Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

Natale di guerra

Nelle città Usa si torna a spendere e a festeggiare con grandi addobbi il Natale: forse la crisi è passata. E allora torna il primo piano l'angoscia per chi non, perduto sul fronte ancora aperto in Afghanistan

È Natale. In un’America quasi immobile sotto la coltre di un gelo polare, ormai le decorazioni festive sono dappertutto, i negozi sono affollati con vetrine lussuose e invitanti. Tutto aperto anche la mattina di Natale. La gente si affanna per gli ultimi regali. L’economia sembra riprendere almeno a giudicare dagli ultimi sondaggi. Ma l’America è un paese che a dispetto del ritiro dagli ultimi fronti ha truppe dispiegate in Afghanistan. E con esse ancora una grande ferita aperta. In questi giorni di vacanza brucia ancora di più.

Ci sono canali radiofonici che trasmettono ormai da settimane solo musiche e canzoni natalizie intramezzate da messaggi dei soldati al fronte che non potranno tornare a casa per Natale e che salutano le famiglie. Anche sui maggiori canali televisivi appaiono militari che fanno gli auguri natalizi e che non aspettano altro che di tornare a casa. Ma alcuni di loro non ce la faranno. Come è successo ai sei soldati il cui elicottero è stato abbattuto alcuni giorni fa in Afghanistan. Nel 2013 sono morti in quel paese 125 soldati, mentre nel 2012 310. L’anno peggiore è stato tuttavia il 2010 con 499 vittime. Tutti giovanissimi. L’ultimo, ieri, aveva 19 anni. Viene fatto di pensare alle loro famiglie che il giorno di Natale saranno senza i loro cari o a quei genitori che dovranno affrontare i preparativi per i funerali più innaturali del mondo: quelli dei loro figli. Sul Los Angeles Times Paul Whitefield ha scritto alcuni giorni fa un articolo di fuoco in cui si chiede quale sia ad oggi il proposito di tenere truppe dispiegate in Afghanistan.

«Ma davvero non si è imparato niente dalla lezione del Vietnam? O più recentemente dal bombardamento delle baracche dei marine del 1983 a Beirut o dal Black Hawk Down del 1993 in Somalia o infine dalla madre di tutti gli errori: l’invasione dell’Iraq del 2003? No, combattiamo in Afghanistan perché è quello che facciamo sempre, perché siamo facilmente sedotti dall’idea che questa volta se usiamo la strategia giusta, se stiamo più lungo e se proviamo nuovi metodi di fare la guerra funzionerà. Ebbene no, non ha funzionato e non sta funzionando. È semplicemente un miraggio per le allodole. Certo ce ne andremo dall’Afghanistan, stiamo già negoziando un accordo con il governo di Karzai, un accordo che lui non vuole e che a noi non piace. Ma non tutte le truppe se ne andranno… Ci siamo arrivati nel 2001 per cacciare i talebani. Poi non avendo imparato niente dalla nostra storia e da quella di questo paese siamo rimasti spendendo i soldi dei contribuenti e sprecando vite umane in un paese che è stato sempre capace di respingere i suoi invasori sin da Alessandro Magno. Adesso ci sono le vacanze, ma per almeno sette famiglie qui in America sarà il peggiore Natale che abbiano mai trascorso». Senza contare quello delle famiglie afgane che hanno perduto e continuano a perdere i loro cari sotto le bombe e nei combattimenti quotidiani.

C’è stato tuttavia proprio in questi giorni un piccolo episodio di affetto che risolleva il morale e che può essere definito un esempio da manuale di quei Visual Studies, che servono a decifrare cosa accade nella nostra società delle immagini. Ma soprattutto costituisce un esempio creativo di affetto e di amore. In internet ha fatto il giro del mondo. Una coppia americana lui militare in Afghanistan, il sergente Daniel Perdue, lei sua moglie Christina nella contea di Werchester dello stato di New York hanno costruito attraverso un montaggio fotografico, ognuno reggendo la metà di una grande cartolina di auguri di Buon Natale, un biglietto gigante a distanza, come se fossero l’uno accanto all’altro. Su Facebook la signora Perdue ha scritto: «Sicuramente la nostra famiglia non sarà riunita per Natale, ma abbiamo trovato il modo di essere insieme attraverso questo piccolo montaggio fotografico. Abbiamo studiato molto su come prepararlo e speriamo che tutti voi possiate godere di questo piccolo trucco e forse metterlo in pratica anche voi». La signora Perdue che ha scoperto questo stratagemma online ha spedito al marito la sua metà del poster con le istruzioni su come mettersi in posa per coincidere con la sua altra metà. Poi con un app dell’ iphone ha combinato digitalmente le due metà della foto. E oplà.

«Su cinque anni che mio marito è al fronte ne abbiamo passati solo due insieme. Il fatto di essere lontani non diventa più facile con il passare del tempo, anzi. Spero che questo piccolo passo possa aiutare altre famiglie nelle nostre condizioni. Con questo piccolo gesto abbiamo voluto dimostrare che la distanza non è un ostacolo all’amore e che nessuno dimentica i soldati al fronte…In questo modo la nostra famiglia si è sentita unita, ai nostri amici l’idea è piaciuta tantissimo e in Internet ha imperversato». Auguri a tutti!

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