Marco Fiorletta
Il giorno della memoria

La Memoria corta

Volete ricordare? Allora rileggetevi "L'Agnese va a morire" di Renata Viganò. Un'occasione per capire che cosa siamo stati. E perché, dimenticandolo, siamo diventati ciò che siamo

Eppure rileggersi qualche buon romanzo non fa male, anzi, aiuta a capire quello che ci sta succedendo intorno in questo periodo. Sempre più spesso accade che quando si prende una posizione si viene liquidati con uno sbrigativo «Sei di parte» o un altrettanto liquidatorio «Ancora stiamo a parlare di fascismo». Ma, ecco, proprio nel Giorno della Memoria rileggersi L’Agnese va a morire di Renata Viganò, ristampato da Einaudi Tascabili nel 1994, 246 pagine, ma reperibile in diverse edizioni e prezzo, può essere utile. Basterebbe anche un buon manuale di storia, ma vista la pigrizia di molti forse un romanzo basato sulla realtà potrebbe essere meglio. E se proprio non volete leggere almeno vedetevi il film di Giuliano Montaldo.

agnese va a morireOccorre essere di parte, sempre, per portare avanti delle idee, occorre abbracciarle e tenerle al caldo, farle germogliare anche in un animo semplice come quello di Agnese che quando i tedeschi gli portano via il marito, il buon Palita, denunciato dai vicini di casa perché avevano ospitato un fuggiasco dopo l’otto settembre, non ha dubbi su quale strada prendere e da quale parte stare. Dopo la deportazione, la donna, robusta lavandaia dedita alla casa e al marito malato, ha la conferma di ciò che già sapeva. Il fragile Palita era un membro attivo del Partito Comunista e i compagni gli fanno sapere che può contare su di loro. Nella sua semplicità di donna contadina si rende disponibile, in caso dovesse esserci qualcosa di utile da fare, venendo subito arruolata come staffetta. Palita non c’è più e lei, nel suo intimo, sa che è morto; ne avrà conferma il giorno in cui si troverà alla porta il giovane figlio di Cencio, che era stato caricato sullo stesso treno diretto in Germania, verso un campo di concentramento. Palita, infatti, già malato, non vi arriverà mai e morirà durante il viaggio come molti altri sventurati, bambini, donne e anziani. Grazie alla morte del marito di Agnese il giovane troverà la via della fuga per tornare al paese.

Ferma nei suoi propositi di non collaborare con i fascisti e i nazisti, Agnese smette di lavorare e si dedica sempre più al sostegno della lotta clandestina. Ma arriverà il momento di fare una scelta definitiva, indotta dalla morte della gatta grigia di Palita brutalmente uccisa da un tedesco per gioco, diciamo così. Non gioca però Agnese, quando ammazza il soldato nazista: ha scelto da che parte stare e sa a quali conseguenze si espone. Sceglie di essere di parte, quella che a lei, e a tanti altri italiani, sembra essere quella giusta accettandone gli oneri, poiché di onori non se ne parla, troppo occupati a combattere cercando di portare a casa la pelle e a difendere la libertà. Per molti non ci furono gli onori nemmeno finita la guerra. Sopraffatti dai voltagabbana bravi a saltare e mimetizzarsi sul carro dei vincitori.

renata viganòCome la stessa Renata Viganò ci ricorda in un articolo scritto nel 1949 per l’Unità, e riportato alla fine di questa edizione del romanzo, «La storia di Agnese non è una fantasia»: è la storia di tanti uomini e donne che seppero da quale parte stare e lo fecero senza pensare al tornaconto personale, lo fecero per altruismo e perché stanchi di stare sotto il giogo di vili e tracotanti fascisti, forti solo quando erano con i soldati tedeschi. Un ritratto di donna che pervade e colma le pagine del libro fino alla fine, una storia vera che una volta era data come lettura nelle scuole; infatti l’introduzione di Sebastiano Vassalli è tratta dall’edizione per la serie Einaudi “Letture per la scuola media”.

E così tocchiamo l’altro punto, non c’è più memoria di ciò che è stato il nostro passato, non c’è più memoria della lotta portata avanti da una minoranza di italiani per ridare dignità a questo Paese, ossia anche a tutti quegli altri italiani (che forse erano la maggioranza) che accettarono compromessi, che si macchiarono di infamie, o che più banalmente non aveva il coraggio di riprendersi la dignità che avevano perso. Non ci possiamo quindi stupire se ci ritroviamo con movimenti neo-fascisti sempre più attivi, violenti e inquinanti la nostra società. Occorre sapere per poter essere di parte, occorre saper essere dalla parte giusta nella difesa di certi valori. L’uguaglianza, il rispetto, il lavoro, i diritti di tutti. C’è stato un periodo, che non so se sia mai finito, che ci si lamentava dell’eccessiva retorica resistenziale, ho l’impressione che il passo successivo sia stato troppo repentino e definitivo.

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