Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

“They have a dream”

Celebrando i cinquant'anni dal celebre discorso di Martin Luther King, Obama ha rilanciato il sogno dell'uguaglianza. Anche contro il razzismo economico brandito dai Tea Party

Più volte è stato detto che la politica in America si è polarizzata e che i due grandi partiti, il democratico e il repubblicano, non sono mai stati così ideologicamente distanti e così veementemente l’un contro l’altro armati. Al di là di questa ormai risaputa considerazione è interessante tuttavia stabilire le direzioni che questa polarizzazione assume, perché’ sono molto cambiate negli ultimi anni.

martin luther king 2Il presidente Obama pochi giorni fa, ricordando i cinquanta anni trascorsi dalla dichiarazione di guerra alla povertà (The War on Poverty) di Lyndon Johnson, ha espressamente condannato le grandi disparità economiche che esistono in questo paese, ribadendo la sua volontà a riequilibrare la situazione. In corrispondenza con la festa nazionale che il 20 gennaio commemora Martin Luther King e il mezzo secolo del suo «I Have a Dream» il governatore dell’Illinois, Pat Quinn democratico e cattolico, facendo eco alle parole del Papa che ha espressamente condannato l’ampliarsi del gap tra coloro che hanno molto e coloro che si devono accontentare delle briciole, ha ribadito che la direzione principale da imboccare di questi tempi è proprio quella di un riequilibrio economico.

Il governatore che nel 2014 si appresta ad affrontare nuove elezioni ha scritto infatti sul Chicago Tribune che «la sfida maggiore dei nostri tempi è quella della giustizia economica e un minimo salariale giusto è di vitale importanza per rispondere a questa sfida… Come ha ribadito papa Francesco è un problema di valori. Siamo davvero una società capace di esprimere solidarietà o siamo invece diventati indifferenti? Nessuno deve lavorare 40 ore alla settimana e vivere in povertà… Troppi lavoratori che fanno lavori umili e lavorano a tempo pieno non sono in grado di mantenere le loro famiglie. E 6 su 10 di questi lavoratori sono donne tra cui molte mamme single. Se il minimo salariale avesse mantenuto il passo con l’inflazione sarebbe oggi di 10 dollari e 75 centesimi invece di 8,25. E a dispetto di quello che dicono molti critici, l’aumento del minimo salariale ha senso proprio sul piano del risanamento dell’economia. Perché? Perché permette una maggiore capacità di spendere e dunque una crescita economica. Secondo una stima della Federal Reserve infatti l’aumento a 10 dollari del minimo salariale  sarebbe in grado di generare una capacità di spendere annuale superiore di 2800 dollari rispetto ad ora… Un lavoratore che viene pagato con un più alto minimo salariale non starà certo a rimirare la sua cassaforte in banca. Appena avrà disponibilità, spenderà il suo salario velocemente e localmente. Un minimo salariale decente promuove il potere d’acquisto delle famiglie di chi lavora, fa crescere la produttività, mantiene la dignità, sprona l’economia. Per cui riflettendo sulla missione e l’eredità di Martin Luther King dedichiamoci di nuovo a raggiungere la sua visione di una società più giusta, capace di solidarietà e cominciamo proprio dall’aumento del minimo salariale».

È chiara dunque la direzione prioritaria verso cui marcia il partito democratico: una riduzione della forbice che separa le classi sociali e un riequilibrio dell’economia. D’altra parte, nel suo recente documentario Inequality for All Robert Reich economista, professore di economia ad Harvard e Berkely ed ex Ministro del Lavoro nel Gabinetto Clinton, presenta in modo oggettivo e  convincente come l’allargarsi del gap economico abbia un effetto devastante sull’economia americana. Attraverso questa prospettiva Reich spiega come il massiccio consolidarsi della ricchezza in poche mani minacci il mondo del lavoro in generale e le fondamenta della democrazia stessa.

All’obiettivo della giustizia sociale sembra aggiungersi tuttavia nel partito democratico anche quello che la presenza del primo presidente nero alla casa Bianca suscita nell’immaginario collettivo di un paese che ha conosciuto la segregazione: quello di combattere il razzismo. Purtroppo il suo spettro, che ha attraversato ambedue le ali parlamentari, non è scomparso. Ce lo ricorda il presidente Johnson che per far passare la sua legge sui diritti civili nel 1964 ha dovuto chiedere l’appoggio di alcuni repubblicani illuminati contro alcuni segregazionisti del sud, suoi compagni di partito. Anzi adesso quello spettro è più che mai presente. Ma se questa piovra estendeva i suoi tentacoli pienamente fino ai tardi anni 60 con propaggini che si allungavano sporadicamente ancora negli anni 70, adesso la situazione è cambiata diametralmente. C’è il primo presidente nero della storia americana. Proprio commemorando Martin Luther King in un pubblico intervento Obama, dopo avere detto che ci sono persone che hanno votato per lui solo perché era nero e altre che hanno votato contro di lui per lo stesso motivo, ha ricordato che solo mezzo secolo fa non si sarebbe potuto neanche sedere allo stesso tavolo di un bianco in un ristorante. Dunque, il cambiamento è avvenuto. Ma evidentemente non ancora completamente nella mente della gente, come le parole del presidente hanno messo in evidenza.

tea party racistCerto non in quella dei repubblicani che con la loro decisa svolta conservatrice a destra guidata dal ricatto dei Tea Party hanno combattuto e combattono aspramente tutte le proposte che vengono promosse e guidate dal presidente Obama: dalla riforma sanitaria che va in direzione di una copertura nei confronti di coloro che non possono permettersela, ad una più equa redistribuzione della ricchezza che possa determinare un aumento del reddito dei meno abbienti, ad un regime di tassazione che faccia pagare tasse più alte a chi più ha. I repubblicani sono contro tutti i programmi governativi di welfare che possono aiutare coloro che hanno i salari più bassi e che si trovano in una condizione disagiata. Non aiutano in questo modo a riequilibrare l’economia e far ripartire il paese verso una ripresa. Sono contro un aumento del minimo salariale, sono contro un mantenimento dei livelli attuali di Medicaid, il sistema sanitario che assicura l’assistenza ai meno fortunati, sono contro i cosiddetti food stamps che assicurano  il cibo ai più poveri attaccandosi al fatto che ci sono stati abusi nei vari settori. Inutile ribadire che la maggior parte di coloro che usufruiscono di questi programmi governativi sono neri o appartenenti alle minoranze etniche.

E i repubblicani sono soprattutto contro un aumento delle tasse per i più ricchi, dimenticando il fatto che il presidente che istituì un regime di tassazione veramente oneroso per i più abbienti fu proprio un repubblicano: il presidente Eisenhower. Accusano Obama di praticare una politica socialista, di volere distruggere le fondamenta di questo paese e di volerlo portare alla rovina. Ma se questo non è razzismo allora cosa è?

Facebooktwitterlinkedin