Ella Baffoni
Tra burocrazia e ignoranza

Oriente sotto sfratto

In nome di una spending review alla rovescia, lo Stato vuole trasferire il Museo di arte Orientale di Roma dall'Esquilino all'Eur. Con una previsione di spesa molto, molto maggiore

Cosa ci sia nel Museo nazionale di arte orientale è presto scoperto: basta entrarci, percorrere i saloni dedicati all’archeologia, alle ciotole di legno dei nomadi, ai tappeti, alle icone, ai mandala… l’Oriente è lì, come testimoniano quei reperti preziosi, come lo studiano archeologi e storici. L’Oriente è lì con la sua musica, i suoi strumenti, gli scritti, gli armadi e le cassepanche, gli abiti e il culto dei morti, le religioni – tante e diversissime – le lingue e le culture. Andateci, in una sorta di viaggio tra oggetti e storie, a rinfrescare quel poco che si sa, a imparare molto. È lì, a Palazzo Brancaccio in Roma, il Museo nazionale di arte orientale, dal 1957. Ma forse non per molto ancora.

Uno sciagurato progetto del Ministero dei beni culturali intende trasferirlo all’Eur in nome della spending review. Ascoltate bene: l’affitto dei 4.000 metri quadrati di via Merulana costa 761.332 euro l’anno. I nuovi locali in cui il Ministero intende trasferire il museo all’Eur, nel Palazzo delle Forze armate che già ospita l’Archivio centrale dello stato, costerà oltre 2,2 milioni l’anno, a cui bisogna aggiungere i costi di riadattamento e soprattutto di climatizzazione. In più, le spese di trasloco di quei 35.000 tesori che, dice la Cgil forse esagerando, sarebbe un esborso tra i 9 e gli 11 milioni.

Singolare concezione di spending review, spendere di più con l’intento di spendere meno. Si dice: ma l’Ente Eur da cui si affitterà la nuova sede è un ente pubblico. Bizzarra definizione di pubblico: l’Ente Eur è un ente privato di proprietà pubblica (del Ministero delle Finanze, e in piccola parte del Comune di Roma), è giusto che non fallisca se riesce a fare affari, non a spese del pubblico però. Pagare un affitto maggiorato (più onerose spese) per uno spazio più risicato non dovrebbe essere operazione d’interesse pubblico. Il guaio è – sostiene la Cgil-Fp – che quell’affitto per spazi inutilizzati il Ministero già lo paga all’Ente Eur: la razionalizzazione dovrebbe servire appunto a coprire e giustificare quella spesa che sembra per ora davvero incongrua. Singolare concezione di spending review.

C’è poi un aspetto a cui un Ministro della cultura dovrebbe essere particolarmente sensibile, soprattutto se colto come Dario Franceschini. Il Mnao di Palazzo Brancaccio ha un profondo legame con il quartiere Esquilino, dove è fortissima la presenza di cittadini cinesi e orientali. Un lavoro lungo, con le scuole e con le associazioni di quel territorio, che ha mobilitato scuole e associazioni di genitori, comitati di quartiere e di rione, associazioni culturali e sociali, associazione di commercianti e sindacati. Perfino il Municipio I ha chiesto con una mozione che il Museo resti nel quartiere.

museo nazionale di arte orientalePer questo stamattina i lavoratori del Museo e i cittadini si sono ritrovati in piazza: oltre alla raccolta di firme, l’illustrazione dei lavori dei ragazzi della scuola Manin e una piccola performance di danza classica indiana. Su Facebook un’apposita pagina (https://www.facebook.com/pages/No-al-trasferimento-del-Museo-Nazionale-dArte-Orientale) dà conto delle iniziative e delle proposte di lotta. Su Twitter c’è l’hashtag #saveMnao. Su Change.org una petizione online sta raccogliendo le firme in parallelo con la petizione cartacea. Tra i firmatari illustri, il regista Sorrentino. Basterà?

Tutto dipende, certo, dalla sensibilità del ministro. Che finora, però, non ha ancora trovato tempo e modo di incontrare i lavoratori e i loro sindacati.

Peccato. Se lo facesse saprebbe che la loro non è una sterile lotta a difesa dell’esistente e del proprio comodo. Bisogna stringere la cinghia? Si rinegozi l’affitto. Oppure si cerchi una scuola o una caserma dismesse, che pure ci sono nel quartiere, ristrutturando quelle così risparmiando l’affitto. In questo modo si potrebbe proseguire con i progetti didattici degli scorsi anni, tessere ancora una trama di cultura e conoscenza tra nuovi e vecchi abitanti dell’Esquilino. Scusate se è poco, ma a questo dovrebbe servire la cultura e le sue istituzioni, non a far galleggiare un carrozzone a lungo malgovernato come l’Ente Eur.

Giuseppe Tucci, a cui il Museo è intitolato, era un grande viaggiatore, lo testimoniano molti dei reperti raccolti in quelle sale, e viaggiare è una grande scuola. Ci sono molti modi per viaggiare, per cercare cieli ignoti, per incontrare il diverso da se: uno è quello di partire da sé. E’ il metodo usato anche per i progetti con le scuole: una mostra di scarpe – dagli stivali di feltro dei monaci tibetani agli zoccoletti di legno delle gheishe – e la traccia: “Cento Cenerentole più la tua”, a caccia tra le fiabe dell’est. La costruzione di un aquilone e “Coloriamo il cielo”, sulle tracce del vento di Khaled Hossein, a cavallo tra Afghanistan e Cina e Iran. “La sfida dei re” è una grande guerra di scacchi umani nei giardini di piazza Vittorio, luogo di incontro e gioco. “Bambole, bambini e marionette” è l’occasione per la riscoperta della festa giapponese dedicata alle bambole, al raffronto con le nostre, quelle occidentali, e all’incontro con le marionette di Occidente e Oriente, quelle birmane e quelle vietnamite, quelle thailandesi e quelle indiane. Infine la testimonianza del viaggio, i segni che luoghi e tempi lasciano sulle cose che portiamo con noi: dipinti e disegni su borse e valige, a testimoniare di incontri e conoscenza. Fin quando non si voglia correre, di nuovo. il rischio di impolverarsi i calzari, e di rimettersi in viaggio.

La scoperta è il bello del viaggio, e il ritorno. Non si parte senza agganci, senza punti fermi. Anche questo è il Museo di Arte orientale, luogo di conoscenza e incontro, sapere e bellezza. Trasferirlo all’Eur è condannarlo a una ingiustificata concorrenza con l’Etnografico, un quartiere gelido di uffici che attende, ancora, la Nuvola di Fuksas.

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