Lidia Lombardi
Un’importante mostra al Quirinale

I “fumetti” di Pontormo e Bronzino

Il presidente Mattarella apre al pubblico la “casa di tutti gli italiani” e lo fa con l’eccezionale esposizione degli arazzi medicei disegnati dai due grandi maestri del Rinascimento, assistiti da Francesco Salviati. In 20 pannelli di straordinaria manifattura la storia paradigmatica del probo Giuseppe

Raffinati quanto solo l’arte del Rinascimento poteva fare. Conservati in due dei più carismatici scrigni monumentali d’Italia, il Quirinale a Roma, Palazzo Vecchio a Firenze. Restaurati dai nostri impareggiabili artigiani. Biglietto da visita della supremazia artistica e manifatturiera italiana. Insomma, brand del Belpaese. Ecco che cosa sono i venti arazzi esposti da oggi al Quirinale in una mostra davvero epocale. Infatti, Il principe dei sogni – Giuseppe negli arazzi medicei di Pontormo e Bronzino fa uscire per la prima volta, e dopo 500 anni, da Palazzo Vecchio dieci capolavori in tessitura fiamminga su cartoni dei due grandi pittori manieristi, ai quali per un solo pezzo si unì anche Francesco Salviati. E li riunisce dopo 150 anni agli altri dieci che componevano l’intero ciclo, trasferiti improvvidamente, nel 1882, dai Savoia che avevano preso possesso di Roma e del Quirinale e che credevano di dar lustro anche con iniziative anti-culturali come questa alla neonata monarchia dell’Italia Unita.

ArazziL’idea di riunire le venti opere d’arte – in tutto 400 metri quadrati di tessuto istoriato – è stata del sindaco di Firenze, il renziano Dario Nardella, che ha voluto così mettere l’accento su un anniversario importante per la città gigliata, i 150 dalla sua proclamazione, pur temporanea, a capitale d’Italia. E ne ha approfittato, in una sinergia che chiarisce come promuovere con intelligenza il Belpaese e farne volano per la ripresa economica, la città di Milano. Dopo l’esposizione a Roma, infatti, Il principe dei sogni si trasferirà dal 29 aprile al 23 agosto nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, costituendo così ulteriore attrattiva dell’Expo. Poi, la tappa a Firenze, appunto nel Salone de’ Dugento dove il mondo li vide per la prima volta, nel 1553, allorché messer Jacopo Pontormo e il suo allievo Agnolo Bronzino terminarono l’impresa. Un’operazione complessa, resa possibile anche dal concorso di sponsor privati, come Gucci e Fondazione Bracco.

Chi è il principe dei sogni che Cosimo I dei Medici, committente dell’opera, volle fosse raccontato negli arazzi? Un eroe della Bibbia, raccontato nella Genesi. Un uomo «probo, magnanimo, capace di riflettere il disegno divino», spiega il curatore dell’esposizione, Louis Godard, consigliere per la Conservazione del patrimonio artistico del Presidente della Repubblica che illustra i “panni” con passione e precisione nel bel catalogo Skira. «Cosimo, identificandosi con Giuseppe, invia un preciso messaggio politico. Come il patriarca anche i Medici erano stati esiliati da Firenze e vi erano tornati affermandosi poi carismaticamente. E di questo primato culturale e politico Cosimo dà dimostrazione chiamando a realizzare i cartoni di Pontormo e di Bronzino, subentrato al maestro perché le prime prove non convinsero il principe, i maggiori maestri arazzieri del tempo, i fiamminghi Jan Rost e Nicholas Karcher. Comincia così la grande tradizione fiorentina della tessitura».

Arazzi 2Eccola allora la straordinaria storia di Giuseppe. Si snoda, dice Godard, come un kolossal cinematografico. «In ogni arazzo gli avvenimenti vengono narrati con tecnica simile a quella di un fumetto, mi si passi il paragone che non vuole essere irridente ma rende bene il modo estremamente comunicativo col quale gli artisti hanno affrontato l’aggrovigliata vicenda biblica». Figlio prediletto di Giacobbe, capace di fare sogni premonitori inviatigli da Dio, aveva suscitato l’invidia del fratelli, che lo cacciarono da Canaan vendendolo a mercanti che lo portarono da schiavo in Egitto. Qui l’esiliato riuscì a guadagnare la fiducia di Putifarre, capo delle guardie, e poi del faraone, al punto di diventarne ministro e a ricongiungersi infine alla propria famiglia. Gli arazzi seguono passo passo la Genesi. Sono di dimensioni diverse, due assecondano nella forme le porte della Sala dei Duecento, che poi era quella del Consiglio fiorentino, e delle “decisioni popolari”. Ecco, nel primo, il Sogno dei Manipoli, i covoni che si inchinano davanti a Giuseppe, suscitando l’odio dei fratelli. Ecco Giuseppe che narra, su ispirazione onirica, le meraviglie del sole, della luna e delle stelle. Seguono il tradimento da parte dei congiunti, il pianto di Giacobbe al quale era stato fatto credere assalito da belve e morto. Poi la riabilitazione in Egitto, il sogno delle sette vacche magre e sette grasse spiegato al faraone come sette anni di carestia e altrettanti di abbondanza, l’arrivo dei fratelli affamati e in cerca di grano che l’eroe buono, diventato uomo di Stato, procura loro senza farsi riconoscere, l’abbraccio con il fratello minore Beniamino, il più amato da Giacobbe…

Davvero, i venti quadri osservati in sequenza confermano il valore artistico e manifatturiero del ciclo. Che ha scene di pathos ed è animato da figure sbozzate nel tessuto come se fossero tridimensionali. Due per tutte. Il corpo flessuoso e possente della moglie di Putifarre: è una venere bronziniana che tenta di sedurre l’ebreo e che per il suo rifiuto lo farà finire in carcere. Mentre, nel banchetto offerto in incognito da Giuseppe ai fratelli venuti affamati in Egitto, lo sguardo insistito di Beniamino che lo ha riconosciuto nelle vesti del governatore ha una pregnanza psicologica come solo in un dipinto si pensa di poter ottenere. Valori formali esaltati dai restauri che hanno impegnato per 27 anni e 119 mila ore gli artigiani dell’Opificio delle Pietre Dure, con un laboratorio proprio in cima a Palazzo Vecchio, nella Sala delle Bandiere, come altrettanto hanno fatto i restauratori del Quirinale. «Solo in Italia è possibile in intervento simile», ha rilanciato il sindaco Nardella, il quale ha anche avvertito sulla fragilità dei venti panni, tessuti in seta, cotone e fili d’oro, e da esporre dunque a rotazione.

Anche per questo la mostra è evento d’eccezione. Che ha poi avuto, appunto ieri, un corollario eccezionale. Sergio Mattarella, inaugurandola ufficialmente, ha annunciato che il Quirinale si aprirà ogni giorno ai visitatori (ora accade in alcune domeniche), che amplierà i propri spazi espositivi, riducendo invece quelli per gli uffici, che renderà visibile la magnifica Collezione delle Carrozze. Una via di mezzo rispetto a quanto chiesto da molti studiosi, intellettuali, giornalisti, cittadini: fare del Quirinale, forte delle sue 1200 stanze e dei suoi innumerevoli capolavori, il museo della Nazione. Il Capo dello Stato, con una scelta che renderà memorabile il settennato, ha deciso secondo un’altra ottica: la «casa di tutti gli italiani», come la definì Ciampi durante il suo soggiorno sul Colle, sarà insieme sede di rappresentanza della Presidenza della Repubblica, simbolo della Nazione e della sua autoritas e insieme luogo di delizie per la mente e per gli occhi dei visitatori italiani e internazionali. Grazie, Presidente, che sia di buon auspicio per il Belpaese.

 

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