Simona Negrelli
Un esperimento shakespeariano

Parola di Macbeth

Chiara Guidi con la Raffaello Sanzio propone una lettura sonora di Macbeth dove le parole sono solo una partitura per voci e movenze spezzate dal suono del violoncello

La reiterazione è già nel titolo, una ripetizione che sembra voler sottolineare una moltiplicazione di senso. “Macbeth su Macbeth su Macbeth – uno studio per la mano sinistra” della compagnia Socìetas Raffaello Sanzio, andato in scena al Teatro Auditorium dell’Università della Calabria, condensa il testo shakespeariano in una sorta di mantra esistenziale che accompagna l’umanità da secoli: l’ambizione sfrenata, la sete di potere e le sue conseguenze nefaste e incontrollabili. Le tre streghe della profezia arrivano sul palco attraversando una platea rarefatta e come immersa nella nebbia, sono loro ad annunciare a Macbeth il suo destino di re di Scozia ed è a questo punto che l’ambizione si forma e si diffonde, come un sussurro da un orecchio a un altro, come un virus da un corpo all’altro.

Chiara Guidi, anima sonora della compagnia, che ha fondato nel 1981 insieme a Romeo e Claudia Castellucci, dirige e interpreta un lavoro performativo in cui il testo drammaturgico passa in secondo piano, utilizzando un linguaggio antinarrativo dato dall’accostamento di voce, suono e gesto. I versi della tragedia, destrutturata, diventano semplice emissione sonora. Del resto, la Guidi da sempre cura per la Socìetas la costruzione della vocalità degli attori. Sul palco, insieme a lei, le attrici Anna Lidia Molina e Agnese Scotti. Le loro voci e movenze, simili a una lotta, sono spezzate dal suono del violoncello di Francesco Guerri, che ha composto le musiche originali insieme a Giuseppe Ielasi (autore anche dei suoni), con un effetto dissonante che prolunga fino allo spasimo il senso di inquietudine della tragedia, lasciandolo sospeso, senza mai arrivare al climax, al culmine dell’intensità.

Sulla figura del violoncello ha lavorato l’artista visiva e performer Francesca Grilli, collaboratrice artistica dello spettacolo. Il movimento dell’archetto simboleggia il gesto del pugnale, sospeso a un filo. E di simbolismi è ricco lo spettacolo, come la trave di legno che cala dall’alto posandosi sulle spalle di un’attrice, quasi fosse crocifissa. O come le croci segnate a terra, a indicare la posizione degli oggetti (mancanti) della scena. E’ proprio l’assenza il tema fondante della tragedia, riassunto nel verso “Nulla è per me tranne ciò che non è”. Sappiamo che il generale Macbeth uccide re Duncan per prenderne il posto, ma il delitto è solo suggerito, non si compie mai sulla scena. Eppure gli effetti distruttivi sono evidenti nelle fiamme accese sull’archetto del violoncello, nel finale dello spettacolo. Che resta ostico per lo spettatore che non conosca approfonditamente il testo di Shakespeare. Considerato che Artaud teorizzava negli anni Trenta un linguaggio teatrale indipendente dalla drammaturgia, il cosiddetto teatro sperimentale sembra ormai diventato un genere.

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