Gioacchino De Chirico
A proposito de "Le corna del Duca"

La iella dei Lumi

Giuliano Capecelatro ha scritto un bel libro per raccontare la vita e la dannazione di Cesare della Valle, duca e iettatore (malgrado l'illuminismo...) nella Napoli pre-unitaria

Giuliano Capecelatro è un giornalista dell’Unità, oggi in pensione. Nella sua carriera, non solo si è distinto per la puntualità e il rigore dei suoi articoli, ma ci ha fatto conoscere una penna che non si fermava solo al freddo resoconto della notizia perché poteva contare su una vena di narrazione che non era da tutti. Per questo, una volta sollevato dagli incarichi lavorativi della vita quotidiana, è stato normale che lo scrittore godesse progressivamente di una libertà che prima era limitata.

Romano di adozione e napoletano di nascita, Capecelatro ha scritto un libro sul delitto Matteotti e diversi romanzi in cui arte, costume, storia e narrazione si fondevano felicemente a restituire, attraverso la fiction, quella realtà che la saggistica specializzata spesso non è in grado di offrire. Molti ricordano il bel libro su Caravaggio e quello sul principe di Sansevero nonché il successo dedicato alle passeggiate d’autore in giro per Roma.

In questi giorni, per la casa editrice Il Saggiatore, viene distribuito in libreria il libro Le corna del duca. La burrascosa vita di Cesare della Valle, lo iettatore che cambiò la storia (294 pagine, 17 euro). In una Napoli tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, a pochi passi dalla caduta di Ferdinando II e dall’Unità d’Italia, quando l’epoca gloriosa del barocco era già ampiamente terminata ma aveva lasciato le sue tracce profonde nelle dimore patrizie e plebee, nei quadri, nelle abitudini, nella cura ossessiva dei dettagli e perfino nei simboli e nei sogni, Capecelatro narra la storia di Cesare della Valle, duca di Ventignano.

le corna del duca di giuliano CapecelatroNobile ricco ma non ricchissimo poiché secondogenito di una famiglia che, come consuetudine dell’epoca, aveva lasciato quasi tutta le sue eredità al figlio maggiore. Padre quasi per caso di un figlio avuto da una moglie sposata in un matrimonio riparatore, e poi morta di parto, il duca vive in una palazzo in cui prevale il rosso pompeiano ed è assorbito dagli incubi del suo tempo: ovvero la crescita degli ideali unitari, mazziniani ed egualitari. Egli, come molti suoi pari, teme la Costituzione, le idee progressiste e il “comunismo”. Ma questi timori non lo mettono in salvo dal suo stesso ambiente che, ben presto, gli cuce addosso il ruolo di capro espiatorio nella definizione di “iettatore”. A lui viene addossata la responsabilità dell’incendio del regale teatro San Carlo. A lui viene data la colpa del crollo del Regno delle due Sicilie. Per questo l’autore gioca con i diversi punti di vista e con la definizione dello iettatore che “cambiò la storia”.

Nella Napoli dell’epoca, città vivace e dalle grandi potenzialità, la storia irrompe effettivamente non solo negli eventi ma anche attraverso personaggi celebri come Eleonora Pimentel Fonseca, figura di spicco della Repubblica partenopea, che il duca guarda salire sul patibolo con la freddezza dell’avversario politico e la diffidenza del maschio che attribuisce “troppa intelligenza” a quella donna coraggiosa e colta. Oppure il fisico Pauli, esimio e serissimo scienziato che non si salva del tutto dalle suggestioni magiche o dello scrittore francese Alexandre Dumas.

Il lettore si trova così immerso in un racconto che non è romanzo storico ma assomiglia quasi di più a un’opera teatrale, per quanto Capecelatro ama curare i dettagli di contesto. Il libro è seriamente documentato, non solo perché il Duca è realmente esistito, ma anche perché vengono rappresentate al meglio le contraddizioni dell’epoca i cui la ragione dell’illuminismo, in termini culturali, stava lasciando spazio alle passioni dell’età romantica. Il prezzo che l’autore si trova a dover pagare per un libro costruito con tanta sapienza è quello di una certa distanza dai personaggi per nessuno dei quali sembra avere un affetto particolarmente forte. Le corna del Duca deve di più alle concezioni strutturaliste della narrazione che alle sensibilità più recenti, ma anch’esse non prive di rischi, del romanzo psicologico. Ma ci restituisce una realtà che, per diversi aspetti, sembra assomigliare alla nostra, anch’essa costretta in un guado che porta a una sponda i cui contorni sono tutt’altro che definiti con chiarezza. E allora viene in mente che le vittime di questa stupida operazione di superstizione, per quanto consolidata nella tradizione popolare, non siano tanto i duchi di turno, che la subiscono direttamente, ma tutti gli altri che ne sono artefici e per mancanza di coraggio e coerenza preferiscono scappatoie suicide.

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