Andrea Carraro
A proposito di «I due volti di gennaio»

Le passioni opache

In occasione dell'uscita del film con Viggo Mortensen, Kirtsen Dunst e Oscar Isaac, Bompiani rimanda in librerie il romanzo torbido e perfetto di Patricia Highsmith, narratrice prediletta dal cinema di passioni nascoste

In occasione dell’uscita nelle sale italiane del film I due volti di gennaio, ancora in programmazione, Bompiani ha riproposto in una nuova edizione economica il romanzo omonimo di Patricia Highsmith da cui è tratto (pp. 283, 10 euro) nell’ottima traduzione di Vincenzo Vega, che reca, in copertina, una foto di scena dei tre protagonisti: Viggo Mortensen, Kirtsen Dunst e Oscar Isaac. Patricia Highsmith è ormai unanimemente considerata la regina del thriller-noir psicologico moderno, e non è certo un caso che i suoi romanzi abbiano ispirato grandi registi, fra tutti Hitchcock ne Il primo uomo e in Delitto per Delitto e Wim Wenders ne L’amico americano (ma anche Liliana Cavani, Antony Minghella ecc.).

Nata in Texas, ha vissuto dal 1963 fino alla morte, avvenuta nel 1995, in Europa, dove ha ambientato la maggior parte dei suoi romanzi e dei suoi racconti. Ed è proprio in Europa che la critica è stata più pronta e sensibile a cogliere il nucleo più profondo della sua arte, spesso disturbante nella rappresentazione degli aspetti più torbidi dell’animo umano. Quello che maggiormente colpisce nei libri di questa scrittrice tanto appartata quanto prolifica è a ben vedere proprio la sua straordinaria capacità di far passare temi scomodi, atmosfere ambigue, ossessive e morbose dentro un contenitore popolare come quello del giallo, senza che tale operazione mai tradisca volontarismi o marchiane semplificazioni.

Patricia HighsmithEccellente ritrattista di figure maschili, forse favorita in questo dalla sua omosessualità, ne I due volti di gennaio la Highsmith tratteggia due personaggi maschili memorabili: Chester, truffatore quarantenne e Bydal, giovane romantico, un po’ poeta dilettante un po’ giramondo, tormentato da un passato difficile da dimenticare che continua a proiettare i suoi influssi sul presente. L’affascinante moglie di Chester, Colette (la bionda Kirsten Dunst che ricordiamo, fra l’altro, magistrale protagonista di Melancholia di Von Trier), chiude il triangolo sentimentale sotto la cui stella ruota gran parte della narrazione nella cornice insolita di una Grecia invernale. Il romanzo comincia proprio al porto del Pireo dove sbarcano i tre eroi ancora ignari del tragico destino che li aspetta e che si consumerà tutto nel giro del mese di gennaio, prima in Grecia e poi, nell’ultima parte del libro, dopo la morte della donna nel Labirinto del palazzo di Cnosso (di cui entrambi sono sospettati dalla polizia greca e internazionale), a Parigi.

Oltre lo snodarsi dell’intreccio giallo in cui come sempre la Highsmith è maestra – sono le dinamiche del triangolo amoroso che occupano tutta la prima parte del racconto quelle che restano più impresse, piuttosto che il lungo duello all’ultimo sangue dei due uomini fuggitivi fra reciproche minacce di morte, infernali maledizioni e ricatti.

Il ménage à trois prende l’abbrivio dall’omicidio involontario da parte di Chester di un commissario greco che sta indagando su di lui in un grande albergo internazionale della capitale greca. Per ragioni che, opportunamente, non si sveleranno mai completamente, ma che certo molto hanno a che fare con il fascino da femme fatale esercitato su di lui dalla giovane donna, il giovane Bydal, anch’egli alloggiato in quell’albergo, offre al truffatore che viaggia sotto falso nome con documenti fasulli un alibi succoso per abbandonare l’albergo indisturbato, dopo che entrambi hanno provveduto a sistemare il cadavere del commissario in uno sgabuzzino dell’hotel. Da qual momento comincia la loro avventura triangolare in un tour archeologico un po’ voluto e programmato, un po’ ormai anche imposto dalle circostanze. La donna è attratta da quel giovane coraggioso di bell’aspetto che li ha salvati senza chiedere nulla in cambio, mentre si mostra sempre più disamorata dal marito di mezza età semialcolizzato, truffatore e adesso anche omicida.

La scrittrice americana è bravissima a rappresentare il carattere di Colette, le sue strategie di seduzione, i suoi capricci, i suoi atteggiamenti civettuoli, le sue simulazioni con il marito, ma in qualche caso anche con il giovane amante. Molto spesso la sera i tre finiscono a bere e a ballare in qualche locanda di paese dove suonano musica locale e regolarmente Chester ubriaco si trova a spiare la moglie che danza e civetta con il giovane rivale rodendosi il fegato. Ciò che più lo esaspera è che Bydal si mostra del tutto disinteressato al suo denaro, continua a non chiedergli nulla in cambio della sua copertura. Poi, si diceva, nel Palazzo del Labirinto di Cnosso l’odio fra i due deflagra ma per una beffarda casualità sarà la donna a farne le spese. A quel punto la sfida dei due uomini, entrambi sospettati dell’omicidio, assume tratti rocamboleschi e ossessivi, e si conclude a Parigi, dove uno di loro troverà la morte.

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