Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Il vero miracolo

Il tempo che intercorre tra la Passione e la Resurrezione raccontato da Roberto Mussapi attraverso Luca. Uno che ha visto, che ha bevuto l'acqua tramutata in vino, testimone del risveglio di Lazzaro... Uno che ha capito il significato dell'amore

“Il racconto che udì Luca” è una delle mie poesie sul tempo che intercorre tra la Passione e la Resurrezione. Segue composizioni di anni precedenti sul tema, anticipa l’oratorio “Resurrexi”, che mi fu commissionato dalla Cei e dall’Arena di Verona. È opera mia, è narrativamente chiara, credo, per questo non ritengo necessario commentarla. Mentre considero assolutamente necessario augurare ai lettori e ai collaboratori di Succedeoggi una Buona Pasqua.

 

San Luca

Il racconto che udì Luca

Sono uno che ha visto, un testimone.

Ho molto viaggiato, percepito sorgenti

placare le piaghe di sudore e sabbia,

conosco paesi e luoghi azzurri e lontani,

ho letto i versi dei filosofi iranici

e seguito con le pupille le rotte del cielo,

ma ho anche spiato, vicino, non visto,

ho vissuto.

E so che la bocca di una donna conduce

a un movimento palpitante come il moto del mare,

sfiammando nelle caverne umide e ombrose,

 

quando i nostri occhi si limitano a guardare.

Conosco il volo d’aquila degli sciamani

e il sonno ipnotico dei saggi indiani,

ma so che un filo d’erba non è meno del cielo

e della matematica astrale e del fuoco di Platone,

so che esiste un segreto nelle cose e che la morte lo congela,

quando solo l’amore a poco a poco ci avvicina

a quel crogiolo incandescente di vita e oscuro

come la mano intirizzita che si accosta

al fuoco e intiepidita se ne allontana.

 

Questo sapevo, che il suo calore e il suo segreto

non mutano niente del destino,

che oltre la luce e l’amore cresce la malinconia,

per il tramonto, per l’ardore che declina,

mentre quel nucleo desiderato lentamente dilegua.

 

Poi ho visto il sudore distillato in sangue,

e l’orto degli ulivi e le lacrime

lattee e salate con cui guardò sua madre.

 

Non rinnego quei voli e la bellezza siderale,

non rinnego l’uscita dal tempo degli indiani

o il semplice prodigio dell’erba nel mattino,

perché il viaggio per l’anima conosce molti cammini,

e un’unica luce ci calamita,

e ci affratella un unico dolore.

 

Ma ho conosciuto un fatto nuovo e inaudito

che rende simile ai fachiri i saggi indiani

e disperata acrobazia il volo dello sciamano,

quando lo vidi tra la terra e il cielo, inoffensivo.

Perché colui che aveva moltiplicato i pani e i pesci

e tramutato l’acqua di bianche brocche in vino

 

(lo vidi, l’ho bevuto, era asciutto e aspro,

sapeva di terra argillosa e di sole)

e annichilì i farisei e restituì la vista ai ciechi

e riportò Lazzaro dal buio alla luce,

rimase docile di fronte alla croce.

Avrebbe potuto stregarli con una sola occhiata,

rovesciando su loro fiumi di pietra,

ma si lasciò morire come un uomo.

 

Questo fu il vero miracolo, l’accettazione

della morte, l’amore.

Per
 questo non ho bisogno di attendere

che egli risorga e splenda in eterno,

come giurano le donne e i bambini che lo seguirono.

Lo adoro oggi, in questo venerdì di pioggia,

nel giorno e nell’ora della sua morte.

Roberto Mussapi

(Da La polvere e il fuoco, Mondadori 1998)

 

 

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