Nicola Fano
Intervista a Carlo Cecchi

«Liberate il Valle!»

«In nessun paese civile si lascerebbe un teatro fra i più antichi, fra i più belli, nelle mani di un piccolo gruppo di persone che potrebbero gestire, al massimo, un centro sociale». La rabbia e lo sconforto di un grande artista

«L’occupazione del Teatro Valle? In nessun paese civile si lascerebbe un teatro fra i più antichi, fra i più belli nelle mani di un piccolo gruppo di persone che potrebbero gestire, al massimo, un centro sociale»: Carlo Cecchi è chiarissimo. Interrogato da Succedeoggi sulla questione “Valle occupato” non si nasconde dietro all’attendismo o – figuriamoci! – dietro al bon-ton salottiero (come tanti altri…). No. Dice le cose come stanno: «Non è nemmeno uno scandalo, per la semplice ragione che è lo specchio di un Paese allo sfascio».

Tra i tanti paradossi che sorreggono l’occupazione del Teatro Valle ce n’è uno particolarmente odioso: si vuol far credere che tutti i teatranti siano dalla parte degli occupanti (che vantano premi e presenze strabilianti in ogni circostanza) ma poi a grattare la crosta della propaganda si scopre che non è così. Basterebbe dar voce a chi dissente per rendersene conto. E invece si ha l’impressione che gli occupanti del Valle dispongano soprattutto di buoni esperti di comunicazione: sono riusciti a far tacere le critiche e far arrivare all’opinione pubblica solo i “premi”.

Continua Carlo Cecchi: «Il teatro, come dice Amleto, rispecchia la realtà. Anche l’occupazione del Valle rispecchia la nostra realtà: riflette le ultime luci di un tramonto già avvenuto. Il tramonto dell’Italia ormai sprofondata nell’inciviltà, nell’immoralità». Al punto – aggiungiamo noi – che diventa difficile pure capire da che parte stia la ragione. È incredibile che si debba alzare la voce per spiegare che le regole servono soprattutto per garantire che tutti abbiano le stesse opportunità. Consentire che qualcuno impunemente violi le regole, prima ancora d’essere un reato, è un attentato all’idea stessa che tutti debbano avere le medesime possibilità.

E allora, che cosa si dovrebbe fare del teatro Valle?, domando a Cecchi. «Che domande! Che cos’è un teatro? È un luogo dove gli attori recitano e dove il pubblico va a vedere spettacoli. Il teatro Valle deve semplicemente tornare ad essere un teatro aperto agli attori e al pubblico. Certo, nulla più mi sorprende, in Italia, ma è grave che le istituzioni – l’amministrazione di Roma, prima di tutto – consentano questa situazione. La verità è che nel precipizio della morale italiana, l’occupazione del Valle è un simbolo: un’avanguardia che precede addirittura la realtà. È il segno concreto che l’Italia andrà sempre peggio».

L’allarme, ma direi anche lo sgomento indignato di un grande artista come Carlo Cecchi è molto, molto diffuso e condiviso. Più di quanto non appaia sui giornali di carta e inchiostro che ormai, da tempo, hanno perso copie e capacità di interpretare la realtà. Ecco: sarebbe compito delle istituzioni (e delle forze politiche) ascoltare questo allarme e questo sgomento indignato. O no?

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