Pier Mario Fasanotti
Apre una Buchmesse in tono minore

Leggete più libri!

L’Italia è al 23esimo posto su 30 nella classifica internazionale delle nazioni dove il tasso di lettura è più alto. Ma in vetta ci sono India, Thailandia e Cina. Morale: la crisi pesa troppo sui libri

Il clima editoriale è in sintonia con il clima economico. La 65esima edizione della Fiera del Libro di Francoforte (Buchmesse, in tedesco), che apre ai visitatori dal 9 al 13 ottobre, ospiterà gli stand di 7300 espositori da 90 diversi paesi. Questa volta l’ospite d’onore è il Brasile. Gli editori italiani presenti all’appuntamento tedesco sono 220. Rispetto all’anno precedente c’è un calo di circa il sette per cento. È la prima volta che per noi si verifica la flessione.

Inevitabile, dicono un po’ tutti, visto che da noi, che forti lettori non siamo mai stati, il libro è un oggetto che è ai primi posti tra quelli sacrificabili a causa della crisi economica e del drastico calo dei consumi. Vale per i libri come vale, molti lo sanno, per i giornali, parecchi dei quali sono “in stato di crisi”. È doloroso constatarlo, ma è così: anche coloro che acquistano regolarmente libri – per passione pur non essendo particolarmente agiati – da un po’ di tempo si vedono costretti a fare delle scelte radicali. Se un tempo gli appassionati della carta stampata erano, per così dire, disinvolti nelle librerie, ora esitano dinanzi a varie tentazioni di lettura e alla fine quel che decide per loro non è solo il minor potere d’acquisto, singolo e delle famiglie, ma anche le incertissime previsioni sulla crescita economica italiana.

Un meccanismo anche psicologico, simile a quello che si verifica nei fine settimana o nei “ponti”: se le previsioni meteo virano sul grigio o sul nero, scatta sovente il dietrofront, e così si disdice la prenotazione in albergo (tanto è vero che ormai molti albergatori sono proprio arrabbiati contro i vari servizi meteo, soprattutto quelli poco attendibili).

È ormai da tanti, anzi tantissimi, anni che gli italiani si fanno notare negativamente nelle classifiche mondiali concernenti il tasso di lettura. Varie campagne pubblicitarie a sostegno del libro pare che non raggiungano il bersaglio giusto, ossia quelli che di fronte alla carta stampata hanno quasi un’innaturale diffidenza. Si accampano sempre le medesime giustificazioni: poco tempo libero a disposizione – questa è una gran bufala – scarso interesse, attenzione, in forte aumento, rivolta verso la televisione e il web.

Secondo l’ultima indagine dell’agenzia Nop World, nel nostro paese il tempo medio dedicato settimanalmente alla lettura è di circa cinque ore e 36 minuti, meno della media mondiale. E così l’Italia si piazza al 23esimo posto su 30 nella classifica internazionale delle nazioni dove il tasso di lettura è più alto. La ricerca di mercato è stata compiuta su un campione di 30 mila persone di tutto il mondo. E la media cosiddetta mondiale qual è? Sei ore e mezza. Altro dato significativo: mediamente, nel mondo, si dedicano ogni settimana 16 ore e 36 minuti alla televisione, 8 ore e 54 minuti al computer (navigazione su internet per ragioni non lavorative), 8 ore all’ascolto della radio. Ascolto della radio 7 ore e 12 minuti. Uso del pc: siamo al penultimo posto con 6 ore e 18 minuti. Gli studiosi registrano una nostra scarsa curiosità o attenzione al mondo dell’informazione. Quanto all’interesse per i fenomeni culturali, le considerazioni sono a dir poco desolanti.

Se proprio volessimo consolarci, lo possiamo fare sbirciando i dati attinenti a paesi di solito considerati sensibili alla lettura: gli Stati Uniti sono piazzati davanti a noi solo d’un posto, a pari con la Germania. Il Regno Unito è addirittura al 26esimo posto. Viene così frantumata l’immaginazione – che è un luogo comune o il frutto di visite frettolose all’estero – in base alla quale americani, inglesi e tedeschi leggono tanto, magari durante i tragitti in metro o bus o sulle spiagge o in riva a fiumi e laghi. Il paese meno virtuoso, tanto per adoperare un aggettivo alla moda, è la Corea: solo 3 ore e 6 minuti dedicati settimanalmente alla lettura. Rimanendo vicino casa nostra, notiamo buone statistiche in Francia (6,9 ore).

Le sorprese, sempre la medesima fonte, non mancano. Al primo posto ci sarebbe l’India, seguita da Thailandia, Cina, Filippine, Egitto, Repubblica Ceca, Russia, Svezia, Ungheria, Arabia Saudita, Hong Kong, Polonia. E la Spagna? Pessimo segnale, con solo 5,8 ore di lettura settimanale.

Torniamo in Italia. Novità ce ne sono. Per esempio sono in sensibile calo i titoli stranieri: erano il 25 per cento nel 1995, il 23 nel 2000, il 20 oggi. Un libro su cinque, secondo le stime dell’Aie (Associazione Italiana Editori) e non più uno su quattro di quelli pubblicati da noi oggi è tradotto da altre lingue.

In occasione della manifestazione “Artelibro”(a Bologna), l’Aie ci informa che il settore è soggetto a una trasformazione “profonda e costante”. Dal 2008 a oggi, quindi in soli quattro anni, si è registrata una spesa per i libri d’arte che registra una flessione circa 10,2 milioni di euro. Non è poco. L’anno scorso il calo è stato del 9,3 per cento. Parliamo di librerie specializzate, librerie online, grande distribuzione organizzata. Per quanto riguarda i cataloghi (arte, design, antiquariato) le cifre sono ancora più negative: meno 23,1 per cento in quattro anni. Ci ha detto un organizzatore di mostre: “Nei bookshop vediamo certamente gente molto interessata. Pochi però vanno alla cassa, magari dopo il consueto gesto: si rovescia il libro e si legge il prezzo. Che di solito è alto, quindi scoraggiante malgrado un teorico interesse di chi va a vedere una mostra”. Alcuni editori che abbiamo interpellato si soffermano sul fatto che quel tipo di libri sono costosi per chi li confeziona. E così, dato il calo delle vendite, scende anche la produzione: nel 2000 gli editori specializzati nel settore arte stampavano e distribuivano quasi 8 milioni di libri. Che sono diventati 5,3 milioni (quindi meno 32,4 per cento) nel 2011. Altri suggeriscono un altro tipo di attenzione, quella riservata alle promozioni fatte da quotidiani, settimanali e mensili. L’edicola a volte premia.

Qualcosa ci può consolare nelle malinconiche classifiche? Domanda: il digitale rappresenta davvero un futuro roseo? In genere si tende a rispondere “sì”, ma con questa prudente aggiunta: “non nell’immediato”. In ogni caso gli ebook crescono. Una salita che per essere significativa deve aspettare l’allargamento della diffusione dei tablet. In attesa della diffusione dei nuovi strumenti informatici, ci arrangiamo come possiamo. Per esempio oggi è più incisiva la via dell’internazionalizzazione. I Libri d’arte, riposta sempre l’Aie, “contribuiscono infatti con il 25,9 per cento all’export complessivo di diritti di edizione dell’editoria italiana”. Quella che potremmo definire la vocazione internazionale è un dato di fatto, tanto è vero che il 5,6 per cento dei nostri libri d’arte viene pubblicato direttamente in lingua inglese. Bene anche le coedizioni ( il 96 per cento in inglese, ovviamente) fatte con gli editori stranieri sono aumentate del 26 per cento, dal 2000 e il 2001.

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