Alessandra Uguccioni
Novità alla Galleria Nazionale d'arte moderna

Studi d’artista

Domenico Morelli, Filippo Palizzi, Giacomo Balla, Ferruccio Ferrazzi, Marino Mazzacurati e Giuseppe Capogrossi: la Gnam di Roma “apre” i loro atelier

Dal 3 marzo il pubblico all’ingresso della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma viene accolto e coinvolto dalla sinuosa istallazione tubolare di acciaio ricoperto da una fibra colorata di rosso, opera dell’artista Paola Grossi Gondi. Si intitola Filo Rosso e si propone come un’opera senza inizio, né fine, archetipo della mente che sembra venire dal passato e rivolgersi al futuro, apparendo e scomparendo fra le pareti dell’atrio.

Questa è soltanto una delle numerose iniziative che si sono appena inaugurate nel Museo, ma non è una novità, malgrado la perdurante scarsezza di fondi, infatti, siamo ormai piacevolmente abituati alla ricca attività culturale della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Dopo l’importante riallestimento del 2011, voluto dall’attuale soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli, la Galleria ha cercato sempre più di avvicinarsi ai gusti e alle esigenze del pubblico promuovendo iniziative per adulti, studenti, famiglie, bambini. Oltre alle mostre, spesso pensate attorno alla collezione stessa del Museo, il pubblico è continuamente invitato a concerti, visite guidate, incontri, mentre per chi vuole rimanere comodamente seduto a casa davanti al proprio computer un tour virtuale assai dettagliato e aggiornato al 2013 consente di percorrere le numerose sale dando la possibilità, all’interno di ciascuna, di soffermarsi sulle singole opere.

gnam interni d'artistaSe l’istallazione di Paola Grossi Gondi invita alla riflessione sull’essenza stessa della vita e ci spinge a guardare al futuro, la mostra Interni d’artista organizzata da Massimo Mininni ci aiuta a contestualizzare alcune opere dei più importanti maestri presenti in Galleria. Domenico Morelli, Filippo Palizzi, Giacomo Balla, Ferruccio Ferrazzi, Marino Mazzacurati e Giuseppe Capogrossi ci invitano ad entrare nei loro studi, fra le loro opere, quasi tutte di proprietà della Galleria, tra pennelli e tavolozze, documenti, fotografie che ci conducono nel cuore della loro attività. La tavolozza di Balla ci racconta di lui assieme alle parole di Cangiullo che descrive lo scintillio della casa del maestro e lo studio «ingombro di quadri geniali, di costruzioni dinamiche, di svariate architetture diaboliche, fantastico di ogni magia…». Le opere di Palizzi ripropongono con un ordine diverso, tipologico e non cronologico, la composizione della sala inaugurata nel 1892 nella prima sede della Galleria, il Palazzo delle Esposizioni di Roma e che riproponeva idealmente il salotto privato dell’artista. Passando di studio in studio abbiamo proprio la sensazione di scoprire l’intimità e l’essenza della vita dei maestri.

Nelle riproduzioni dell’atelier di Morelli compare il bozzetto del dipinto Torquato Tasso legge la Gerusalemme Liberata a Eleonora d’Este, dipinto di proprietà della Galleria. Il racconto della capanna-studio di Ferrazzi nel grande orto preso in affitto sul terreno archeologico della Domus Aurea, fra gallinai, baracche, piccole fabbriche e l’Osteria dei Bontemponi ci rende partecipi del clima in cui l’artista realizzava le sue opere. «Pareva una piccola Repubblica – racconta il maestro nel ’43 – sembrava di vivere in una grande comunità… io stavo nel suo centro poetico, rispettato ed amato…». Così accanto agli artigiani, vicini di baracca, il suo studio veniva visitato dai suoi amici e colleghi, Ziveri, Capogrossi e Mazzacurati. Anche questi ultimi due aprono le porte dei loro studi fra le sale della Galleria. In particolare, oltre alle opere raccolte attorno allo spazio dedicato a Capogrossi, sono le foto di Ugo Mulas che ci aiutano ad entrare nell’atelier del maestro, dove notiamo le pareti coperte dai manifesti delle esposizioni, perché le uniche opere visibili nello studio erano quelle a cui stava lavorando, le altre, quelle abbozzate o terminate erano appoggiate a terra con il retro rivolto ai frequentatori, quasi fossero in castigo.

All’interno di questa mostra ha trovato posto anche l’installazione del palcoscenico teatrale di Alik Cavaliere con i Processi: dalle storie inglesi di Shakespeare, presentato alla Biennale di Venezia del 1972, vera e propria messa in scena di impianto elisabettiano, donato nel 2001 alla Galleria. Dagli studi del passato si passa a quelli del futuro attraverso l’ambiente multimediale, in cui un promo curato da Marcella Cossu e Silvana Freddo, ci invita all’interno di studi artisti contemporanei. Il progetto in futuro fornirà una mappatura degli ateliers romani da Canova fino ad oggi.

Alla curatrice Marcella Cossu si deve anche la eterea e spirituale esposizione delle opere dell’artista napoletana Isabella Ducrot che, attraverso le sue Bende Sacre, ci propone un percorso che si muove fra la pratica devozionale buddista e la religiosità interiore dell’artista stessa. Si tratta di bende di seta prodotte negli anni Cinquanta in Tibet e nel Ladakh utilizzate dalla Ducrot che ne evidenzia trame e ordito senza però distoglierle dalla originaria esistenza e dalla familiarità con il sacro.

Conclude queste recentissime iniziative della Galleria la piccola preziosa mostra dal titolo Ventisette artisti e una rivista, curata da Mariastella Margozzi. Si tratta dell’esposizione di quarantadue bozzetti realizzati da ventisette artisti per le copertine della rivista Mass Media tra il 1992 e il 1996.

Fondata nel 1982, al compimento del decennale il direttore Gino Agnese ne affidò il restyling a Bruno Munari. I tre bozzetti del fascicolo dedicato al decennale furono commissionati a Piero Dorazio e da allora in poi ogni copertina fu una rivisitazione artistica del quadrato, forma perfetta e imprescindibile logo della rivista stessa. In quei quattro anni le copertine furono così realizzate da alcuni fra i maggiori artisti del panorama internazionale, da Carla Accardi, a Kenneth Noland ad Alberto Burri che andando fuori tema, propose al posto del quadrato un rettangolo.

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