Pier Mario Fasanotti
Consigli per gli acquisti

Elogio della lumaca

Sepúlveda dà metaforicamente voce a una creatura problematica, in cerca di risposte sulla lentezza della sua specie. Bruno Arpaia costruisce un affaire tra politica e camorra per il commissario Malinconico. Poi c'è Roma con i suoi luoghi dell'anima descritti da scrittori e poeti

La trappola. Il bravo Bruno Arpaia, nato a Napoli nel ’57, si cimenta con il genere noir. A parte qualche frase che concede troppo allo slang americano, riesce a costruire una trama, per nulla rigidamente canonica, che vede il commissario Malinconico, da poco trasferito alla “Mobile” partenopea, alle prese con il mistero (datato 1986) della morte di un uomo ucciso a causa di un apparente, quanto singolare, incidente stradale. Tutto questo, con risvolti enigmatici, è contenuto nel libro edito dalla Guanda e intitolato Prima della battaglia (183 pagine, 15 euro). La vittima, che lascia una bellissima moglie peruviana, stava inseguendo una pista che lo portava nel cuore della camorra e, più specificatamente, negli ambigui rapporti tra servizi segreti e delinquenza organizzata. La circostanza è quanto meno scottante, anzi delicatissima. Indagava su questo Andrea Rispoli, scrittore sacrificato da giochi più grandi di lui, ovverossia su connessioni pericolosissime. Il commissario Alberto Malinconico (di nome e di fatto) si appassiona al caso quando, improvvisamente, i suoi superiori lo spediscono in Messico alla ricerca, con l’ausilio di colleghi dell’Interpol locali, di uno dei tanti “scappati”: come Carmine Alfieri, Tommaso Buscetta. Parte per i Caraibi, appesantito dallo scetticismo.

primbagrandeMalinconico infatti confessa a se stesso: «Qualunque cosa faccia, ho sempre l’impressione di perdere». Sconfitto anche nei rapporti sentimentali, tanto è vero che la sua compagna Lidia lo rimprovera di tenere la sua «porta sempre socchiusa, mai spalancata» e di passare la vita «difendendosi dalla vita». In ogni caso capisce che la missione ha come scopo principale non tanto quello di scovare il latitante Michele De Rosa, quanto quello di abbandonare l’inchiesta sulla morte dello scomodissimo Rispoli, che scriveva tutto quel che concerneva l’immensa attività camorristica e i suoi intricati rapporti col potere (il tema, detto tra parentesi, è di forte attualità). Quindi un lungo viaggio per il commissario che, seduto sulla poltrona dell’aereo che lo porterà da Madrid verso il torrido e fastidioso Centro-America, fa questa confessione: «In certi casi, non c’è niente di meglio che liberarsi della propria volontà; il nostro desiderio più profondo è sempre quello di affidare il proprio desiderio a qualcun altro».

Il suo nuovo incarico, dopo la frettolosa, e politicamente significativa, archiviazione del caso Rispoli (affaire troppo delicato per insistere con indagini e informazioni: quindi il testardo Malinconico risultava un ostacolo per certi equilibri politici), comincia a presentare aspetti del tutto poco chiari. Ai Caraibi, Malinconico ha una relazione con una bizzarra turista francese alla ricerca di luoghi magici. Con lei percorrerà alcuni tratti di strada, tutti faticosi per il caldo eccessivo e un ambiente ostile. Tornerà poi in Italia con la ferma convinzione che la sua assenza da Napoli sia servita a insabbiare la curiosità intelligente e pericolosa di uno scrittore ammazzato sulla tangenziale. Il vero scopo della trasferta era proprio quello. Malinconico si ritroverà a passeggiare nella sua città. Solo e ingannato.

 

Piccole vite. Ancora un libro di non molte pagine, ancora un successo. Luis Sepúlveda (nato il Cile nel 1949 e naturalizzato francese) viene ricordato per alcune splendide opere tra cui Diario di un killer sentimentale, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore e l’indimenticabile Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, dal quale è strato tratto un film-cartoon che ha fatto il giro del mondo. E ha suggerito alla Guanda il titolo di una collana, “Le gabbianelle”, appunto. L’editore milanese ha da pochi giorni mandato in libreria un’altra storia (sempre con un titolo lungo): Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza (95 pagine, 10 euro). Sepúlveda è capace di scrivere sia per ragazzi sia per adulti. Dote rara. In questo caso parla di una lumaca problematica, nel senso che si pone questi quesiti. Uno: come mai la mia specie si muove così lentamente? Due: come mai ci chiamiamo tutte lumache, con il disagio di non possedere una propria identità? Le sue colleghe, chiamiamole così, sono scettiche quando lei va all’avventura per risolvere questi due problemi che sono poi il turbamento della sua vita. Quindi si allontana dal gruppo che si nutre di «saporiti denti di leone». E fa incontri interessanti. Per esempio il riccio e il gufo, e viene a scoprire che gli esseri umani stanno per mettere in atto, con una strada d’asfalto e un insediamento abitativo, un’autentica minaccia per sé e le sue amiche.

lumacagrandeMacina chilometri, ovviamente a un ritmo lentamente impressionante, comunque mossa da una grande fiducia. Vede di persona il micidiale asfalto che distrugge natura e animali e decide di dare l’allarme. Qualche lumaca, al suo racconto, non ci crede e la canzona. Altre la seguono verso la salvezza. Nel frattempo lei finalmente ha un nome tutto suo: “Ribelle”. Il gruppetto trova alla fine rifugio nel cavo di un grande tronco spezzato dalla furia degli elementi. Dopo un letargo forzato e tanta pazienza, le fuggiasche escono dalla cavità umida ma sicura e si trovano dinanzi a un pezzo di natura incontaminata, dove crescono le bocche di leone. Racconto affascinante e metaforico, non c’è bisogno di dichiararlo. Fonti sicure dicono che il libro (illustrato in parte) ha già venduto 300 mila copie. Se uno scorre la classifica dei libri stenta a crederlo. Ma queste classifiche sono davvero veritiere? Domanda giusta, attorno alla quale sono già state spese molte parole. Tutte non esaurienti.

 

La capitale. Quel che non si trova nelle normali guide si trova qui, nel Perdersi a Roma di Roberto Carvelli (Iacobelli editore, 254 pagine, 13 euro). Come si legge nella prefazione, questa opera, che effettivamente mancava, è una specie di Best of Roma, una compilazione di un percorso di paesaggi e luoghi del cuore. Una galleria di punti di vista, “un’avventura dell’anima” spesso nascosta nella nostra capitale. Comprende interviste a scrittori, sui loro quartieri e sul loro rapporto con la città. E ancora: «Le città dicono le persone e le persone parlano per interposta città». Facciamo qualche esempio. Pietralata, una volta zona sterile e abbandonata dai romani, una sorta di borgo degli esclusi, ovvero popolata di famiglie povere cacciate via dai vari quartieri capitolini per decisione delle autorità. Raccontava Elsa Morante: «Lo stesso regime (fascista, ndr) aveva provveduto frettolosamente a fabbricare per loro, con materiali autarchici, questo nuovo quartiere, composto di alloggi rudimentali fatti in serie, i quali adesso, benché recenti, apparivano già decrepiti e imputriditi». Sulla zona sud, il compianto Vincenzo Cerami scriveva: «Io mi ricordo che non si parlava di politica. È una zona che a me piace molto, è molto vera. Per me la vera Roma è quella che comincia fuori le mura. Lì ci sono i cittadini veri, che vivono veramente».

Perdersi a RomaNon mancano giudizi taglienti sull’intera città, come quello espresso dallo scrittore americano John Fante: «I romani facevano un caffè americano cattivo e le strade puzzavano di gorgonzola». Molto di parte, ma ne prendiamo atto, col dovuto riserbo (che è grande). Più benevolo, e giustamente veritiero fu Nikolaj Gogol: «Di Roma ci si innamora molto lentamente ma per sempre». Immaginifico Corrado Govoni: «Nelle terme di Caracalla/ vi colpisce un freddo strano e affascinante/ come un’entrata improvvisa/ di mille donne ignude». Il quartiere di Trastevere ha affascinato il poeta Rafael Alberti: «Mentre dormo/ le campane di Trastevere/ vanno e vengono nel mio sonno». La narratrice Sandra Petrignani, profonda conoscitrice di tantissimi angoli romani, racconta di non frequentare i posti «dove si fa musica e si consumano aperitivi “vestiti” deliziosi. Ho dei posti magici, come certi ponti, Garibaldi, Sisto. Mi piace da lì guardare la cupola quadrata della Sinagoga, che è una cupola sorridente».

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