Andrea Carraro
Dialoghetto sul lavoro editoriale

L’editing robusto

«Guardi, il suo romanzo non c'è... serve un po' di editing, va riscritto, asciugato, reso meno banale...»: quando l'editore vuole salvare l'autore

“Dunque secondo lei il libro può andare…”

“Dicevo che ci si può lavorare…”

“Ah, come sono contenta… E il titolo, il titolo, «Vivere e morire a Kabul» le sembra buono?”

“Il titolo è l’ultimo dei problemi… Il testo ha bisogno di un editing, come le accennavo… un editing robusto che migliori la lingua, elimini alcuni personaggi e forse agisca anche un po’ sulla struttura… Il libro è di 600 pagine e può diventare di molto meno…”

“Quanto di meno?”

“Non saprei… Ma molto… Forse perfino la metà…”

“La metà? Ma questo è il frutto di un lavoro di sette anni, sa…”

“Capisco”

“E chi lo farebbe questo editing, come lo chiamate voi…”

“Le affiancheremmo un nostro redattore…”

“Ma non si potrebbe fare un editing più leggero che non tagli pagine e personaggi e non modifichi la struttura?”

“Probabilmente sì, ma non con noi”

“Cioè voi lo pubblicate solo a queste condizioni!”.

“Esatto. Diciamo meglio: se alla fine del lavoro di editing il romanzo avrà acquisito una forma accettabile, dal nostro punto di vista, lo pubblicheremo…”

“Ah, quindi non è neppure sicuro…”

“Proprio così. Ci pensi su, valuti i pro e i contro…”

“Che cosa ha che non va? Questa è la terza stesura, sa… l’opinione dell’autore conterà qualcosa…”

“Beh, detto molto brevemente, ci sono troppi personaggi fotocopia… Si confondono, fanno le stesse cose, si comportano allo stesso modo… In questo caso meglio eliminarli, facilita lo scorrere della storia e l’identificazione del lettore… Poi la lingua: a volte funziona, altre volte diventa sentenziosa, compiaciuta, poeticistica… Noi siamo convinti che questa storia necessiti di una lingua asciutta, funzionale alla narrazione, con poca aggettivazione, poche metafore… Quando per esempio la protagonista si mette a conversare sulla terrazza di notte a Kabul sotto la luna con quel giovane guerrigliero sugli astri, sulla luna, sulla poesia afghana, sull’Amore, sul Destino, sulla Morte…”

“Ma come, quelle sono le pagine più belle, l’hanno detto tutti!”

“Noi riteniamo che siano da eliminare… Guardi, non bisogna aver paura a togliere…”

“Beh, sa, il professor XY dell’Università di ***, esimio critico letterario al giornale ***, lui non la pensa così… Lui sostiene…”

“Capisco… Però l’editing dobbiamo farlo noi, non il critico professore suo amico…”

“Lui sostiene…. E non solo lui se lo vuole sapere… che il libro abbia un forte afflato poetico… A me non interessa scrivere un romanzo di fatti, forse lei non ha capito, per farne un qualunque best-seller… Questo è un libro che si affida molto alle atmosfere, e alla cultura, alla sapienza… Altrimenti ne viene fuori un feuilleton…”

“Guardi, è proprio da quei dialoghi fra la reporter e il giovane combattente clandestino sotto la luna snocciolando versi d’amore che si rischia il feuilleton… E si rischia anche altro, mi creda, anche più pericoloso… si rischia il kitsch mistico, filosofico…”

“Guardi che quei versi che citano i due personaggi sono del maggiore poeta afghano vivente….”

“Si, ma in quel contesto non servono…  E i commenti a quei versi poi sono superficiali, scolastici…”

“Senta, io conosco piuttosto bene la cultura e la storia di quei luoghi essendoci vissuta per molti anni…”

“Non lo metto in discussione… Veda, se non se la sente di fare questo lavoro, non c’è mica problema sa?… Troverà senz’altro qualcun altro con cui pubblicare… E ora, abbia pazienza, debbo salutarla, ho molto lavoro da sbrigare e fra meno di un’ora una riunione…”

“Ma il romanzo allora per quest’anno non lo programmate?”

“No. Il romanzo ancora non c’è, lo programmeremo se e quando ci sarà!”

“Sa che le dico… Lei è una gran presuntuosa!… E anche villana! Lei deve studiare… Ah, ma informerò subito il professor XY di questo suo comportamento, delle sue parole… ah ah… e si saprà in giro, mi creda…”

“D’accordo, arrivederci e se dovesse ripensarci, noi siamo qui…”.

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