Paolo Petroni
Un film che fa discutere

Da Birdman a Salvini

Dietro al successo di opere come quello di Iñárritu c'è il racconto, tutto contemporaneo, di una società che preferisce l'irrazionalità e i bisogni primari

Alessandro Boschi, che è critico acuto e intelligente, resta talvolta però troppo nell’ambito del suo specifico, che naturalmente viene prima del resto. Ma il resto poi c’è, c’è comunque. Inutile quindi chiedersi, basandosi sulle qualità filmiche, (clicca qui per leggere la sua “Visione contromano”) perché abbiano successo il film di Martone su Leopardi o Birdman di Inarritu: hanno successo per altri motivi, esterni al cinema, ma che nel cinema si ritrovano. Anzi, dall’analisi di questi successi si potrebbe cercar di capire di cosa ha bisogno, di cosa ha fame la gente in questo momento, magari senza nemmeno saperlo. E il discorso non è diverso da quello di chi volesse analizzare un certo gradimento che ricevono le prese di posizione di Salvini, che sa che ci guadagna (il suo piccolo pezzo di potere) a fare il becero fascista qualunquista e anti europeista, contro ogni logica e realtà.

Ecco, Birdman, contro ogni logica e realtà, ha dei poteri psichici (che forse sono solo confronti con se stesso e le proprie ambizioni sbagliate) e riesce anche a volare a bassa quota per le vie di Manhattan. Uomo pieno di problemi, angosce e ire drammatiche, che vanno dal rapporto con la figlia ex tossica a quello col collega in palcoscenico, in teatro più a suo agio e più noto di lui. Con anche problemi finanziari, tanto che si trova costretto a ipotecare una casa per non rinunciare al suo sogno, o perché il suo sogno, pur ormai davanti a una qualche disillusione, è andato quotidianamente avanti e non si sa come tornare indietro, come rinunciare a tutto e mostrarsi perdente davanti a figlia, compagna ex moglie. Così va avanti, fino a che capirà che la sua soluzione è essere quel Birdman che non voleva più essere. E si butta, che sembra si stia suicidando e, invece, eccolo riuscire a volare, sostenuto dalla forza invadente e egoistica dei suoi fans.

Vola anche Salvini sui barconi di immigrati che vorrebbe respingere in mare aperto, sulla nostalgia ipocrita per la Lira, sulla sua populistica difesa della povera gente del Nordest (che non è assolutamente più quello di alcuni anni fa). Vola perché trova chi lo sostiene, perché i suoi sogni strumentali solleticano la voglia di rivincita e di ritorno al passato di chi sta troppo soffrendo il presente e cerca capri espiatori strumentali, dall’immigrazione all’Euro.

Anche Il giovane favoloso si può leggere in questa chiave, e già quel favoloso del titolo ci aiuta a capire. Ma lì c’è anche, visto che il successo in gran parte e straordinariamente è legato a un pubblico giovane, il rapporto conflittuale con la famiglia, quello complice con gli amici, il desiderio di libertà e essere come ci si sente, col senso continuo della disfatta e dell’impossibilità che invece poi lascerà traccia  imperitura, si risolverà in grande successo (anche se in gran parte postumo).

E perché la gente colga tutto questo, si identifichi, senta inconsciamente che si risvegliano i suoi bisogni e desideri, ci vuole chi sappia raccontare tutto questo con forza, decisione, presunzione e tentativo di assoluto. La presunzione di Sorrentino, se vogliamo metterla così, è la presunzione di cui ha bisogno la maggioranza della gente, nostalgica, arrabbiata, spersa e che trova qualcuno che gli offre soluzioni totali, sogni e l’idea che si possa tornare a volare.

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