Alessandro Boschi
Il nostro inviato al Lido

Leopardi antinapoletano

Il film di Mario Martone su Leopardi vive i suoi momenti migliori nel contrasto fra il dolore del poeta e la vitalità del città che lo ospita. Con un appassionato Elio Germano

Presentato oggi un altro film italiano in concorso, Il giovane favoloso, ispirato alla vita di Giacomo Leopardi e diretto da Mario Martone – il quale, va ricordato, aveva indarno cercato di piazzare la pellicola a Cannes. Dei film di Martone non si può mai dire che siano brutti, perché non lo sono mai, in effetti. Il punto è che come in questo caso si ha sempre una sensazione di un appassimento progressivo della storia. L’appassionato Elio Germano ci mette anima e corpo in egual misura, e recita splendidamente alcune delle più belle poesie del genio recanatese. Quello che però non funziona è la declinazione visiva, cinematografica insomma, delle poesie stesse. Non c’è un afflato che ci regali una sensazione in più, e più delle immagini colpiscono sempre le parole, che dalle immagini stesse rimangono svincolate. A volte si ha la sensazione di poter chiudere gli occhi come per ascoltare un radiodramma.

faccia così cosìVoto: radiofonico

La storia parte da Recanati, dove il poeta nacque e sviluppò lo straordinario talento di cui era dotato attraverso la lettura di migliaia di tomi di cui era provvista la leggendaria biblioteca del padre. Parallelamente alla conoscenza si sviluppavano anche i problemi fisici, che come lo stesso Germano ha precisato, in rapporto alla realtà sono stati messi in secondo piano, talmente tanti erano i mali che affliggevano il giovane. Dopo un passaggio a Milano, a Firenze e Roma, Leopardi e il fido Ranieri, approdano a Napoli, dove si svolgono alcune delle scene più significative e riuscite del film. Vuoi perché Napoli è la città del regista, vuoi perché con i suoi suoni e i suoi colori contrasta esaltandola la disgraziata natura di Leopardi. Il pessimismo del quale viene accusato colui che spesso è definito gobbo fottuto (Niccolò Tommaseo nel film, ma anche Benedetto Croce), è in realtà un pessimismo che non gli impedisce di apprezzare la bellezza della natura, che egli però giudica matrigna e traditrice e che Martone rappresenta come una enorme e cadente statua di sabbia con le fattezze ricordanti la madre (almeno così ci è sembrato).

elio germano leopardi2L’infinito è forse l’esempio più alto di questa impossibilità di fare i conti con un mondo che egli sa di non poter afferrare mai veramente. Ma al tempo stesso è proprio attraverso il suo intelletto che egli riesce ad afferrarne e a sublimarne il senso, cristallizzando questi momenti nella sua anima. Insomma, ci rendiamo conto che trasferire su pellicola questi passaggi non sia molto facile, ma in fondo il lavoro di un regista, mutatis mutandis, è come quello di un poeta: portare lo spettatore oltre. Ma occorrerebbero un altro stile, un altro approccio, un altro coraggio. Da apprezzare, comunque, il tentativo: c’è voluto coraggio.

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