Non basta la parola/19

Apologo su Manzoni

"I promessi sposi" è davvero l'unico grande romanzo storico italiano: l'eccezione che conferma la regola della nostra scarsa predisposizione a raccontare storie. Eppure ancora oggi facciamo fatica a capirlo e apprezzarlo

Diciamolo subito:  l’Italia sarà pure un paese di navigatori, poeti e santi, però non è mai stato un paese di romanzieri. E forse non lo è neppure oggi. Si potrebbe ragionare a lungo sulle cause, e in molti lo hanno fatto: mancanza di una lingua unitaria fino all’altroieri, vocazione alla narrazione breve, alla “simulazione teatrale” piuttosto che alla “confessione romanzesca”, ecc. Fatto è che il romanzo ha sempre avuto grande difficoltà ad affermarsi da noi, che si trattasse di “romanzo storico”, “psicologico” o d’altro tipo. Ma restiamo al “romanzo storico” che abbiamo visto affermarsi nella prima metà dell’800 con Scott in Inghilterra e poi, di seguito, in Francia e in altre parti d’Europa (in Germania, in Russia ecc.) e come vedremo anche in America.

L’esempio di Scott in Italia ebbe un solo seguito, sia pure grandissimo: I promessi sposi di Manzoni. Mi è capitato più volte di sentir dire a qualcuno, non necessariamente stupido o incolto: “No, guarda, non mi parlare di Manzoni e dei Promessi sposi, per carità…”.  E il discorso pigliava spesso una certe piega che ho cercato qui di seguito di condensare grossolanamente in un dialoghetto esplicativo:

 ***

“Perché mai? È un grande scrittore, Manzoni, l’unico vero romanziere che abbiamo avuto, prima di Verga…”

“Beh, se la vuoi sapere tutta, io non reggo manco il Verga, anche se per motivi diversi! Ma Manzoni, Manzoni poi mi dà l’orticaria… Sarà che a scuola me l’hanno fatto odiare, me l’hanno rovinato per sempre!… Con tutte quelle note infinite, quei commenti su ogni starnuto…”

“Certo, certo, questo lo capisco, ma ne sono passati di anni dalla scuola e dopo?, non l’hai più letto dopo?”

“Sì, ci ho provato!… Ma mi pare pallosissimo, debbo confessarlo!… Troppo edificante con la sua provvidenza, il suo cattolicesimo così invadente…”

“Ah, ecco, dunque è questo il punto! Non reggi il cristianesimo… Il romanzo filosofico cristiano che è imbozzolato dentro la vicenda…”

“Sì, proprio così… Non sopporto quella intenzione del Manzoni di elevarti spiritualmente, moralmente… Io quando leggo non voglio qualcuno che cerchi di migliorarmi o di istruirmi… Voglio uno che mi racconti una storia, punto, senza moraleggiare, senza intenti didattici…”

“Beh allora ascolta questo breve passaggio di Benedetto Croce sul Manzoni, forse magari ci ripensi: Piuttosto, sarà da soggiungere qualcosa sul sentimento cattolico del Manzoni: cioè che esso risponde a una concezione morale della vita quale anche un non cattolico ma di alto animo fa sua. E forse in ciò è la vera origine della diffidenza che la Chiesa cattolica ebbe verso il Manzoni, nel quale non trovava nessuno dei motivi che servivano alla sua politica. Della qual cosa si avvide presto Carlo Cattaneo, che disse che la Chiesa cattolica assai volentieri avrebbe bruciato sul rogo Alessandro Manzoni E anche di recente abbiamo udito borbottare contro il Manzoni, poco cattolico, che nel suo romanzo aveva messo insieme una monaca incestuosa, un frate omicida, e un parroco vigliacco, e si era mantenuto tacitamente giansenista in tutta la sua vita. Il vero è che precipuo pregio dei Promessi Sposi è la sincerità, sempre rigorosamente osservata dal suo autore, che non mostrò di farsene un vanto e la praticò con semplicità di movimenti..

“Certo, non pretendo di saperne più di Croce, però sarò libero di preferire una concezione completamente “laica” oppure no?”

“Ok, d’accordo, allora parliamo della storia. La storia, l’intreccio dei Promessi sposi è appassionante, questo non puoi negarlo… E i personaggi!… Non avrai da ridire pure sulla caratterizzazione dei personaggi!?”

“Beh, io Renzo e Lucia li sento troppo passivi… Lucia poi è una piagnona, una fifona, un’insopportabile santarellina!”

“Ma come! Nessun altro romanziere italiano prima di lui e pochissimi dopo di lui hanno raggiunto questi risultati di perfezione realistica… i personaggi del Manzoni sono buoni e cattivi nello stesso tempo, cioè mai a tutto tondo, con sfumature psicologiche, morali, e bada bene, personaggi maschili e femminili – Don Abbondio, Lucia, Renzo, Agnese, Fra Cristoforo, la monaca di Monza  ecc. – che sono rimasti impressi a caratteri di fuoco nel nostro immaginario, anche ne tuo sai?, che tu ne sia cosciente o meno, che ti piaccia o no…”

“Sì ma quante descrizioni!… E poi quell’inizio così faticoso che ti elenca tutte le leggi e le leggine del 600, solo per dirti che i bravi erano dei grossissimi figli di puttana… e che lui ha tanto studiato la storia prima di scrivere…”

“Beh, ma allora vedi che ti ricordi…”

“Ma sì, te l’ho detto… Ogni tanto ci sono tornato su, per aiutare mio figlio a scuola… E ti giuro che ogni volta mi rompevo perfino più di lui!”

“Temo che tu non sia stato un buon maestro per tuo figlio allora, almeno riguardo al Manzoni!”

“Non i sono mai sognato di fargli minimamente percepire il mio disappunto e la mia siderale distanza da quello scrittore lì… di dirgli che sono ben altri i libri che mi hanno formato, entusiasmato…”

“Io invece ho fatto un’esperienza diversa. A scuola lo feci malissimo, il Manzoni, in particolare I promessi sposi… Lo feci tutto sul Bignami, mai letta mezza pagina originale… Poi però, dopo, sui trent’anni, me ne sono comprata un’edizione economica Garzanti, sai quella verde classica, cartonata, (che custodisco gelosamente) e me lo sono riletto tutto senza note, senza commenti, senza illustrazioni, senza un bel niente, il testo e basta, come fosse un romanzo di oggi…”

“Eh, e allora?”

“E allora l’ho trovato splendido, che ti devo dire!”

 ***

Ma a questo punto – dopo questo dialoghetto esplicativo – diamo qualche informazione precisa, tanto per capirci.

Alessandro Manzoni concluse la prima versione dei Promessi Sposi nel 1827 (lui nasce a Milano nel 1785). Il romanzo è ambientato nella Milano del Seicento, e lo scrive solo dopo essersi documentato a lungo attraverso la Historia Patria dello storico milanese Giuseppe Ripamonti e dopo aver maturato parecchie considerazioni  circa gli obiettivi e i mezzi del genere letterario che si accingeva a usare (anni dopo, nel 1845, uscì il suo saggio Del romanzo storico ed in genere de’ componimenti misti di storia e invenzione).

Manzoni conosceva benissimo i romanzi di Scott, specie Ivanhoe, che lo aveva ispirato già per Adelchi, la sua tragedia ambientata al tempo della discesa in Italia di Carlo Magno. Però le scelte poetico-letterarie che fecero i due scrittori furono assai differenti. Vediamo perché. Intanto, mentre l’opera di Scott non aveva altro obiettivo che quello di appassionare e divertire il lettore, Manzoni scrisse  I promessi sposi con ambizioni molto elevate: ambizioni storiche, religiose, morali, politiche. Un’altra differenza sostanziale sta nella scelta del periodo storico e nella collocazione sociale dei  personaggi: Scott ambienta Ivanhoe nel Medio Evo e rende protagonisti del romanzo grandi personaggi storici (Re Giovanni, Riccardo Cuor di Leone ecc.) o eroi leggendari (Robin Hood); Manzoni sceglie come ambientazione il 600 e sullo sfondo storico inserisce come protagonisti due personaggi umili (“gente meccaniche, e di picciol affare”)., frutto di invenzione ma pure  assai verosimili, Renzo e Lucia.  Il punto di vista dei Promessi sposi è quello onnisciente del Manzoni stesso: cioè il narratore conosce tutto e gestisce tutto dall’alto del suo alto magistero, della sua grande cultura. Manzoni conosce e può raccontare le vicende di Renzo e Lucia, ma loro la maggior parte delle volte non sanno quanto accade l’uno all’altra.  La visione del mondo che ne deriva è del tutto oggettiva, regolata da un ordine superiore e immutabile, fondata su cognizioni ideologiche e religiose certe. Ivanhoe segue per molti versi gli schemi del romanzo d’avventura, con il cosiddetto “meccanismo dell’agnizione” (riconoscimento): che consiste nell’improvviso e inaspettato riconoscimento dell’identità di un personaggio,il quale determina una svolta decisiva nella vicenda. Questo accade per esempio a Riccardo Cuor di Leone che combatte con i suoi alleati sotto mentite spoglie…

Nell’introduzione, come aveva fatto Scott in Ivanhoe Manzoni dichiara che la sua opera prende le mosse da un manoscritto ritrovato e riadattato dal passato. Una convenzione che funzionava e tuttora funziona molto bene per questo genere di narrazioni. Dichiara inoltre di aver compiuto approfondite ricerche fra i documenti originali e i resoconti storici dell’epoca. Questo allo scopo di stringere un patto di fiducia con il lettore, rassicurandolo sulla verosimiglianza di quanto si accinge a raccontare. Nel libro l’invenzione si intreccia magistralmente con i fatti storici effettivamente accaduti nel milanese tra il 1628 e il 1630 (carestia, calata dei Lanzichenecchi, peste del 1630 ecc.).

Prima dei Promessi sposi, com’è noto, ci fu Fermo e Lucia, considerato ormai dalla critica come romanzo a sé anche se presenta in nuce la trama dei Promessi. Questo perché è diversissimo nella lingua, con elementi dialettali, latinismi, prestiti di lingue straniere ecc. Rispetto a Fermo e Lucia, I promessi sposi è più “facile” da leggere, teoricamente accessibile a tutti, di qualunque origine e cultura. Per fare questo scelse come modello il fiorentino parlato dai contemporanei andando a sciacquare com’è noto i panni della sua lingua nell’Arno.

I promessi sposi sono ambientati nel 600 ma quello che Manzoni voleva descrivere era la società italiana di ogni tempo (anche e soprattutto del suo tempo). Il romanzo non è soltanto un capolavoro della letteratura italiana (e non solo italiana) ma ha avuto pure una grande influenza nella definizione di una lingua nazionale italiana.

Eppoi I promessi sposi non è solo un romanzo storico, è anche un “romanzo di formazione” (vedi il percorso umano di Renzo), un “romanzo filosofico-religioso”,  d’impronta cristiana, in quanto dominato dalla presenza della Provvidenza nella storia e nelle vicende umane. Ma è soprattutto un romanzo “realista”, di impronta psicologico-sociale, con la creazione di personaggi di grande forza  narrativa. Alcuni di loro sono diventati degli archetipi, entrati nel linguaggio comune (vedi “don Abbondio” o  “Azzeccagarbugli” o “Perpetua”). Quasi nessuno di loro è del tutto “positivo” o del tutto “negativo”. La maestria di Manzoni nel disegnare i suoi personaggi viene a galla anche nei dialoghi, rivelatori della psicologia e delle motivazioni spesso anche profonde e inconsce dei personaggi.

Consiglio. se volete esorcizzare  qualcosa  – il vostro spirito autodistruttivo, per esempio, o i vostri mostri, in ultima analisi la morte – provate ad esorcizzarli con la scrittura. Cioè fate avvenire le cose brutte sulla pagina piuttosto che nella vita.

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