Marco Ferrari
La morte di Luciano Lutring

Il ladro romanziere

Era l'ultimo mito della mala milanese. Negli anni Sessanta aveva terrorizzato mezza Europa con le sue rapine: portava il mitra in una custodia di violino. Poi fu arrestato e in carcere cambiò vita: divenne scrittore e pittore e alla fine venne graziato

Se ne è andato il solista del mitra. Ieri notte è morto Luciano Lutring, 76 anni, l’ultimo uomo della “ligera”, la mala milanese. Un malavitoso molto particolare: aveva come regola quella di non uccidere e per dare un tocco artistico al proprio stile, conservava il fucile mitragliatore nella custodia di un violino. E soprattutto non sbagliava un colpo: rapine e furti tra Italia e Francia, un bottino valutabile attorno ai 30 miliardi di lire. Negli anni Sessanta era considerato il pericolo pubblico numero uno, un ladro da palmares olimpico, prima dell’arrivo della contestazione e poi del brigatismo.

Quella custodia di violino era tutto ciò che conservava della sua giovinezza innocente perché i genitori volevano farne un violinista. Lui, invece, divenne un giovane “bullo” girando, fin da ragazzo, con una Smith&Wesson della polizia canadese scarica in tasca. Allora si faceva chiamare “L’Americano” e andava al cinema solo per vedere le pellicole in bianco e nero di Hollywood sulle bande malavitose di New York e Chicago. La sua carriera cominciò quasi per caso. Si ritrovò bandito senza volerlo. Una mattina in coda alle poste sbottò contro l’impiegato che andava a rilento nel suo lavoro. Quello, vedendo trasparire da sotto l’impermeabile la pistola, gli consegnò tutto il denaro che aveva in cassa. Da allora la sua esistenza cambiò e ruotò attorno al denaro, alle belle donne, allo champagne a fiumi tra un inseguimento, un furto in un negozio di gioielli e una rapina in banca. Come una libellula girava tra le strade di Milano degli anni Sessanta, inseguito da una volante, e applaudito dalle donne che lo consideravano un ladro gentiluomo. Nelle sue rapine, infatti, non molestava mai le signore e le glorificava in dialetto milanese. Un anarchico ribelle in quegli anni di boom industriale in cui le classi agiate si arricchivano con i profitti della migrazione interna e la protesta con era ancora convogliata in manifestazioni di massa. Siccome la sua immagine era nota e compariva spesso sui telegiornali, sui quotidiani e sui muri della città quando un impiegato di banca vedeva entrare un signore alto, con le spalle larghe e i lunghi capelli alla nazarena, alzava le mani e apriva la cassaforte. Con quella faccia un po’ così riuscì comunque ad eludere a lungo le polizie di tutta Europa.

Durante una breve vacanza al mare a Cesenatico, sulla riviera romagnola, per compiere furti a danno di turisti, incappò su una giovane modella valtellinese, ma residente a Zurigo, Elsa Candida Pasini, dal nome d’arte Yvonne Candy. Luciano si innamorò di lei e, per poterla conoscere, finse di averle ritrovato le valigie. Ben presto i due si sposarono.

La sua carriera ebbe termine il 1° settembre 1965 quando venne ferito ed arrestato a Parigi. In quella rapina morì un poliziotto e lui restò gravemente ferito. Dopo due mesi in prognosi riservata, si salvò e finì in carcere scontando 12 anni di reclusione (la condanna iniziale era a 22 anni) in Francia, durante i quali iniziò a scrivere e dipingere. La sua conversione in carcere lo spinse ad avere una corrispondenza con l’allora Presidente della Camera Sandro Pertini. In Francia pubblicò Lo Zingaro, la sua autobiografia, dalla quale sarà liberamente tratto un film, nel quale Lutring viene interpretato da Alain Delon. Nel 1966, poi, con la regia di Carlo Lizzani, uscì un film basato sulla sua storia, dal titolo Svegliati e uccidi, interpretato da Robert Hoffmann, Lisa Gastoni e Gian Maria Volonté.

Luciano Lutring ottenne un record assoluto nella storia della criminalità: venne graziato da due presidenti della Repubblica. Prima da Georges Pompidou, che lo fece instradare in Italia, dove, dopo un periodo di internamento presso il carcere di Brescia, venne nuovamente graziato nel 1977 dal Presidente italiano Giovanni Leone. Lui rispose così: “Siccome i vostri Stati mi hanno perdonato, ora io perdono i vostri Stati”. Nello stesso anno, da una relazione con Dora Internicola, nascerà il figlio Mirko, che morirà in un tragico incidente il 17 gennaio 1991. Nel frattempo, nel 1985, si era sposato con Flora D’Amato, dalla quale avrà due figlie gemelle, Natasha e Katiusha, e dalla quale si separerà nel 1997.

Da quando era uscito di prigione Lutring faceva il pittore e lo scrittore. Ha esposto in numerose mostre, collettive e personali, ricevendo molti premi e riconoscimenti. Dipingeva soprattutto la città di Milano, così come la vedeva lui e così come la raccontava. La città descritta da Nino Nutrizio e Giancarlo Fusco, cantata da Giorgio Gaber e Enzo Jannacci, di quello che faceva il palo alla banda dell’Ortica, “ma era sguercio, non ci vedeva quasi più, ed è stato così che li hanno presi senza fatica, li hanno presi tutti, quasi tutti, tutti fuori che lui”.  Quella Milano disincantata, violenta e ancora provinciale lui l’ha descritta nelle sue opere letterarie: Il solista del mitra e L’assassino non sciopera, editi da Longanesi, Una storia da dimenticare, Catene spezzate, Come due gocce d’acqua e L’amore che uccide, tutti editi da Acar.

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