Francesco Arturo Saponaro
Riccardo Muti al Teatro dell'Opera

Ernani trasfigurato

La bacchetta del Maestro napoletano raggiunge inediti traguardi nell'opera di Giuseppe Verdi che ha inaugurato la stagione romana: oltre la solita tinta energica a cui siamo abituati, un caleidoscopio di sottigliezze, di pianissimo, di sfumature, di morbidezze nei colori e nel fraseggio rivelano pieghe e chiaroscuri mai colti in precedenza

Il calore dei lunghi applausi, alla fine della recita, da sé testimonia l’emozione del pubblico del Teatro dell’Opera, solitamente tiepido e frettoloso, di fronte all’allestimento dell’Ernani diretto da Riccardo Muti. E, in sala, la consapevolezza dell’evento è palpabile, per uno spettacolo di altissima qualità, che ha segnato l’inaugurazione della stagione 2013-1014. Quest’Ernani si aggiunge, coronando le celebrazioni per il bicentenario del grande operista, agli altri titoli verdiani – Otello, Macbeth, Nabucco, Simon Boccanegra, I due Foscari, Attila – proposti in questi anni da Muti, in esecuzioni memorabili, sul palcoscenico romano. Un contributo importante alla qualificazione della fondazione lirica capitolina, sempre in discussione sia nelle capacità artistiche, sia nella gestione ammnistrativa.

Quinto melodramma composto nel 1844 da Giuseppe Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave per La Fenice di Venezia, Ernani ha goduto di straordinaria fortuna esecutiva nell’Italia del secolo XIX, anche per la sua carica libertaria e irredentista, che esplode al terzo atto nel celebre coro Si ridesti il leon di Castiglia, subito divenuto uno degli inni preferiti nell’epopea risorgimentale. Nel secolo scorso, e ai nostri giorni, è scivolato invece fra i titoli meno frequentati. La fonte letteraria è nel dramma di Victor Hugo (1802-1885), Hernani o L’onore castigliano, pubblicato nel 1830 e ben presto conosciutissimo come modulo teatrale del romanticismo francese. Nella stesura del libretto, Verdi sorveglia attentamente Piave (1810-1876), e interviene largamente a definire la scansione drammaturgica del testo, e il relativo adattamento alle idee musicali.

opera-ernaniLa trama dell’Ernani si svolge nella Spagna del 1519. Don Giovanni d’Aragona, divenuto fuorilegge nei panni di Ernani, per vendicare l’uccisione del padre guida una rivolta contro Carlo, re di Spagna. Ernani è innamorato di Elvira, promessa però allo zio, don Ruy Gomez de Silva, grande di Spagna; ma anche Carlo è innamorato di Elvira. La rivolta di Ernani fallisce, e il giovane si rifugia proprio nel castello di Silva. Sopraggiunge Carlo, che riesce a portare via con sé Elvira, in procinto di essere forzosamente unita in matrimonio al vecchio aristocratico. Ernani rivela a Silva che il re è innamorato della giovane, lo esorta a vendicarsi, e ad affiancarsi a lui nei piani di vendetta. Silva acconsente, ed Ernani garantisce il patto consegnandogli il suo corno da caccia: quando Silva vorrà la morte di Ernani, suonerà tre volte nel corno, e allora il giovane si toglierà la vita. Intanto Carlo, divenuto imperatore col nome di Carlo V, perdona i congiurati, e concede Elvira in sposa a Ernani. Durante la festa di nozze, però, a un tratto si odono da lontano tre suoni di corno. Ernani, dopo avere invano tentato di commuovere Silva e di farlo recedere dalla sua crudele pretesa, si uccide, fedele alla parola data.

Il nuovo allestimento dell’Opera, in coproduzione con Sydney Opera House, ha affidato l’ideazione di regìa, scene, e costumi (sontuosi e bellissimi) a Hugo de Ana. Cura dei minimi dettagli, uso di soluzioni multimediali, più volte movimenti di masse a mo’ di tableaux vivants. È il personale, e spettacolare, linguaggio dell’artista argentino che, come ambiente scenico, ha disegnato uno spazio monumentale, in linea con il suo gusto, e anche con la Spagna cinquecentesca della vicenda, collocata all’epoca stessa degli avvenimenti. Ecco incombere, quindi, l’alto prospetto di una magione aristocratica, semidiroccata, e via via arricchita di significati da luci, firmate da Vinicio Cheli, e proiezioni. Per la sua complessità, è una scena unica in tutta l’opera; lo scorrimento orizzontale dei materiali permette l’avvicendarsi di spazi aperti o chiusi, pubblici o privati, ulteriormente definiti da simboli varî.

Ma il valore straordinario di quest’edizione si deve alla bacchetta di Riccardo Muti, che sa trarre risultati stupefacenti da orchestra e coro, quest’ultimo ottimamente preparato da Roberto Gabbiani. La concertazione del direttore napoletano conduce i complessi artistici dell’Opera a inediti traguardi, lumeggiando, in diversi momenti, pieghe e chiaroscuri mai còlti in precedenza; tanto che, alla fine, si prova addirittura la sensazione di aver ascoltato quasi un’opera nuova, tale è la tavolozza di sfumature che Muti porta in superficie. E dire che il precedente allestimento di Ernani a Roma, nel marzo 1989, fu diretto dal grande Pippo Patanè, ottimo direttore scomparso solo due mesi dopo, sul podio di Berlino… Ma, in questa lettura attuale, e dopo un tale lavoro di cesello, la musica di Verdi appare trasfigurata: non più soltanto, come quasi sempre si ascolta, la costante tinta energica, che pure c’è quando occorre, ma un caleidoscopio di sottigliezze, di pianissimo, di sfumature, di morbidezze nei colori e nel fraseggio, che rendono al suono di Muti il dovuto corpo, e insieme un profilo vaporoso e pieno, duttile e pulsante. Un suono che avvince il pubblico in un clima di attenzione tesa, silente, impalpabile.

Merito anche della compagnia di canto, omogenea su livelli molto elevati. Il tenore Francesco Meli, Ernani, dà al suo personaggio una vocalità appassionata che bene esprime sentimenti giovanili e slanci di eroismo, alla larga da eccessi retorici. Nel ruolo di Carlo, figura dai contorni molto complessi, si è convenientemente disimpegnato Luca Salsi, baritono, mentre il basso Ildar Abdrazakov ha conferito a Silva un’esemplare dimensione vocale e interpretativa, assolvendo egregiamente al peso drammatico della sua parte. Ben assecondata dalla sicura calma di Muti nelle perigliose colorature del personaggio di Elvira, e nonostante l’asprezza di qualche acuto, il soprano Tatiana Serjan ha risolto il proprio ruolo con decisa musicalità. Meritano la citazione, infine, gli eleganti movimenti mimici, nello stile dell’epoca, messi a punto da Leda Lojodice. Repliche martedì 10 e giovedì 12 alle ore 20, fuori abbonamento, e sabato 14 dicembre.

 

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