisIn ogni caso questa così sana e salutare reazione greca ad un obbrobrio verbale si inquadra comunque in uno scenario dal quale, pur fatte tutte le prudenti distinzioni e precisazioni, non è affatto lontano il tristo e sinistro scenario dell’oppressione dei popoli. Di Tsipras, dell’ex ministro-divo Varoufakis e del loro progetto si può dire e pensare tutto ciò che si ritiene opportuno e necessario, in relazione ai fatti obiettivi. Fatto sta, però, che in concreto davvero il popolo greco è stato reso oggetto di un vero e proprio esperimento politico-finanziario dal risultato del tutto aperto. In termini medici un vero e proprio esperimento in vivo, cioè una sorta di intervento chirurgico a carne viva e senza anestetico. Peraltro solo adesso iniziano ad emergere voci che accusano l’intero progetto di non aver saputo prevedere i possibili effetti disastrosi che nei fatti ci sono stati. Dall’altro lato c’è poi quell’intransigenza degli Schaüble  e delle Merkel che urta la sensibilità sud-europea non molto meno dello stesso atroce ed immondo neo-logismo. Anzi, per la verità, Grexit sembra davvero figlio legittimo di quella così tipica (calvinista) cecità ostinata da schiacciasassi che i teutoni mettono in campo quando sono certi di avere ragione.

Lo ripeto, prendiamo pure qui Tsipras anche solo appena come un pretesto per poter sentire ed esprimere il così devastante disagio che proviamo (e sopportiamo) davanti all’intero scenario della crisi finanziaria europea e mondiale. E che ha trovato il suo culmine nell’assolutamente fattiva tragedia greca. Prendiamo pure questa precauzione. Ma poi come fare per non lasciarsi andare ad un sollievo che sconfina nel vero e proprio entusiasmo?

Sono ancora fresco delle impressioni provate al Dipartimento di Filosofia di Lisbona, dove un gruppo di noi guardava alla TV il discorso di Tsipras a piazza Sintagma in Athenas. Basta da solo il luogo a far venire i brividi ai filosofi. L’Agorà di Socrate e l’Areopago di Paolo sono così vicini! Ma soprattutto gli esaltanti e bellissimi imperativi greci di Tsipras al culmine del suo discorso. Quando la folla andava letteralmente in delirio e le bandiere bianco-azzurre sventolavano (è il nostro cielo, è il nostro mare, è la nostra millenaria storia e cultura!). Ma gli imperativi greci di Tsipras facevano un effetto ancora maggiore sui miei amici e colleghi filosofi. Esattamente lo stesso effetto che facevano sui napoletani le finte di Maradona (strano, anche lì il bianco-azzurro!) ‒ «…ma ‘na finta ‘è Maradona squaglie  ‘o sanghe dint’e ‘vvene!». Inevitabilmente proprio in essi si concentrava tutto il moto di ribellione verso il Grexit  e tutto il complessivo obbrobrio ed orrore che esso fetidamente incarna.

Non si sa cosa potrà accadere ora, ma c’è finalmente almeno un segno di risposta. È vero anche che pure sull’atteggiamento tedesco bisogna essere pronti a fare distinzioni e precisazioni. Eppure sono così sgradevolmente emblematici il muso duro verbale della impassibile Merkel ‒ come sempre in un improbabile e cafone rosso o arancione (ma non se la starà magari facendo addosso?) ‒ e l’infinitamente gelido sguardo assassino di Schaüble su Varoufakis. Da quando conosco i tedeschi (e li conosco bene!), non capirò mai come riescano a non vergognarsi di atteggiamenti come questi. Eppure ne conoscono così bene il significato. La loro lingua ha per queste cose espressioni impareggiabili ‒ «Strurheit» e «Engstirnigkeit».  Ma proprio quando si comportano così, essi sono più fatalmente ciechi su sé stessi. Non si avvedono così del ridicolo al quale li espone la loro stessa così rabbiosa determinazione a combattere. È il ridicolo dell’eccesso pienamente abbracciato. Appunto messo in campo senza il minimo spirito auto-critico. Ed in questo, come lo stesso Nietzsche ammetteva (inorgogliendosene a fronte della morbosa cattolicità sud-europea) , sono ancora davvero barbari. E chi più dei greci ora lo sa?

Ebbene, non conosciamo forse tutti già molto bene tutto questo? E non è agghiacciante che, con la stessa massima imperturbabile serenità di un intero popolo, stia accadendo esattamente la stessa cosa di sempre? Indipendentemente anche da considerazioni politiche e politico-economiche. Qui è solo la storia che conta. La storia che (insieme alla filosofia) i greci ci hanno insegnato ‒ con uomini come Senofonte, Polibio, Strabone, Erodoto, Diodoro Siculo. La storia che noi popoli del bacino mediterraneo (giungendo fino al così atlantico popolo luso) non abbiamo mai dimenticato.

Era ora che si facesse appello ad essa. E con essa alla Tradizione.

Ed infine, come qui in Portogallo si dice ormai da tempo, ma perché mai dovremmo diventare ed essere tutti tedeschi? Perché mai dovremmo obbedire allo spirito con cui loro vivono? Perché mai dovremmo condividere il ridicolo della loro così ostinata e cieca serietà a tutti i costi? Siamo diversi, pensiamo, sentiamo, viviamo, in modo diverso. E se questo, dal loro punto di vista, significa essere paesi disastrati, allora che ci lascino pure esserlo! Il senso dell’Europa non era certo questo! Il loro regalo d’acciaio, noi non lo vogliamo! Se lo tengano pure, e continuino a vivere con la nazione più ricca e forte d’Europa. Ma nella noia alcoolica, rancida, squallida e mortale, che oggi come sempre contraddistingue la loro troppo seria vita. Vita senza il sale della vita!

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