Nicola Fano
La morte dell'autore di “Happy Birthday, turco!”

Addio a Jacob Arjouni

È morto a Berlino Jacob Arjouni, romanziere molto amato, inventore del detective Kemal Kayankaya, tedesco d’origine turca a metà strada tra Philip Marlove e Maigret

Kemal Kayankaya è una specie di Philip Marlowe metà turco e metà tedesco, abituato come il suo modello a prendere cazzotti e improperi, ma anche a smascherare criminali pericolosi e ben introdotti a Palazzo. Anzi, Kemal Kayankaya era tutto questo perché il suo creatore, lo scrittore turco-tedesco Jakob Arjouni è morto ieri, a Berlino, portando via con sé tutte le avventure che il detective ancora non ha vissuto e che ci sarebbe piaciuto leggere.

In Italia, gli appassionati del genere lo conoscono (noi suoi fans siamo appassionatissimi) per romanzi come Happy Birthday, turco!I (il primo della serie, del 1985), Carta straccia, Eddy il santo, tutti pubblicati da Marcos y Marcos. La grande famiglia degli investigatori letterari d’oggi si divide in due grandi dinastie: i figli di Marlowe e quelli di Maigret. Per dire, se Chiaritos, l’eroe dei romanzi del greco Petros Markaris, discende dal poliziotto di Simenon, l’ispettore Cadin (creazione del francese Didier Daeninckx) è più vicino a Marlowe (per non dire del Marlow di Soriano in Triste, solitario y final!): invece il personaggio di Ajouni sta quasi a metà, mescolando i riferimenti e soprattutto aprendo una strada tutta personale. Tecnicamente, è stato chiamato l’etno-giallo, in realtà si tratta di romanzi che mettono insieme problematiche sociali legate all’immigrazione con lo stile frenetico, quasi parossistico a volte, della letteratura popolare di genere. Ossia: il meccanismo giallo è solo il grimaldello attraverso il quale lo scrittore conduce per mano il suo lettore in un mondo ignoto e meticcio. Chi conosce il genere, avrà sicuramente amato anche la saga dell’ispettore Alì inventata dal grande marocchino Driss Chraibi e che ha raccontato le trasformazioni del Maghreb meglio di tanti saggi sociologici.

Arjouni, in più, ci metteva la passione per il proprio modo multiplo di vedere le cose: il suo Kemal Kayankaya, povero immigrato integrato in una Germania piena di contraddizioni, aveva come vocazione quella di combattere l’intolleranza verso i turchi. E anzi proprio con gli strumenti popolari del giallo Arjouni ha disvelato un mondo (quello della discriminazione anti-turca in Germania) che non si conosceva nel resto d’Europa. Dopo (ripeto che il primo romanzo della serie è del lontanissimo 1985), raccontare ambienti degradati che, malgrado ciò, mantengono un loro importante livello di umanità è diventato pratica comune della letteratura, anche di quella commerciale; ma la strada è stata aperta da Arjouni ed è significativo che egli l’abbia fatto usando il trucco del romanzo di genere. Per unire alto e basso della narrativa. Insomma, lunga vita a Kemal Kayankaya e ai suoi fratelli!

 

 

Facebooktwitterlinkedin