Danilo Maestosi
Un libro prezioso di Adelphi

Pensare con le mani

Le riflessioni sull'arte di Tullio Pericoli sono ghirigori di saggezza, suggestioni folgoranti attraverso le quali si può capire qual è davvero il rapporto tra immagine e pensiero

Pensieri della mano: molto più di un titolo quello che battezza il libricino Adelphi (128 pagine, 13 euro) distillato da una intervista in più tempi con il giornalista Domenico Rosa. È la chiave per penetrare nel singolare universo creativo di Tullio Pericoli. Grande illustratore che abbiamo imparato a conoscere sfogliando inserti culturali, copertine e supplementi di Repubblica: nei suoi ritratti vip a tutta pagina il volto di scienziati, filosofi, scrittori ci ritorna allo sguardo più vivo, intenso e intrigante che nelle interviste o nelle confessioni cui si accompagnano o fanno da sponda. Magistrale e isolato pittore di paesaggi che immortala su tele e tavole da oltre quarant’anni: le sue vedute catturano in reticoli di segni, graffi e colori terrosi l’istante che fa vibrare di poesia un panorama quasi sempre uguale di colline, alberi, campi arati, il tempo infinito di stratificazioni che ha alle spalle e persino, a volte il futuro altrettanto lungo di ferite ed abusi che dovrà affrontare. Ma anche artista capace come pochi di ragionare sul suo mestiere, trovare le parole giuste per dirlo, offrirci in modo semplice tracce e suggestioni da diario intimo e romanzo d’iniziazione perché la sua pittura parte da dove la scrittura si arresta ma continua ad evocarne la presenza come un vizio contagioso dell’immaginario.

tullio pericoli3Ecco, appunto, la descrizione del ruolo autonomo, da strumento pensante, della sua mano quando disegna o impugna un pennello. È la mano il tramite con cui Pericoli entra in contatto con lo spazio bianco, intuisce lo sviluppo della vicenda che gli si sta costruendo davanti, valuta passo dopo passo il suo procedere in gestazione. Ed è della mano che stimolato a riflettere sulla sua tecnica ci parla per prima cosa in questa intervista: «Se quanto detto mi porta a credere che la mano sia un essere dotato di una mente, devo impegnarmi a conoscere questo nuovo soggetto e a entrare in relazione con lui come fosse un individuo vero, un personaggio che farà parte del gioco. Devo esplorarne le capacità, conoscerne i difetti, gli automatismi, le sicurezze e le insicurezze, le predilezioni e infine anche la pigrizia… in modo da poter separare i movimenti pensati e voluti da quelli passivi e banali… impedire percorsi sciatti, inerti, privi di pensiero».

Muovendosi sul filo di questo mistero che ci lascia intravedere come il cuore segreto della pittura stessa e davanti al quale si arresta impotente, Pericoli ci consegna chicche di folgorante fascinazione. Sulla scoperta della linea, rivoluzionaria – osserva – quanto quella della ruota o del fuoco: «In natura non esiste la linea che contorna e definisce le cose. Credo sia stata uno degli avvenimenti più sconvolgenti per l’umanità… un salto mortale vertiginoso. Sia per il primo uomo che lo ha fatto che per il primo uomo che lo ha visto fare».

tullio pericoli2Sulla distanza dell’osservatore dal quadro come misura dello stato stesso dell’arte. «Turner e gli impressionisti ci hanno spinto all’indietro. Ci hanno allontanato dai loro quadri. Oggi l’osservatore si è allontanato dall’opera d’arte, o ne è stato allontanato, al punto che l’opera stessa non richiede più di essere vista, è sufficiente descriverla al telefono». Sulla direzione dell’arte: «Un po’ di anni fa gli artisti hanno cominciato a chiedersi dove andasse l’arte. Ma la domanda avrebbe dovuto essere “dove vado io?”. L’artista dovrebbe essere il primo a sapere se il suo linguaggio mente. E se le sue opere parlano sinceramente di lui parleranno anche del mondo cui appartiene». Sull’arte che rotto il rapporto con la committenza è diventata un gioco. «L’arte è stata alleggerita di una serie di incarichi: raccontare la Storia, mostrare i volti del potere o le immagini della religione, della filosofia, della cultura, del mondo in generale. Adesso non deve fare più nulla di tutto questo, quindi rischia di essere solo un gioco ognuno è libero di inventarne meccanismo e regole, tanto non dovendo rendere conto a nessuno, può agire in uno stato di infantile innocenza. Oggi molti artisti confidando in una sorta di impunità intellettuale, trattano, più o meno, i grandi interrogativi che l’uomo si è posto da quando è apparso sulla terra affidandosi ad una facile divulgazione nessuno controllerà seriamente quello che dicono e loto lo sanno. Dall’arena della competizione l’arte è passata al recinto dei giochi. Se un tempo si rischiava la morte artistica, se si doveva combattere, sporcarsi le mani ora nel box dei bambini si può fare quello che si vuole, non è richiesto niente, nessun confronto, nessuno scontro».

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