Laura Novelli
Parla l'organizzatrice Natalia Di Iorio

Il festival del nuovo

La prossima settimana si apre "Le vie dei festival", una delle poche vetrine nazionali e internazionali che mostrano il nuovo teatro quando è ancora... nuovo e sconosciuto

Ci sono spettacoli sedimentati nella mia memoria personale – così come credo nella memoria di molti – che prima di diventare grandi lavori del nostro teatro contemporaneo sono stati le scommesse ardite di una delle rassegne teatrali più importanti della nostra Penisola. Scommesse spesso di levatura internazionale – ma non solo – giocate sul terreno di quella necessità e di quel bisogno di nuovo di cui la scena si nutre da sempre. È infatti grazie a Le vie dei festival che abbiamo conosciuto il lavoro di personalità come Norèn, Platel, Nekrošius, Kentridge, Hermanis. È grazie alla tenacia (e all’audacia) della sua storica direttrice artistica, Natalia Di Iorio, alla dedizione dei fedeli collaboratori, all’entusiasmo con cui gli artisti vi hanno aderito di anno in anno che questo piccolo tesoro nazionale ha potuto sopravvivere e – tanto più – tenere viva quella capacità di intuizione e quella sensibilità artistica senza le quali difficilmente il fare teatro si trasforma in segno forte, in linguaggio cocente, in immaginario futuro.

le vie dei festival 2014Tra qualche giorno si apre la XXI edizione del festival capitolino e, a fronte di un programma molto ricco con titoli in scaletta fino al 13 dicembre al teatro Vascello e in altri spazi, è innegabile il bisogno di chiarire che questa edizione 2014 della vetrina, erede di una precedente edizione ancora più povera e travagliata, la si fa malgrado le crescenti difficoltà economiche ed organizzative. Il complemento concessivo è insomma d’obbligo. E certamente finché ci saranno i malgrado, i nonostante, i sebbene, i pur se a demarcare i confini tra risorse finanziarie e risorse intellettuali/professionali, pregevoli iniziative come queste saranno sempre a rischio. «Diciamo che – spiega la stessa direttrice – ormai la tenacia è diventata la caratteristica che deve avere chi vuole fare e proporre teatro in Italia. E a me non manca». Come ben dimostra l’eclettico bouquet di titoli italiani e stranieri assemblati quest’anno e tenuti insieme non tanto da un filo rosso tematico quanto dalla fedeltà a filoni espressivi diversi ma comunque emblematici dei nostri tempi e di prospettive future. «Sostengo da sempre – continua Di Iorio – che ci sia una significativa differenza tra il pensare una stagione teatrale e il pensare un festival. In vent’anni di lavoro ho sempre cercato di intercettare e valorizzare spettacoli che parlassero di cosa sarebbe venuto dopo: modi di fare teatro capaci, cioè, non solo di fare teatro bene ma di gettare lo sguardo oltre. Non credo che una rassegna come Le vie dei festival debba avere un tema; piuttosto, inseguire un filo logico che cucia insieme alcune tendenze nuove, fermo restando ovviamente il rispetto per il pubblico».

E fermo restando pure che – torniamo al punto dolente – con pochi soldi la quantità delle proposte non può che essere ridotta. «Quest’anno abbiamo un margine di manovra migliore dell’anno scorso ma siamo riusciti, diciamo così, a confezionare solo una nouvelle cousine del contemporaneo: un fagiolino, una carota, un pezzettino di sedano. Dei segni. Poche cose ma significative, e molti sono pure gli artisti ormai affezionati che ritornano in cartellone con operazioni nuove».

Belarus red forestTra gli eventi di punta c’è senza dubbio la prima nazionale di Red Forest (qui accanto e nella foto vicino al titolo), ultima produzione della compagnia bielorussa Belarus Free Theatre che, già ospitata dalla stessa rassegna negli anni scorsi (all’Auditorium e a India, alla presenza niente di meno che di Tom Stoppard), torna a Roma con un lavoro di forte impatto politico-sociale e dalla struttura itinerante. «Questo spettacolo ha visto già delle tappe in Bielorussia e in Brasile e si compone come un insieme di favole a sfondo ambientalista affidate a un nucleo stabile di artisti cui si aggiungono via via altre presenze sceniche. A Roma Red Forest fa la sua prima tappa europea (sarà poi al festival Vie di Modena, ndr) ed è sicuramente una cosa grossa. Si tratta di una compagnia che negli ultimi anni è cresciuta molto, è diventata famosa a livello internazionale e ha avuto riconoscimenti importanti, tanto da essere ormai sostenuta da un’istituzione come lo Young Vic di Londra».

Fabrizio Gifuni ph.Consuelo ItriAlla drammaturgia europea fanno poi riferimento due percorsi artistici di casa nostra che meriterebbero maggiore visibilità: Roberto Rustioni porta in scena Villa dolorosa della drammaturga austriaca Rebekka Kricheldorf, riscrittura moderna delle Tre sorelle di Cechov, mentre l’attrice bolognese Anna Amadori si cimenta nella confessione esistenziale-sentimentale raccontata da Fabrice Melquiot ne L’inattesa. Ad un autore francese, Albert Camus, si ispira pure Fabrizio Gifuni ne Lo straniero, un’intervista impossibile, ennesimo affondo nella grande letteratura moderna con cui, venerdì 17, viene inaugurato il festival. Ben tre (‹age›, Cinetico 4.4 e Amleto) sono poi gli appuntamenti legati alla creatività di un giovane gruppo di Ferrara, CollettivO CineticO. «Mi hanno molto incuriosito la freschezza e la professionalità di questi giovani artisti, per lo più danzatori di formazione, che sperimentano forme aperte e lavorano con gli adolescenti. Sono in cartellone con tre produzioni diverse contrassegnate da ironia, senso del gioco e capacità di inventare format nuovi. L’ironia, ad esempio, credo sia una qualità che molto del nostro teatro abbia purtroppo smarrito».

Motivo in più per andare a ricercarla nel passato. Sul filo della memoria – quella bella che fa bene al presente – corrono infatti altre significative proposte della vetrina quali l’omaggio ad Antonio Neiwiller (con la ripresa di uno dei suoi spettacoli più significativi, Titanic the end, a firma di Salvatore Cantalupo) e i due testi di Eduardo, Dolore sotto chiave e Pericolosamente, riletti da Francesco Saponaro e arricchiti di una curiosa inserzione pirandelliana. «Eduardo e Pirandello non potevano mancare – conclude la tenace direttrice – in un anno in cui si ricorda il Nobel del primo (1934) e la scomparsa del secondo (1984). Motivo per cui abbiamo organizzato anche degli incontri all’Istituto di Studi Pirandelliani nel corso dei quali verranno mostrati dei materiali inediti e si parlerà anche di un misterioso progetto cinematografico che Eduardo condivise con Pasolini».

(Il programma de Le vie dei festival 2014 non finisce qui. Lo si può consultare collegandosi al sito www.leviedeifestival.com; info e prenotazioni ai numeri: 06732012102 e 334/8464104).

La foto di Fabrizio Gifuni è di Consuelo Itri

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