Armin T. Wegner
Una lettera inedita/1

1933, contro la Shoah

Nel 1933 l'insigne giurista e scrittore Armin T. Wegner scrisse una lettera accorata a Hitler per protestare contro la persecuzione degli ebrei: «Verrà un giorno in cui il primo Aprile di quest’anno sarà richiamato alla memoria di tutti i tedeschi soltanto come una penosa vergogna!». Naturalmente fu arrestato, torturato e chiuso in un lager

L’importante documento che qui pubblichiamo (nella traduzione inedita di Mario Dal Co) è la lettera aperta che Armin T. Wegner inviò a Hitler subito dopo la prima serrata contro gli ebrei a Pasqua del 1933. Non potendola pubblicare su un giornale, l’insigne scrittore e giurista, protagonista della Prima Guerra Mondiale, la fece recapitare a Monaco alla Casa Bruna con la richiesta di consegnarla ad Hitler.
 Risulta che il plico sia stato recapitato e consegnato alla segreteria personale del dittatore. Nessuno rispose a Wegner, ma subito dopo egli venne arrestato dalla Polizia Segreta di Stato a Berlino, trascinato dai soldati delle SS in una cantina della tristemente famosa Columbia-Haus, gettato imbavagliato su un tavolo e frustato fino a perdere i sensi. Quando Armin T. Wegner si risvegliò, il capo delle SS gli spiegò: «D’ora in poi non scriverai più nulla contro di noi». E in effetti, lo scrittore fu prima imprigionato e poi esiliato. 

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Signor Cancelliere!

Nel Suo annuncio del ventinove  marzo dell’anno, il Governo dello Stato ha tolto la tutela giuridica ai negozi di tutti i cittadini ebrei.  Iscrizioni  insultanti “Truffatore! Non comprare! Morte agli ebrei!” ingiunzioni dipinte  “A Gerusalemme!”  si stagliano sugli specchi,  uomini con bastoni e armi montano la guardia davanti alle porte dei negozi e per dieci ore la capitale è diventata palcoscenico per il divertimento delle masse. Poi, con soddisfazione per l’impressione di questa misura beffarda, è stato abolito il divieto di commercio e di nuovo le strade  hanno mostrato il loro aspetto abituale. Ma quello che è seguìto  non è ancor peggio?

nazismo a berlinoGiudici, pubblici ministeri e medici  ebrei sono stati sbattuti fuori dall’impiego che svolgevano con cura,  si sbarra l’accesso alle scuole ai loro figli e allo loro figlie, si spingono gli insegnanti delle scuole superiori fuori dai cancelli e si spediscono in  vacanza, una tregua che a nessuno può lasciare dubbi, si rapiscono i direttori ai teatri, gli attori e i cantanti ai loro palcoscenici, i direttori ai loro giornali, si stabiliscono indici dei poeti e degli scrittori ebrei per condannare al silenzio i testimoni dell’ordine morale di oggi, infatti non è nei negozi dove si incontra l’ebraismo, ma dove riposano  i più alti valori per la comunità, nello spirito.

Lei dice, signor Cancelliere, che  il popolo tedesco è stato diffamato, che i suoi vicini  lo accusavano di  azioni indegne che non ha commesso; ma non sono errore e calunnia i precursori dell’efficienza e della fama? Sì, non sono proprio gli ebrei che ci hanno insegnato a portare tale calunnia come un onore? Infatti, non  è un caso che tanti ebrei vivano sul suolo tedesco: è una conseguenza di un destino comune! Nel suo viaggio attraverso i secoli, espulso dalla Spagna, non accolto dalla Francia, la Germania a questo grande sfortunato popolo ha offerto un rifugio millenario. L’ebreo obbedì alla sua chiamata interiore, quando si trasferì là dove la sua vita è stata assicurata, dove il più elevato apprendimento attraeva il suo cuore impegnato nell’erudizione; ma la la Germania spezzettata,  lottando tra  nemici numerosi, obbedì all’insegnamento della sua libertà, quando offrì rifugio a chi era cacciato, la Germania deve ora disperdere per sempre l’opera millenaria? Abbiamo sempre dato il meglio della nostra forza in altre parti del mondo, negli stati dell’occidente, nel Sudamerica, nella Russia, ad altri popoli con spirito di sacrificio. Nell’eterno vagabondare sulla terra, il tedesco ha trovato nel mondo la sua più forte missione nell’accrescere la povera patria nei possedimenti d’oltremare. Costruttori di ponti, commercianti, coloni tedeschi hanno accresciuto la ricchezza e la reputazione di tutti i popoli. Non siamo stati forse oltraggiati per questo voler esser al servizio, nei decenni precedenti la Grande Guerra e fino ad oggi? Come possiamo, noi che abbiamo già subito questa ingiustizia, imporre lo stesso dolore ad un altro che ha servito come noi?

La Giustizia è sempre stata un vanto dei popoli, e quando la Germania è diventata grande nel mondo, anche gli ebrei hanno dato il loro contributo. Non hanno dimostrato riconoscenza verso l’accoglienza in tutti i tempi? Lei ricorda che Albert Einstein, un ebreo tedesco, è stato colui che ha scosso lo Spazio, come Copernico sopra di sé aveva capito l’Universo, donando alla Terra una nuova immagine del Mondo! Lei ricorda che Albert Ballin, un ebreo tedesco, è stato il creatore della grande linea navale verso l’ovest, su cui la più potente nave del mondo conduceva alla terra della libertà, Ballin, che non potè sopportare la vergogna che il Sovrano da lui venerato avesse abbandonato la sua terra e per questo levò la mano contro sé stesso?  Lei ricorda: fu Emil Rathenau, un ebreo tedesco,  che in terre straniere trasformò la Società Generale per la generazione misteriosa di energia e di luce in un’impresa mondiale! Haber, era un ebreo, che, come un mago nella sua bombola a pressione strappò l’azoto dall’aria, Ehrlich, un ebreo e un medico saggio che con i suoi rimedi contro la sifilide, ha arginato questa insidioso morbo nel nostro popolo. Anche quella ragazza di sedici anni, che sul terreno delle competizioni di Amsterdam, con la sua spada elegante ha portato la vittoria alla Germania, era una giovane ebrea, la figlia di un avvocato, proprio di uno di quegli avvocati che sta  sul punto di essere cacciato, con vergogna, da uno dei nostri tribunali.  Lei ricorda, – oh, dovrei riempire fogli anche se volessi elencare soltanto i loro nomi – il loro duro lavoro, la loro intelligenza, segnati per sempre nella nostra storia. E allora Le chiedo: tutti questi uomini e queste donne hanno compiuto le loro azioni come ebrei o come tedeschi?

I loro scrittori e poeti hanno scritto una storia dello spirito ebraico o dello spirito

tedesco, i loro attori coltivavano la lingua tedesca o a una lingua straniera? I loro araldi di una nuova teoria sociale sono stati profeti e monitori del popolo ebraico o di quello tedesco, quando si è alzato il loro ammonimento, che, per nostra sfortuna, non abbiamo udito?

Nella guerra abbiamo accettato il sacrificio di sangue di dodicimila uomini ebrei e, se ci avanza una traccia di equità nel cuore, possiamo forse negare ai loro genitori, figli, fratelli, nipoti, alle loro mogli e sorelle ciò che attraverso molte generazioni hanno acquisito, il diritto ad una patria e ad un focolare? Quale sorte per coloro, che più di sé stessi amarono la patria che li accolse!  Non è l’ebreo,  a noi affine nell’introspezione, nella disamina, che è diventato il  portatore della civiltà e della lingua tedesca fino nel profondo della Russia? Nelle vie ebraiche dei villaggi di Polonia non risuonano anche oggi arie tedesche medievali, dove gli antenati degli ebrei cacciati  mille anni prima hanno trafugato non l’oro di queste terre ma i loro canti, che noi ancor oggi riusciamo a capire con chiarezza dalla loro bocca, e che noi stessi avevamo con sciatteria dimenticato.

Quando il tedesco aveva necessità di assistenza in terra straniera, quando cercava altri uomini che leggessero la sua lingua, dove li trovava? Nel negozio di un mercante ebreo di droghe  medicinali nel Caucaso, nel laboratorio di un sarto ebreo vicino ai pozzi del deserto arabo!

Vi sono famiglie ebree derubate in Polonia a causa della loro fedeltà allo spirito tedesco  e gettate in prigione, famiglie che, dopo essersi rifugiate in Germania, incontrano lo stesso trattamento.

Quanto amore non corrisposto! Quindi lei non creda che gli ebrei non possano amare la nostra terra, perché sono una razza straniera. Non si sono forse mescolati anche ne popolo tedesco diverse razze, wenden, franchi e frisoni? E Napoleone non era un corso?  Non è anche Lei venuto da noi da una terra vicina? Se Lei avesse visto con me le lacrime delle madri ebree, i visi dei padri sbiancati dallo sbigottimento, gli occhi dei bambini – Lei capirebbe questa fervente dedizione, che solo possono provare genti che hanno lungamente errato senza tregua.  Per loro, infatti, la terra  è un legame più forte che per coloro che non si sono mai persi. “Io amo la  Germania” ho sentito dire in questi giorni da un figlio, da una figlia ai loro genitori,che stravolti dalle minacce infinite del giorno volevano lasciare per sempre il paese. “Andate da soli!”rispondevano ai genitori. “Sì, piuttosto vogliamo morire qui, io non posso esser felice in una terra straniera.” Non è ammirevole tanta forza di sentimento?

Signor Cancelliere, non è solo la sorte dei nostri fratelli ebrei, è la sorte della Germania!

In nome del popolo, poiché per esso io non ho meno diritto che dovere di parlare, come ciascuno che sia venuto dal suo sangue, come tedesco, a cui la facoltà della parola non sia stata donata per renderlo complice attraverso il silenzio, il cui cuore si contrae per  l’indignazione, mi rivolgo a Lei: ordini di cessare questo abuso! L’ebraismo è sopravvissuto alla cattività babilonese, alla schiavitù in Egitto, all’inquisizione spagnola, alla tribolazione delle crociate e alla persecuzione degli ebrei in Russia nel sedicesimo secolo.  Con quella durezza che ha reso questo popolo antico, gli ebrei supereranno anche questo pericolo -ma la vergogna e la sfortuna che per questa ragione investissero la Germania, non sarebbero dimenticate per molto tempo! Ma chi dovrà sostenere il colpo, che ora viene assestato contro gli ebrei, chi se non noi stessi? Quando gli ebrei hanno incontrato il mondo tedesco, hanno aumentato la nostra ricchezza, e così deve accadere che quando colpiamo la loro vita, venga annientato un patrimonio tedesco. La storia ci insegna che i paesi che hanno cacciato gli ebrei dai loro confini, sempre dovettero soffrire la miseria e caddero in preda alla povertà e al disprezzo. Anche se non si colpiscono più gli ebrei per strada come nei primi giorni, all’aperto si ha riguardo per la loro vita, per prendergliela nel modo più doloroso di nascosto. Io non so quante delle notizie che si sussurrano nel popolo siano vere. Interi quartieri sono abbandonati al saccheggio, iscrizioni fiammeggiano di notte sopra le case, camion addobbati di bandiere con i soldati che cantano danno la caccia ululando per le strade,  e ciascuno osserva con angoscia questo torrente che travolge ogni cosa nella sua corsa.  In giornali e riviste, nell’ora più severa nella quale occorre rendere consapevoli gli uomini, si aggiunge all’umiliazione tragica lo scherno. Cento anni dopo Goethe, dopo Lessing, volgiamo i passi alla più cruda sofferenza di tutti i tempi, nel cieco zelo della superstizione. Preoccupazione e incertezza si diffondono, colmando all’inverosimile i treni  per l’estero,  grida di disperazione, scene di terrore, suicidi!

E mentre parte del popolo, che un tale atteggiamento mai avrebbe potuto difendere davanti alla propria coscienza, gioisce di questi processi in atto, nella speranza di trarne vantaggio e lascia la responsabilità al governo che porta avanti queste espulsioni di massa con fredde disposizioni, forse ancor peggiori  di un massacro, sicuramente meno scusabili, poichè sono risultato d’ una calma riflessione e non possono finire in altro modo che nell’autodistruzione sanguinosa del nostro popolo.  Infatti, quale sarà il risultato inevitabile?  Il posto del principio morale della Giustizia è preso da una sorta di appartenenza ad una razza. Fino ad oggi nella vita del popolo ciò che era essenziale nella distribuzione degli impieghi non era né la fede né la stirpe, ma solo la capacità di realizzare.

Anche Lei ha valutato la creatività come la dote più preziosa di un popolo, gli scopritori e i pensatori come sue nobilissime energie. Ma, da ora in avanti, anche il buono a nulla senza scrupoli può dire a se stesso: solo perché non sono un ebreo, io posso ricoprire questo incarico, il mio essere tedesco basta; sì,  dietro il suo scudo posso condurre attività malvagie impunemente. Ad un certo momento, là dove sicofanti e adulatori, solo per essere servili con i nuovi signori, si inchinano davanti ad un nuovo indirizzo, per il quale Lei e i suoi amici avete messo a repentaglio la vita e la gloria, spunterà fuori l’attributo del sangue, aprendo il cuore delle famiglie alla febbre degli istinti  inferiori, spingendo ad allontanare, se possibile, un fastidioso competitore.

Ma può la partecipazione alla guerra essere decisiva anche per l’arte e l’impegno di un  medico? Se vivesse oggi, Walter Rathenau, il Ministro del popolo tedesco nel momento più difficile dopo la guerra, non potrebbe essere né medico né avvocato, poiché non fu sul campo di battaglia, ma preservò la patria da una caduta prematura attraverso il consolidamento dell’economia di guerra, trascurato dallo Stato. Non dalle trincee, ma dagli agguati di pace era diretto a lui il proiettile a cui ha denudato il petto, con uguale coraggio. La distinzione del bene e del male è abrogata, e quindi non è forse messa in discussione comunità del popolo? Lei mi risponderà che il sangue tedesco ci proibisce un atto disonorevole – certo, l’origine e la tradizione sono un impegno, ma, direi – molto più per battersi a favore degli ebrei che per colpirli. Può essere vero che gli ebrei nei nuovi tempi non abbiano da far valere molti eroi della spada, a paragone con i guerrieri del nostro popolo. Non per questo hanno prodotto meno saggi, martiri e santi. Anche i salvatori del popolo che si è risollevato dovranno riconoscere che dei santi non si può fare a meno, come di  coloro presso i quali non ha mai taciuto la voce degli annunci più antichi e delle più elevate leggi morali della terra.

Dopo tutto, perché perseguitare, perché odiare questi curiosi stranieri del mondo? Perché questo popolo ha posto al di sopra di tutto la legge e la giustizia, perché ha stabilito la legge e la ha amata come sua  sposa, e perché coloro che vogliono l’ingiustizia, non tengono nessuno più detestabile di coloro che rispettano il diritto.

nazismoSignor Cancelliere, i popoli, come gli uomini, non si conoscono tra di loro, e questa è la loro più grave mancanza. I tedeschi  hanno forse posto attenzione a una cosa che fin da giovani evitavano come la peste, un pregiudizio che ha colpito anche alcuni ebrei, che cominciarono a vergognarsi della loro ascendenza, che altro non era se non ammirevole? Sì,  se possiamo prendere per vere le Sue parole, quello che combattete  Lei e i Suoi amici in Germania,  non sono in verità gli ebrei ma i rinnegati che, perduti nella cupidigia e nella voluttà, hanno disatteso i doveri verso la loro fede, che non viene ripudiata dai loro fratelli ebrei meno che dai tedeschi. Forse i tedeschi si sono comportati meglio? Non si lamentano forse dei  tesorieri che trattengono grandi fortune, facendone ricadere la colpa sugli ebrei solo perché vogliono prendere il loro posto? Qualche cittadino  tedesco ha ridotto gli interessi sulle sue proprietà  e sulle sue case?  E si possono punire le aberrazioni di alcune centinaia che, nell’antica lotta di questo popolo tra il peccato e la santità, hanno tradito le più profonde radici della loro razza, sacrificando moltitudini di innocenti? Non abbiamo messo da parte la vendetta di sangue a favore della responsabilità individuale? Lei invoca l’Onnipotente nei Suoi discorsi  – ma non è un segno di quella potenza aver mescolato tra i tedeschi i dispersi di questo popolo come il sale nella pasta del pane? Non sono loro per noi una necessità sociale e morale per la loro capacità di farci distinguere con maggior chiarezza le debolezze e le virtù del nostro stesso essere? Lei sostiene che la Germania si trova in una situazione di necessità, ma invece di guidare la causa di tutti gli oppressi, si lenisce la sventura di una parte del popolo con la sventura dell’altra, proprio per rendere evidente che la colpa degli ebrei è necessaria per la salvezza della patria. Ma non vi è patria senza giustizia! Sempre  un ebreo viene a trovarsi tra cento tedeschi e lui dovrebbe essere più forte?  Non si sminuisce da solo il popolo potente quando espone gli indifesi all’odio dei disillusi? Lei parla degli ebrei che con la loro petulanza susciterebbero inimicizia. Questo dunque accadrebbe senza una nostra responsabilità? Quando alcuni ebrei hanno preparato il terreno per il pensiero sovversivo, la loro indignazione non ha forse avuto successo perché li abbiamo trattati in modo ingiusto? Non ci siamo forse comportati fin dalla giovinezza in modo insultante con loro, e  non comporta, ogni comunanza di destino, anche la comunanza del diritto e della colpa? Io contesto questo convincimento stolto, che tutte le sventure nel mondo derivino dagli ebrei, lo contesto con il diritto, i testimoni, la voce dei secoli; e accade che io indirizzi a Lei queste parole, perché non conosco più altra strada per trovare udienza. Non come amico degli ebrei, come amico dei tedeschi, come discendente di una famiglia prussiana che può far risalire i propri predecessori fino al tempo delle crociate, per amore del mio popolo indirizzo a Lei queste parole. Quando tutti in questi giorni rimangono in silenzio non voglio tacere più a lungo dei pericoli, che minacciano la Germania. L’opinione delle masse si volge facilmente nel suo contrario. All’improvviso può accadere che esse condannino ciò che oggi chiedono furiosamente. Quanto sia il tempo necessario, ad un certo punto l’ora del perdono si avvicina al martire e quella della punizione al malfattore. Verrà il giorno in cui il primo aprile di quest’anno sarà ricordato solo come una dolorosa vergogna nel ricordo di tutti i tedeschi, quando dovranno sottoporre le proprie azioni al giudizio del proprio cuore. Se la Germania fosse davvero calunniata, che bisogno ci sarebbe di ricorrere a simili provvedimenti solo per difendere la buona coscienza? Ci rassicurano che all’estero la situazione si è calmata completamente. Perchè allora si continua con questa persecuzione anche nella calma? Un modo più semplice di contrastare le calunnie a proposito dei delitti commessi, non sarebbe stato quello di manifestare agli ebrei  un segno di amicizia, invece che umiliali? Non è forse subito zittito il portatore di notizie malvagie, di fronte alle azioni di comprensione e di amore, non è forse l’operare stesso la migliore conversione? Signor Cancelliere, indirizzo a Lei queste parole che vengono dal dolore del mio cuore tormentato, e non è la mia voce, è la voce del destino che parla dalla mia bocca: protegga la Germania proteggendo gli ebrei. Non si faccia ingannare dagli uomini che stanno al Suo fianco nella battaglia! Sono consigliati male! Chieda alla Sua coscienza, come nell’ora in cui, tornando a casa dalla guerra  in mezzo ad un mondo disgregato, intraprese da solo la via delle Sue battaglie. E’ sempre stata prerogativa della grandi anime riconoscere il proprio errore. Ciò che maggiormente necessita è un gesto sicuro. Riconduca le persone espulse alle loro posizioni, i medici nei loro ospedali, i giudici nei tribunali, non chiuda le scuole ai bambini, lenisca i cuori turbati delle madri, e tutto il popolo La ringrazierà. Perchè, se anche la Germania potesse fare a meno degli ebrei, non potrebbe fare ameno del suo onore e della sua virtù!

“C’è una sola vera fede”, è il richiamo che Le rivolge il saggio Immanuel Kant dal sepolcro della sua  tomba secolare “ eppure si possono avere diverse confessioni”. Segua dunque questa lezione, che Le darà anche la comprensione di coloro contro i quali combatte. Che cosa sarebbe la Germania senza verità, bellezza e giustizia?  Se un giorno le nostre città fossero annientate e le generazioni dissanguate, se le parole della tolleranza dovessero tacere per sempre,  le montagne della nostra patria ancora sfiderebbero il cielo e sopra di loro si stenderebbe il respiro dei boschi eterni; ma non sarebbe più pieno dell’aria della libertà e della giustizia dei nostri padri. Con vergogna e disprezzo saranno indicati dalle generazioni future coloro che non solo hanno giocato con leggerezza la fortuna della nostra terra, ma che hanno dissacrato per sempre la sua memoria. Vogliamo dignità quando chiediamo giustizia. Io La imploro ! Sia  la nobiltà, l’orgoglio, la coscienza,  senza  cui non possiamo vivere, sia la dignità del popolo tedesco!

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