Gabriele Trama
Dopo la firma del 20 maggio

Mosca lava Pechino

Lo storico accordo per la fornitura di gas russo alla Cina potrà contribuire a migliorare la salute della terra. Ma garantisce totale liberà d'azione (in politica estera) a Putin. Soprattutto nei confronti dell'Europa

Il 20 maggio il presidente di Gazprom, la più grande azienda russa di estrazione e commercializzazione di gas naturale, e il presidente della CNPC (China National Petroleum Corporation), hanno firmato un accordo  per la fornitura di gas alla Cina che avrà una portata storica. Il contratto prevede che 38 miliardi di metri cubi di gas vadano alla Cina in trent’anni, al costo totale di 400 miliardi di dollari. Il gas russo, che comincerà a fluire nelle condutture cinesi a partire dal 2018, coprirà il 30% del fabbisogno del paese. La trattativa del contratto è durata ben 10 anni, ma la stretta finale si è avuta nella notte precedente la firma. Sotto la pressione di Putin e Xi Jinping, i negoziatori delle due compagnie energetiche si sono accordati sul costo  unitario al metro cubo di 350$ dai 400$ dollari iniziali, mentre l’Ucraina, ad esempio,  dovrà pagare ben 485$/m3. L’impatto sulle economie dei due giganti è amplificato da ulteriori investimenti, necessari a completare la rete di gasdotti per il trasporto di queste grandi quantità di combustibile. L’accelerazione verso la sottoscrizione del contratto, voluta soprattutto da Putin, permetterà alla Russia di aprire un nuovo grande mercato per gli enormi giacimenti di gas siberiano, fino ad oggi indirizzato solo verso l’Europa ed è una risposta alle sanzioni economiche minacciate da Obama e dall’Europa (più sommessamente) nella crisi ucraina.

Oltre a quello geopolitico/economico che vede spostarsi sempre più verso l’Asia l’asse del potere con l’alleanza russo-cinese, ci sono altri aspetti di grande interesse legati a questo accordo, che vale la pena esaminare. Il primo, certamente. è quello ambientale. La Cina ha basato tutto il suo prodigioso sviluppo su un’unica fonte energetica: il carbone. Il 75% dell’energia elettrica che manda avanti le fabbriche e illumina le città è prodotta da centrali termoelettriche che bruciano questo combustibile. Sono 540 le centrali per una potenza totale di 554.420 MW (per avere un’idea: circa 100 volte l’energia necessaria all’Italia) che impiegano circa 2,5 miliardi di tonnellate di carbone all’anno. Questo enorme quantitativo è responsabile dell’inquinamento da fumi contenenti sostanze nocive come zolfo, incombusti ecc. che sta letteralmente soffocando il paese. Le malattie polmonari nelle zone industriali continuano ad aumentare di pari passo con lo sviluppo. Inoltre la CO2 presente nei fumi ha portato la Cina a essere il primo paese responsabile del riscaldamento globale, superando recentemente gli Stati Uniti. Il gas russo dunque permetterà di convertire all’impiego di questo combustibile “più pulito” il 20-25% degli impianti, con un effetto immediato sui cieli oggi offuscati di tante città industriali cinesi.

gasdotto gazpromMa anche il pianeta avrà qualche beneficio perché i fumi della combustione del gas, a parità di potenza elettrica prodotta, contengono meno CO2 di quelli del carbone.  Gradualmente dal 2018 migliorerà la salute dei cittadini cinesi ma forse potrebbe anche cominciare l’inversione nella crescita della febbre della Terra, se altri provvedimenti saranno presi dai governi dei maggiori paesi industriali. Tra questi c’è quello cinese, il quale, oltre appunto all’impiego di gas in sostituzione del carbone, ha altri programmi di sviluppo di sistemi di riduzione delle emissioni nocive per la popolazione e di contenimento della CO2, oltre ad un aumento dell’impegno nelle energie rinnovabili.

Va poi ricordato che tutto il carbone utilizzato in Cina è estratto dalle miniere del paese. Le condizioni di sicurezza dei minatori sono precarie e i morti sono una quantità inaccettabile: circa 4000 l’anno. Una minore richiesta di produzione forse potrebbe portare minor pressione sulle miniere e un calo degli incidenti, anche se, prioritario per questo scopo, è l’adozione di standard di sicurezza molto più elevati.

Un altro aspetto dell’accordo russo cinese riguarda L’Europa. La Russia copre circa il 30% del fabbisogno europeo di gas con i paesi dell’Est che ne dipendono totalmente mentre Germania e Italia sono gli altri grandi acquirenti. Nella crisi ucraina la comunità europea ha sicuramente tentato di usare questa fornitura per fare pressione su Putin, con l’aiuto degli Stati Uniti che hanno offerto la vendita del loro gas. La contromossa della Russia è abbastanza chiara e vincente: l’alleanza con un partner più forte e potente. Ciò non significa che è intenzionata a non dare più il suo gas agli europei, che restano il più importante partner commerciale, ma che non può essere oggetto di pressioni economiche che condizionino la sua politica estera. La comunità europea nell’immediato non può contare su forniture di gas americano che è di là da venire perché ha bisogno di infrastrutture e navi per il trasporto. È per questo che il consiglio europeo dovrà necessariamente affrontare il tema dell’energia definendo una politica comune, che diversifichi le fonti di approvvigionamento e di produzione e che tenga anche conto della necessità di riduzione delle emissioni per contribuire alla lotta al riscaldamento globale.

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