Laura Novelli
In scena al Valle di Roma

Il burraco truccato

Chi bara con le carte bara in realtà con la vita: è il senso di uno spettacolo duro e ironico, "Peli" di Carlotta Corradi. La terribile sfida a carte di due donne false

Due uomini travestiti da donne di mezza età. Un massacro antiborghese che capovolge perbenismi e bugie intime. Un linguaggio sottile, allusivo, ironico, poi feroce, violento, impudico, che lievita in un crescendo di imprevedibile animalità. E – soprattutto – una costruzione drammaturgica estremamente originale dove si scorticano con raffinata arguzia i meccanismi più subdoli e dolorosi dei rapporti di coppia. Non fa sconti a nessuno dei due sessi Carlotta Corradi – trentaquatrenne drammaturga romana già autrice di apprezzati lavori come Lipstick e vincitrice del Premio Mario Fratti 2014 con l’atto unico Via dei Capocci, che sarà proposto in lettura il 23 giugno a New York per il festival “In Scena” – nel suo corrosivo Peli, in programma al Valle nei giorni scorsi dopo una prima apparizione sulle scene capitoline nell’ambito della rassegna “Nuove Drammaturgie in Scena”.

Supportata dall’incisiva e sensibile regia di Veronica Cruciani, la pièce racconta una partita di burraco tra due amiche. Nulla di strano, se non fosse per quel chiaro senso del grottesco suscitato già dal fatto di affidare i ruoli delle protagoniste a due interpreti maschili, Alex Cendron e Alessandro Riceci, entrambi molto bravi nell’aderire al doppio registro del testo: prima leggero e sarcastico, poi turbolento e aggressivo. Dunque non tanto di donne si tratta, quanto di donne costruite, di vite finte, di sentimenti compressi, di istinti sopiti. Una delle due è vedova ma ogni mattina saluta il marito “facendo come se” (cosa di più teatrale?) fosse ancora vivo; l’altra ha sposato in seconde nozze un uomo che non ama e tuttavia si ostina a coprire la sua infelicità di chirurgia estetica e abiti bon-ton. La partita però si fa dura. Le recriminazioni incalzano. La verità tira fuori i suoi artigli. Non c’è scampo. Chi bara con le carte bara in realtà con la vita. Ed è ormai giunto il momento di mostrare quei fastidiosi “peli” che sbucano dal torace, dalla braccia: segno non tanto e non solo di una mascolinità che azzera i confini tra uomini e donne confondendo le acque, quanto di un’ascendenza animale che ci riguarda tutti, di un bisogno ancestrale di sentire per istinto ciò che il perbenismo e le convenzioni sociali non ci permettono di sentire.

peliE allora via i vestiti, via la parrucca, via la maschera posticcia che indossiamo ogni giorno. Si va alla guerra. Le signore bene si trasformano in boxer muscolosi e agili che lottano in mutande, che si scompongono, sudano, si ingiuriano, si distruggono a vicenda rivelando tradimenti subiti o agiti, fallimenti materni, falsità nascoste, tabù sessuali pesanti come macigni, infelicità troppo corrodenti e profonde per essere ammesse. Un massacro. Un disfacimento esplosivo che, anticipato nell’intensa scena del ballo techno in cui si cimenta la donna bionda interpretata da Riceci, la Cruciani accompagna con un disegno registico intelligente, ritmato, ricco di scarti e snodi scenicamente significativi. Tanto che la scrittura della Corradi – quel linguaggio leggero che improvvisamente vira in sarcasmo acre, quei riferimenti colti a Madame Bovary e alla Morale, quei luoghi comuni che arrivano come saette a scombinare le nostre (in)certezze – sembra nascere e crescere insieme alla regia, sull’energia degli attori, sui tempi ora lenti ora concitati dello spettacolo. Laddove, cioè, si annida la forza catastrofica (evviva!) del teatro.

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