Gianni Cerasuolo
Fa male lo sport

Questo calcio triste

Inizia il campionato più assurdo del mondo: scandali, razzismo, nessuna programmazione, disprezzo per i vivai e un potere debole o corrotto. Ma noi continuiamo a tifare...

È il campionato più triste del mondo. Un calcio senza allegria, senza passione autentica e senza divertimento. Un pallone incattivito e conservatore, ignorante e volgare, incapace di fare non dico una capriola ma nemmeno un saltino. Non soltanto sul campo. Tutti ci prendono a schiaffi, tutti ci prendono in giro. Dalla Costa Rica ai baschi del Bilbao, grande esempio di un popolo che si identifica (anche) in una squadra di calcio amandola fino a sfinirsi ma senza predicare odio e senza consumare vendette. Eppure il Real Madrid non riesce simpatico da quelle parti. Da noi invece c’è il razzismo territoriale: veronesi contro napoletani, juventini contro romanisti, cosentini contro catanzaresi. Roba da Medio evo. D’altra parte, se al vertice della piramide hanno messo uno che ragiona come il più imbecille degli ultrà da stadio (che non stanno sempre in curva), perché tutti gli altri protagonisti dovrebbero mostrarsi tolleranti, ragionevoli e liberi da ogni considerazione culturalmente violenta?

Carlo TavecchioSono curioso di vedere che cosa succederà al primo insulto razzista che volerà in campo. Che cosa avrà da dire, ad esempio, quel presidente del Coni che si era presentato come l’uomo nuovo, moderno, fuori dalle camarille e si sta dimostrando come il peggiore, il don Abbondio del Foro Italico, che ha preso in giro tutti quelli che speravano in un segnale forte e intransigente verso Optì Pobà? Il presidente dei circoli bene di Roma, lo sciupafemmine, si è calato le braghe invece, e forse spera che monsieur Platini gli tolga le castagne dal fuoco, dando uno scappellotto al presidente della Federcalcio. Sono in attesa di vedere che cosa farà il procuratore federale, l’inflessibile Torquemada, che ha chiuso in tutta fretta la penosa vicenda: è stata solo una gaffe quella dello zio Tom della Federcalcio. Lui, il Torquemada, il Dio che atterra e suscita, il Temporeggiatore, nel senso che ci mette anche degli anni per decidere una qualsiasi cosa, ha stabilito così in fretta e furia: caso chiuso. Allora, caro procuratore, mi faccia il piacere di non imbastire processi o di squalificare questa o quella curva quando voleranno banane in campo. Perché voleranno. E non solo quelle. Ci risparmi, dunque, l’ipocrisia di certe sanzioni e non dia lezioni di comportamento. Il potere sta con il potere, tutto si tiene. Anche nel calcio. Perché certo quella dell’omino di via Allegri può essere stata anche una gaffe, e va bene, ma quelle parole sono la spia di una cultura e di un modo di pensare, preciso, inequivocabile, più schifoso di quando si grida «negro di m…». Dappertutto qualcuno dall’alto gli avrebbe detto: «Caro, hai detto una stupidata. Sei una brava persona ma hai sbagliato e non puoi fare il presidente…». Invece qui l’hanno messo sul soglio pontificio. E Optì Pobà – che è un furbone – adesso farà vedere anche che lui il razzismo lo combatte, tanto che ha chiesto a Fiona May di far parte della sua squadra. Una bella pennellata alla facciata senza più intonaco, tanto la May avrà subito dimenticato l’altra frase straordinaria dello zio Tom allorché si produsse in un’altra gaffe parlando di «calciatrici handicappate».

Quando qualche giorno fa è arrivata la notizia della morte di Alfredo Martini, ho pensato alla saggezza e alla grandezza di questo uomo semplice e tuttavia colto, dell’uomo combattente e giusto, del vero padre di famiglia. Ecco l’esatto contrario di quell’altro lì, l’Optì Pobà.

framcesco tottiQuesto è un campionato che non diverte più nemmeno uno come Totti che ne ha giocati tanti. Lui dice che prima era meglio perché adesso in campo si vede solo forza fisica (e certamente non solo in Italia). Ma è probabile che il fuoriclasse della Roma si riferisse anche ad altro. Ai dirigenti ad esempio. Non c’è programmazione, non ci sono investimenti, di riforme se ne parla da anni ma poi non se ne fa niente. Eppure le tv riempiono di soldi i conti delle società. Il fatturato è cresciuto del 60 per cento negli ultimi dieci anni. «Ma che cosa ha prodotto? La lievitazione degli ingaggi, che spesse volte non si è tradotta in un miglioramento tecnico: l’incidenza del costo del lavoro sui ricavi è del 71%, la più alta d’Europa. Risorse sottratte ad asset immobiliari (a eccezione della Juventus) e vivai» (Marco Iaria sulla Gazzetta dello Sport del 7 giugno scorso). Questo è l’identikit di chi comanda il pallone italiano. Che ha schiaffato l’altro cuor di leone della Lega calcio, uno che si è dimesso da tre anni, a fare il vicepresidente di Optì Pobà. Geniali e gattopardi.

antonio conteQuesto è un campionato senza futuro perché non ci sono giovani su cui investire. Il nuovo ct della nazionale è uno che non ha mai fatto esordire un ragazzo. Lui va sull’usato sicuro. Un amico romagnolo che batte da anni i campi di periferia, mi ricordava di come Antonio Conte sia stato capace di lasciar andar via uno come Ciro Immobile, quando lo allenava a Siena. Adesso da ct dice vuole guardare con attenzione gli under 17. Bene, ma qualche dubbio è legittimo.

Un calcio senza feste ma anche senza sponsor. Molte squadre di serie A (e non solo piccoli club) non hanno ancora aziende disposte a mettere il proprio marchio sulle magliette. Del resto, di questi tempi perché investire immagine e soldi in un settore in crisi? Meglio rivolgersi altrove o indirizzare investimenti su altri sport, come il nuoto, ad esempio, ora che è tornato ad essere competitivo anche oltre la Pellegrini.

Questa è una serie A lugubre, militarizzata, imbastardita. Non è solo questione di stadi. Certo i nostri sono vecchi e brutti. È un ritornello che ripetiamo da secoli. Ma a questo punto mi chiedo: cambierebbe qualcosa se avessimo gli impianti più belli della terra?

Ecco, la tv si accende e il campionato più triste del mondo si accomoda in salotto (allo stadio ci vanno sempre di meno). Noi siamo lì a gioire o a sacramentare soffrendo dietro la nostra squadra. Questo ci è rimasto ed è giusto che sia così. È il fascino perverso del calcio. Anche quando è in coma.

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