Filippo La Porta
Un testo censurato e ritrovato

Metafora Pasolini

Enrico Damiani Editore ripubblica un romanzo di Giovanni Heidemberg sulla morte di Pasolini: un testo eretico dove il poeta è la rappresentazione di cinquant'anni di Italia

Chi ha paura di Giovanni Heidemberg? Davvero oggi, nella nostra laicissima e tollerante società occidentale, e non nell’Iran di Khomeini, un libro può ancora avere un impatto ritenuto pericoloso da qualcuno? Sembra incredibile ma è la storia di un libro maledetto, uscito nel 2005da un piccolo editore e poi sottoposto a una silenziosa censura da parte dell’editore stesso, che ne pubblicò 2.600 copie, tutte regolarmente vendute,per poi ritirarlo dal mercato. Si tratta di Ho ucciso un poeta di Giovanni Heidemberg (titolo allora imposto dall’editore) e che oggi il sito Enrico Damiani Editore ripropone come ebook a puntatecon il titolo originario Tutti i colpevoli. Una scelta motivata da Damiani proprio per rispondere alle logiche dispotiche e di accerchiamento della nostra editoria, che penalizza chiunque intenda pubblicare libri di qualità che non intendono solo intrattenere i lettori. Di qui la scelta dipubblicaretesti eretici e rischiosi di controinformazionein elettronico, prima che su carta, al piccolo eletto giro dei cybernauti che non dormono e che non si arrendono al Pensiero Unico.

Ma perché un libro può diventare cosìustionante e fare paura?In questo caso Tutti i colpevoliusandoil format popolare della spy story si presenta come un romanzo civile sull’Italia degli ultimi 50 anni,proprio come i più interessanti libri italianidi questa ultimastagione, da La guerra in tempo di pace di Pecoraro a Speravamo nei miracoli di De Quarto (oggi c’è la necessità di sapere bene da dove veniamo).Ed è romanzo civile perché, ricostruendo la morte di Pasolini,indica «tutti i colpevoli», con una precisione acuminata: la razza padrona, i servizi, la borghesia progressista, il giornalismo paludato, alcune grandi famiglie del potere, l’editoria, la destra becera, l’intellettualità segretamentecomplice, etc. Per tutti costoro Pasolini era figura ingombrante, da eliminare. E probabilmente il piccolo editore che lo pubblicò si è trovato, fatalmente, entro uno snodo “pericoloso”, legato proprio alla materia accusatoria del romanzo.

Dal libro affiora unritratto di Pasolini terribile e pieno di rispetto, originale e spaesante: direi che nella sua impietosa rappresentazione si mette all’altezza di Pasolini, della sua miscela a volte perversa di passione e ideologia, delle Furie che lo hanno tormentato tutta l vita e che lui invano ha tentato di trasformare in Eumenidi. All’inizio l’agenteHeidemberg viene richiamato dalla Cia, dopo l’attentato alle Torri Gemelle,per un’operazione coperta che riguarda il terrorismo islamico (tema divenutoin questi giorni di tragicaattualità), ma nel frattempoHeidemberg porta all’editore Deville il manoscritto di un autore ignoto che racconta come ha ucciso Pasolini: Chi ha ucciso il poeta.L’editore comincia a leggerlo e sotto i suoi occhi scorre la complicata, tenebrosa, sanguinante vicenda del nostro paese, gli intrecci tra economia, terrore, politica, rivolta sociale, cultura d’opposizione… In genere non amo le teorie complottiste, sono un modo per spiegarsi le cose e placare l’ansia. Credo invece – come Machiavelli – che il caso ha un ruolo assai maggiore di quanto immaginiamo. Ma dato che qui sono tutti a complottare, in un certo senso il complotto si dissolve: ciò che avviene non è previsto da nessuno. L’eterogenesi dei fini prevale su qualsiasi pianificazione. Chi ha ucciso il poeta? Materialmente un giovane artista, che Pasolini avrebbe sedotto, intellettualmente e sessualmente, e che appartiene a una famiglia importante della borghesia italiana. Ma è stato solo l’esecutore di un delitto che tutti nascostamente volevano, come sull’Orient-Express di Agata Christie: non solo (più prevedibilmente) neofascisti (coperti dai servizi), malavita e boiardi di stato, ma anche – sembra suggerire il manoscritto – la stessa sinistra che dichiarava ipocritamente di ammirarlo, la cultura d’opposizione (abbarbicata ai suoi privilegi), l’intera società italiana, che non poteva sopportare la verità incandescente del Poeta. Per ora siamo solo a metà del romanzo (sei puntate su dodici) e non so come andrà a finire. Certo, l’immagine che ne esce di Pasolini – profeta e corruttore, fustigatore e capro espiatorio, rompe con qualsiasi agiografia.

Siamo entrati nelquarantesimo anniversario della morte di Pasolini (aveva 52 anni, e non riesco in alcun modo a immaginarmelo da vecchio, mentre D’Annunzio, cui è stato a volte impropriamente accostato, da vecchio è perfettamente credibile!). Sarebbe bello se questo romanzoa puntate venisse letto, discusso, commentato, se provocasse interesse, o perfino rifiuto, disgusto,se insomma riuscisse a creare una temperatura alta, appunto degna di Pasolini, della sua biografia e della sua opera che sempre premono “scandalosamente”su di noi.

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