Giuseppe Grattacaso
Visto al Manzoni di Pistoia

L’eros di riserva

Torna in scena “Week end” di Annibale Ruccello con Margherita Di Rauso. E la forza dirompente di quella donna "a disagio" sembra perdersi nel tempo passato

Week end di Annibale Ruccello per la regia di Luca De Bei, andato in scena al Manzoni di Pistoia, è uno spettacolo che sembra essere sempre sul punto di suggerire una verità che penetri nella realtà in cui viviamo, illuminandola, fornendone un’irrinunciabile chiave di lettura. In effetti invece lo spettatore rimane sempre sospeso, intravedendo una soluzione che non riesce però mai ad afferrare. Nell’interno borghese, un po’ anonimo, che fa da sfondo alla vicenda, si respira un’aria greve, che le continue aperture della grande finestra che occupa un’intera parete non riescono a rendere meno pesante: dall’esterno anzi arrivano solamente i rumori ossessivi del traffico a fare da colonna sonora a un dramma che dovrebbe dirci qualcosa su quello che siamo e che invece rimane una faccenda privata della protagonista, una vicenda dolorosa ma in qualche modo a noi estranea.

Complice anche la scomoda vicinanza con la rappresentazione dell’eduardiano Le voci di dentro per la regia e l’interpretazione di Toni Servillo, sul palcoscenico dello stesso teatro solo una settimana prima, che rappresenta sul medesimo fronte della drammaturgia napoletana un termine di paragone troppo prossimo e impegnativo, la messa in scena del dramma di Ruccello appare fin troppo didascalica, non riuscendo a liberare le implicazioni del  testo, finendo anzi per ingolfarlo in un eccesso di sottolineature che appesantiscono la rappresentazione.

Tra la prima messa in scena del capolavoro di De Filippo, che risale al 1948, e la stesura della piéce di Ruccello intercorrono trentacinque anni, quelli per intenderci che hanno visto il tessuto sociale del nostro paese trasformarsi profondamente, la patina rurale di cui era ancora ricoperta la vita nelle nostre città rapidamente dissolversi, consegnando i centri urbani all’inarrestabile deteriorarsi dei rapporti umani, quasi ad essere fagocitati da una sorta di avanzante impero delle periferie. Le metropoli in particolare sono diventate teatro di un malessere collettivo, di una incapacità di comunicare, di un desolato quanto diffuso senso di solitudine. Di questo mutamento genetico e della crisi che esso determina parlano spesso, e con forza, i testi di Ruccello. Ma nel faccia a faccia determinato dalla programmazione del cartellone pistoiese è il testo di Eduardo ad apparire più attuale,  riuscendo ad addentrarsi con efficacia nella crisi che stiamo attraversando, che è depressione economica certo, ma anche disfacimento delle relazioni personali, fonte a sua volta di smarrimento e infelicità.

Week end racconta un fine settimana di Ida, insegnante di lingue che dal paese d’origine, della provincia di Napoli, si è trasferita in un’anonima periferia romana. Ida zoppica e vive con sofferenza e inquietudine il suo leggero handicap, così come la lontananza dal proprio paese. La sua insicurezza si riversa in una ricerca caotica del sesso e in una deriva violenta. Ma eros e brutalità sono forse frutto più della sua fantasia esaltata e nevrotica, che condizioni in grado di portare ad azioni reali. Quello che di impetuoso e morboso si vive sulla scena è forse proiezione onirica e non avvenimento concreto, è teatro insomma invece che vita.

Sta di fatto che il dramma di Ida non arriva mai veramente a scuotere lo spettatore. I possibili esiti del testo di Ruccello rimangono solo accennati, malgrado la protagonista Margherita Di Rauso sia brava a dare vita a un personaggio che ostenta certezze, ma che vive costantemente fuori asse la propria esistenza. L’interpretazione è solida, senza sbavature ma senza neppure particolari sfumature. Al suo fianco Giulio Forges Davanzati, nei panni di un atletico e rozzo idraulico, e Brenno Placido, che è il giovane studente a cui la professoressa impartisce lezioni private, svolgono i compiti loro assegnati con scrupolo scolastico.

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