Anna Camaiti Hostert
Lettera dall'America

Nostalgia sovietica

Tutti chiamavano Putin il nuovo zar. Ma dopo il caso-Crimea è apparso chiaro che il suo modello è l'Urss con le sue asprazioni da superpotenza. Anche a Washington se ne sono accorti

L’aria si fa davvero tesa tra Stati Uniti e Russia. L’annessione della Crimea alla grande madre Russia ha provocato le ire non solo del presidente Obama ma anche dell’Europa. L’ultima telefonata tra il presidente americano e la Cancelliera tedesca è stata drammatica anche se ambedue hanno lasciato ancora qualche piccolo spiraglio alle mediazioni. Ma la cosa ormai è fatta. La Crimea è russa: «La Crimea è sempre stata parte integrante della Russia nei cuori e nelle menti della gente» ha dichiarato Putin di fronte a centinaia di parlamentari, governatori ed altri politici russi in un discorso che, secondo un copione che già il leader russo aveva previsto, è durato 47 minuti interrotto solamente da applausi, standing ovations e alla fine concluso dall’inno “Russia Russia” cantato con la mano sul cuore da tutti i presenti, incluso il presidente. Qualcuno nel pubblico, per aggiungere una sana dose di spirito melodrammatico alla situazione, si è asciugato anche qualche lacrimuccia.

putin crimeaE più tardi parlando sulla Piazza Rossa Putin ha ancora di più accentuato i toni affermando: «Dopo un lungo, duro e complesso percorso la Crimea e Sebastopoli sono tornate a casa, ai lidi nativi, in patria, in Russia». E poi ha enumerato una serie di lamentele da cahier de doleance  dirette quasi tutti contro gli Stati Uniti. Cominciando con l’alienazione della Crimea dalla Russia nel 1954, che certo non è dipesa dal nemico americano, è passato all’espansione della truppe NATO ai confini russi, alla guerra in Kossovo nel 1999 quando Putin ancora era uno sconosciuto alla corte di Yeltsin e infine alla vicenda della Libia culminata con lo spodestamento di Gheddafi  sulla base di quello che fu chiamato un intervento umanitario.

La sfida all’Occidente e il linguaggio di Putin ci riportano indietro nel tempo. Certo non c’è  da meravigliarsi di questo atteggiamento. Infatti già tempo fa il leader russo aveva dichiarato che le umiliazioni più grandi alla Russia erano venute dopo il 1989, dopo cioè la caduta dell’Unione Sovietica che egli stesso aveva definito «la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo». Accusando gli Stati Uniti di essere l’unica superpotenza che domina il mondo, Putin ha affermato poi «gli americani ci hanno truffato in continuazione, hanno preso decisioni a nostra insaputa presentandoci la situazione a cose fatte… E quando abbiamo provato a reagire ci hanno ripetuto sempre la stessa cosa “questo non vi riguarda”». La giustificazione di Putin all’annessione della Crimea viene fatta sulla stessa base dell’indipendenza del Kossovo dalla Serbia citando la sottomissione americana alla decisone del Tribunale della  Nazioni Unite che rivide la decisone nel 2009 e,  in affermazioni più recenti, sulla base della riunificazione della Germania. La situazione è delicatissima, gli equilibri molto precari . Anche perché’ l’Europa più che gli Stati Uniti hanno interessi correnti in Russia dovuti ai gasdotti che alimentano molti paesi europei e le sanzioni pertanto sono qualche cosa che li potrebbe gravemente danneggiare. Viene da chiedersi perché a Putin importi poco delle sanzioni già annunciate e forse ancora meno di far parte dei G8 da cui la Russia sarà probabilmente esclusa e a cui sembrava fortemente anelare .

caso crimea1La stampa americana d’altra parte dal Wall Street Journal al New York Times si pone serie domande tra cui se escludere la Russia dai G8 sia la cosa più giusta da fare e riporta inoltre le posizioni repubblicane che astiose nei confronti di Putin fanno anch’esse risuonare un linguaggio di altri tempi. Ma interrompere i già tumultuosi rapporti con la Russia sarà per gli Stati Uniti la cosa giusta da fare ? Obama e Putin erano stati sul punto della rottura già durante la crisi siriana che si era poi risolta diplomaticamente grazie ad un intervento obtorto collo  di Putin. Certo al momento è quasi impossibile non pensare in termini di Guerra Fredda. E anche se Putin non ha ancora fatto nessun riferimento preciso, ha certamente usato un linguaggio consono a quei tempi, sfidando l’ordine post-sovietico che è stato stabile per circa un quarto di secolo. Ha inoltre reso chiaro che la Russia è pronta a difendersi da ogni interferenza interna ed esterna. E per farlo gli argomenti e i termini sono davvero da Guerra Fredda.

Ha infatti messo in guardia contro tentativi esterni di provocare tumulti all’interno della Russia. Ha suggerito che i dissidenti interni saranno considerati traditori, un refrain che è stato diffuso nella società russa attraverso documentari propagandistici trasmessi dalla televisione di Stato. Sono inoltre state messe in atto disposizioni per mettere a tacere ogni tipo di opposizione mediatica o in internet. «Alcuni politici occidentali ci hanno già minacciato – ha affermato Putin – non solo attraverso le sanzioni, ma anche attraverso la possibilità di fomentare dissidenze interne: forse da parte di qualche quinta colonna o da vari traditori nazionali? O forse ci dovremmo aspettare che facciano peggiorare la situazione economica e pertanto provocare lo scontento popolare?». E se questo non è un linguaggio da Guerra Fredda, certo ci si avvicina molto.

obama crimeaMa cosa risponde l’America di Obama a questo attacco vecchia maniera? Un’amministrazione composta in gran parte da persone che generazionalmente di quel periodo sanno ben poco. La trattativa diplomatica è stata fino ad ora la strategia principale della Casa Bianca la quale viene criticata da molte parti per non mettere in atto una politica più aggressiva. Eric Cantor il numero due dei repubblicani afferma infatti che «gli Stati Uniti dovrebbero allargare il numero delle sanzioni e rivedere la politica estera verso la Russia». La prossima settimana i leader dei G7 dovrebbero decidere di revocare la partecipazione della Russia al meeting di Sochi in giugno suggerisce il politico. «Gli Stati Uniti dovrebbero stabilire il supporto militare per sostenere l’Ucraina e dovrebbero lavorare in concertazione con gli alleati NATO per rassicurare gli altri paesi minacciati dalla Russia» ha insistito Cantor. La Casa Bianca che respinge al mittente le critiche di essere troppo permissiva con la Russia, afferma che il predecessore di Obama, George W Bush, che aveva la reputazione di non fermarsi certo di fronte ad interventi militari fu completamente ignorato da Putin durante l’incursione in Georgia nel 2008. E dunque la sua amministrazione composta di “falchi” non ottenne grandi risultati con Putin.

La paura odierna della Casa Bianca risiede invece più nel fatto che i paesi limitrofi adesso hanno paura che Putin non si fermi alla Crimea. Il vicepresidente Biden è corso infatti in Lituania per riassicurarli. E infatti la presidente della Lituania Dalia Grybauskaite ha affermato preoccupata: «C’è un tentativo , attraverso l’uso della forza, di ridisegnare i confini degli stati europei e di distruggere l’architettura del dopoguerra in Europa». E certo Obama non è stato tenero nelle sue ultime dichiarazioni quando ha affermato che allargherà , come richiesto anche dal Parlamento e soprattutto dai repubblicani, le sanzioni a banche e a funzionari russi , minacciando che l’ escalation di questa vicenda porterà conseguenze gravi per la Russia. Ma di sicuro almeno al momento non c’è l’intento americano di impiegare mezzi e forze militari. In mezzo a tutto ciò i cittadini ucraini non sanno più chi sono, cosa fare e con chi stare. Qualcuno ha paragonato questa situazione all’8 settembre italiano e a giudicare dalle testimonianze sembra che il paragone non sia del tutto peregrino.

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