Erminia Pellecchia
La quarta edizione di “Coreografia d’arte”

A ritmo di Man Ray

Si ispira ad “Anatoms”, cartella di 11 acqueforti, il balletto della compagnia Opificio delle Trame che ha inaugurato nei giorni scorsi il festival milanese dedicato a Emilio Tadini. Altre contaminazioni tra danza e pittura in molti, invoglianti appuntamenti (fino al 21 dicembre): da Boetti a Picasso alle proposte dei più giovani

Una sinuosa suggestione, un turbamento più che una presenza fisica, i segni galleggiano, vorticano nello spazio in curve morbide che agitano pensieri, creano emozioni. Sono invenzioni cerebrali i nudi di Anatoms, le acqueforti in cui Man Ray, l’innamorato delle donne, proietta sul foglio neutro l’idea del corpo femminile, tradotta in linee pure che si muovono in una danza libera, in una seducente astrazione dell’eros. «Io non cerco, immagino», dice l’anarchico artista dall’anima di pittore e dalla mente di fotografo. Federicapaola Capecchi, fondatrice della compagnia Opificio Trame e anima dello Spazio Tadini di Milano, è partita da questa citazione per dare vita al Dancing with Man Ray con il balletto In quarta persona, che ha inaugurato, il 29 novembre, l’edizione 2013 di “Coreografia d’arte” nella Casa Museo di via Jommelli intitolata al pittore, scultore e critico d’arte Emilio Tadini.

«Indago lo spazio come elemento fisico e concettuale, intrinseco all’arte, e come elemento per vedere la natura vera delle cose» – spiega la danzatrice e coreografa. «Psicologia, amore, erotismo, danaro, potere, disillusione, dolore, morte, politica, preghiera: sono i temi di Man Ray, l’arte, qualsiasi tipo di arte, non può ignorarli, perché sono espressione essenziale di ogni società. L’artista ha la necessità di essere testimone del proprio contemporaneo, di riversare un pensiero, comunicarlo, prendere posizione». Le fa eco Francesco Tadini, ideatore con lei della rassegna nata con lo spirito di interazione tra i diversi linguaggi artistici: «Nella nostra visione, l’unico rimedio alla perdita d’identità dell’uomo-mutante è la riconquista del terreno perduto: le armi sono la ricerca e la creatività, lo spostamento di un limite, la ricerca della libertà. L’atto concreto è la scena artistica, senza confini, qui e ora, nell’assunto di questo presente e di questo spazio».

Quest’anno il festival si avvale della collaborazione con la Fondazione Marconi che, per la sezione “Omaggio ai grandi maestri”, ha messo a disposizione, appunto, le undici, mai esposte a Milano, acquetinte di Man Ray della cartella Anatoms. A far da cornice agli spettacoli di teatro-danza – si snoderanno fino al 21 dicembre – anche un disegno erotico di Pablo Picasso e alcune tavole originali scelte dalla cartella Insicuro Noncurante di Alighiero Boetti, complice l’editore Rinaldo Rossi, fraterno amico di “A. e B.”. Accanto a questi capolavori storicizzati si materializzano poi dipinti, sculture e installazioni dei giovani artisti Patrizio Vellucci, Lucio Perna, Laura Zeni, Isa Locatelli, Alessandra Angelini, Pier Toffoletti e Maria Cristina Carlini e il “dedicato” a Emilio Tadini che attinge al patrimonio di opere della fondazione milanese.

È possibile danzare la pittura? Il Novecento appena trascorso ci racconta di sfide possibili come quelle di Marta Graham con Picasso e dello stesso Picasso con i Ballets Russes di Djagilev. «Vogliamo esplorare la contaminazione di generi e sottolineare il rapporto che c’è tra danza e pittura, o meglio tra danza e pittore», conferma la Capecchi. «Accade all’estero, nei grandi atelier, da tempo. In Italia siamo gli unici a proporre opere d’arte come fonte di ispirazione per i coreografi e a esporle soltanto durante le loro rappresentazioni. Ogni ospite viene sollecitato e interpellato, facendo suo il nostro progetto col proprio percorso umano e artistico».

Tra le affinità elettive ecco la factory AcquasumArte di Pavia (Maurizio Capisani, Francesco Cimino, Sabrina e Sonia Conte) in dialogo con Boetti ne Le felici coincidenze, uno studio teatrale nel rarefatto labirinto di numeri e figure che cerca di decifrarne i rebus, di cogliere le corrispondenze e risonanze di un mondo di geometrie dai molteplici sensi, di evocare la magia di un tempo dove forse gli uomini erano più vicini agli dei. La venezuelana Soraya Pérez, fondatrice con la scrittrice, musicista e regista Edy Quaggio della “Compagnia dei Transiti”, si è ispirata, invece, a La Casa de los Nardos di Picasso: la genesi di una donna, della donna archetipa, dalla divisione della prima cellula alla costruzione di un’identità, passando dalla dualità Animus/Anima, maschile/femminile, Terra/Cielo. «Lo sguardo della donna che vive nella casa delle tuberose – dice la danzatrice – ha in sé la forza, la dolcezza, ma anche l’ambiguità di chi ha percorso un lungo cammino; è uno sguardo che si lascia guardare come fosse uno specchio che riflette domande».

Poi i giovani: la compagnia Sisina Augusta danza Vellucci, Valentina Versino si confronta con Pier Toffoletti, Andrea Zardi e Riccardi Meroni con Laura Zeni, Maktub Noir/Pietro Pireddu con la Angelini, Lorenzo Meid Pagani con Lucio Perna. Per l’omaggio a Emilio Tadini, «lo scrittore che dipinge, il pittore che scrive», come lo definì Umberto Eco, torna l’Opificio Trame con uno studio sulla sua pittura. Novità di questa quarta edizione di “Coreografia d’arte” è, infine, la serata “Ospite d’onore” (20 dicembre) che debutta con Daniele Ninarello, vincitore con la prima creazione di compagnia “Trois Corps” della menzione speciale Dna Romaeuropa Festival a premio Prospettiva Danza 2012. Il coreografo torinese presenta lo spettacolo Non(Leg)Azioni, rielaborato alla luce delle sculture di Maria Cristina Carlini.

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