Alessandro Boschi
Il nostro inviato a Torino

Operazione recupero

Eterogenei e di buon livello i film in concorso al Festival appena iniziato nel capoluogo piemontese, dove finalmente non si gioca al totopremio. Da segnalare “N-Capace” di Eleonora Danco e “New Hollywood”, retrospettiva di capolavori destinata ai più giovani

La differenza sostanziale tra il Torino Film Festival e molti altri Festival – in primo luogo quello di Venezia perché è l’esempio a noi più prossimo – è che qui non si avverte mai quella curiosità, quasi morbosa, nel capire quale sarà il film a vincere il concorso. Qui non è così, grazie al cielo. L’atmosfera è più rilassata e ci si possono godere in pace tutte le proiezioni senza temere di essere importunati da oziosi discorsi su quale pellicola sia la più papabile per la vittoria finale. Questo è un grande merito della kermesse diretta, quest’anno per la prima volta ufficialmente, da Emanuela Martini, preparata per un ruolo di questo livello da anni, trascorsi invece a fare da badante a illustri direttori in tutt’altre cose non affaccendati ma versati, e poco portati alla realizzazione di manifestazioni siffatte. Va bene così, meglio tardi che mai.

Torino logoTra i primi film in concorso che siamo riusciti a vedere abbiamo notato che si è fatto un notevole passo in avanti rispetto a quello che nella passata edizione avevamo definito il Martini’s style. Quest’anno la rassegna, per lo meno fino a ora, comprende film molto eterogenei, non tutti da concorso ma comunque di buon livello. Tra i primi che abbiamo visto, e che pare sia uno dei fiori all’occhiello dei selezionatori, Violet, di Bas Devos, una coproduzione belga olandese. Tipico film questo, a nostro avviso, modesto e già stravisto, ma perfetto per delle magnifiche recensioni. Frammentato nello stile e nella narrazione Violet fa parte purtroppo di quella categoria di film fatti più per chi li realizza che per chi li va a vedere (chi, peraltro?). Del tutto differente il tedesco, sempre in concorso, The Kings surrender di Philipp Leinemann. L’avere vinto il mondiale di calcio deve aver fatto pensare ai tedeschi di poter fare qualsiasi cosa, anche la versione riveduta e corretta de I ragazzi del coro di Robert Aldrich. Che peraltro abbiano rivisto su grande schermo proprio qualche anno fa in una delle retrospettive leggendarie proposte qui a Torino. Certo, gli sarebbe piaciuto al regista… il risultato è in realtà un film di genere poco adatto al concorso ma perfetto per un passaggio televisivo.

locandinaMange tes morts del francese Jean-Charles Hueracconta di una turbolenta comunità di emarginati dedita a furti e a dispute religiose, mentre Anuncian sismos di Rocio Calirie Melina Marcowè un viaggio all’interno di un gruppo di ragazzi proveniente da famiglie disfunzionali e/o disfunzionali a loro volta, e che ha l’unico torto di diventare nei passaggi più importanti troppo intellettualizzante e confuso. Sempre in concorso Gentlemen di Mikael Marcimain, svedese, di certo più applaudito tra quelli ai quali abbiamo assistito. Ora, il film non è brutto, ma quando per seguirlo ti rendi conto che dovresti prendere degli appunti (anche a causa dei 141 minuti di lunghezza) qualche domanda te la fai. Tra gli italiani ha particolarmente colpito la surreale genialoide Eleonora Danco, che con N-Capace ci ha regalato alcuni momenti esilaranti e toccanti. Trattasi di un viaggio tra due generazioni distanti nella storia delle proprie esistenze, ragazzi e anziani molto anziani, che condividono però una schiettezza e una ingenuità preziosa e commovente. Alla base di tutto la morte della madre della regista che fornisce l’innesco a questo viaggio introspettivo nella sostanza e originalissimo nella declinazione. Molto applaudito. Resta poi, e fa tenerezza, l’entusiasmo delle nuove generazioni di spettatori e (presunti) critici che vedono per la prima volta alcuni capolavori contenuti nella retrospettiva “New Hollywood”, vero e proprio protocollo di recupero. Chi viene a Torino sappia che, come diceva il maestro Alberto Manzi, “non è mai troppo tardi”.

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