Angela Di Maso
Dopo il concerto all'Augusteo di Napoli

Fenomeno Einaudi

Il pianista divide pubblico e critica: chi lo ama alla follia e chi lo detesta. Ma il suo successo non conosce soste. Cerchiamo di capire perché

Sold Out! Questo l’avviso segnato su tutte le tappe – italiane e internazionali, e nei teatri più illustri –  di In a time lapse, il tour concertistico di Ludovico Einaudi, pianista e compositore riconosciuto tra i migliori nel mondo. È stato infatti nominato nell’aprile 2013 dal Ministro della Cultura e della Comunicazione della Repubblica Francese come “Chevalier de l’ordre des arts e des lettres” (Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere); unico artista italiano ad esibirsi agli Itunes Festival, e nominato ai “Classical Brit Awards” per miglior disco dell’anno e miglior compositore. Una garanzia! Eppure, molti sono i musicisti che ne disconoscono i meriti, considerando lui e Giovanni Allevi, fin troppo sopravvalutati. Ma tra Einaudi e Allevi, sinceramente, non paiono possibili paragoni: Einaudi conosce bene il pianoforte e sa suonarlo. Inoltre è una persona schiva e seria, chiuso nella sua musica, apprezzabile o meno, che non simula espressioni inebetite alla David Helfgott, (quest’ultimo pianista geniale ma mentalmente, e realmente, labile), per attirare compassionevole pubblico.

Ma chi è Ludovico Einaudi? E come è nata la sua fortuna? I suoi sono nobilissimi natali: figlio dell’editore Giulio Einaudi e nipote di Luigi, Presidente della Repubblica dal 1948 al 1955, dopo il diploma in pianoforte conseguito al Conservatorio “Giuseppe Verdi”  di Milano, si iscrive alla classe di composizione, diventando l’allievo di Luciano Berio. Ho scritto Berio, non pinco pallino! Non ama la musica classica, né l’essere categorizzato in tale. Si interessa di jazz e rock, ma punta l’orecchio alla musica minimal, new age, ambient ed elettronica, fino alla passione per l’etnomusicologia. Compone per il teatro e per il cinema. E proprio grazie a quest’ultimo e all’incontro con registi acclamati come Nanni Moretti, di cui musica il film Aprile; Giuseppe Piccioni, (Luce dei miei occhi); Roberto Andò (Sotto falso nome) e tanti altri, fino al fortunatissimo film “Quasi Amici” di  Olivier Nakache e Éric Toledano, vincendo addirittura un disco di platino, Einaudi schizza in vetta alle classifiche mondiali. Album come Le onde, (ha venduto più di 300.000 copie, vincendo il disco d’oro) e Nightbook, lo consacrano!

Eppure, continua a non piacere né a convincere! Molti addetti ai lavori, dicono che Einaudi taglia, copia e incolla dai grandi compositori e poi rivende il prodotto per originale. Nulla di nuovo all’orizzonte: questa oramai è prassi abbondantemente abusata in ogni disciplina artistica. Si pensi per esempio ai tanti che si spacciano per nuovi drammaturghi. Quasi tutti un bluff! Max Richter è usurpato! Arvo Part vuole i diritti d’autore! La troppa notorietà ha invece protetto dal plagio Philip Glass! Insomma, l’originalità di Einaudi consiste nel rimescolare in melodie ondulatorie in continuo movimento, con improvvise accelerazioni e altrettante sospensioni, temi, se non tutti già noti, armoniosamente melodici, larmoyant, emotivamente accattivanti e musicalmente – con i grandi finali orchestrali “alla Rossini” – di grande impatto sonoro. La chiusa non è mai in tonica: tutto rimane sospeso nella dominante. In un continuo leitmotiv (non ce ne voglia Wagner!).

Nel suo concerto più recente –visto pochi giorni fa al Teatro Augusteo di Napoli – ideato con un disegno luci che dona ancora più valenza e spettacolarità ai suoni ancestrali ed elettronici prodotti, Einaudi si avvale di una ensemble strepitosa, formata da orchestrali – classici – bravissimi: mai una stonatura né un attacco in ritardo. Matematicamente perfetti! Ma niente! Non convince ancora! La sua musica è ripetitiva: un’unica cellula melodica, ripetuta all’infinito (pratica usata in musica orientale), in altezze diverse, leggermente variata, presentata dal pianoforte e poi data in pasto a tutti gli strumenti presenti. Una esposizione minima; uno sviluppo accennato ed un finale roboante ad opera dell’ensemble. Haydn, Mozart e Beethoven, i maestri della forma-sonata, avrebbero molto sofferto ad un simile ascolto. Inoltre ogni brano sembra essere uguale all’altro e questo perché è composto ed eseguito con eguali crismi. Einaudi è riconoscibilissimo. Ma anche Ennio Morricone lo è, soprattutto per come orchestra gli archi. Il paragone non sussiste: Ennio è Ennio! Tutte chiacchiere. Sold Out ovunque. Milioni di dischi venduti. Pubblico ipnotizzato. Grida e richieste di bis manco fossimo al concerto degli Pink Floyd. Ludovico Einaudi piace! No! Non piace! Forse. Bisogna decidersi!

Uno studente in una delle sue ultime lezioni tedesche, chiese al filosofo Martin Heidegger come scegliere se amare Dio, o meno. Heidegger rispose che… «è una scelta di cuore, non di cervello».

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