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Montalbano a Roma
Sellerio ristampa i racconti di Andrea Camilleri dedicati a Montalbano. Con una curiosa avventura romana del commissario. E Gianfranco Marrone dedica un saggio alla pigrizia. A partire da quella proverbiale di Oblomov
Arieccolo. Andrea Camilleri ha cominciato a essere noto al grande pubblico negli Anni Settanta. Tutti i suoi libri (salvo qualche eccezione, per esempio Mondadori, Rizzoli e non solo) sono stati pubblicati dall’editore Sellerio. L’ultimo potremmo definirlo anomalo (La coscienza di Montalbano, 255 pagine, 14 Euro). Verosimile, ma non certo, lo zampino di Leonardo Sciascia, un grande della letteratura novecentesca ma anche scopritore di talenti: senza pregiudizi, tanto è vero che diede all’editore di Palermo un giallo Mondadori appena letto in treno. Ora la Sellerio propone sei racconti. La curiosità consiste nel fatto che alcuni sono comparsi su riviste d’epoca. Per esempio La finestra sul cortile è uscito a puntate sul mensile gratuito di Roma col titolo Il Nasone di Prati a partire dal 30 marzo 2007, e settimanalmente su “Agrigentonotizie.it” a cominciare dal 28 giugno 2008.
Prati è un quartiere benestante di Roma, mentre per “nasone” si deve intendere la fontanella stradale. È chiamato così perché il rubinetto dal quale esce acqua fresca assomiglia a un grande naso. Scrive l’autore: «Ritenni indispensabile ambientare la vicenda proprio nel quartiere dove abito da oltre cinquant’anni, fingendo una trasferta romana di Montalbano (protagonista di tutti i suoi scritti, nell’immaginaria Vigata, ndr). Mi divertiva l’idea di mettere il mio commissario di fronte a un paesaggio a lui inconsueto. Egli, infatti, è abituato a vivere a Marinella (paesino del ragusano, ndr), avendo davanti a sé, a brevissima distanza, spiaggia e mare». E ancora: «Come nell’opera di Hitchcock (regista dell’omonimo film, ndr), il protagonista si trova a spiare, anche involontariamente, la vita degli altri. Quale occasione migliore per un uomo che l’istinto di caccia, come diceva Hammett?». Gli altri spunti polizieschi, sempre presente Montalbano, sono stati editi per antologie a tema varate dalla Sellerio.
Oblomov. Oblomov è il personaggio creato dal russo Ivan Aleksandrovic Goncarov, sintesi fisica e intellettuale della pigrizia. Vive sdraiato e nella penombra, non ha alcuna intenzione di partecipare alla vita di Pietroburgo. Il suo nome deriva dal termine russo “oblom”, che significa isolamento, ma anche frammento, scheggia. Osservare la gente secondo lui è un atto praticamente inutile. Ha un servitore, col quale spesso s’infuria, ma la sua casa è sporca: tappezzerie consunte, scartoffie dappertutto, cimici, piatti non lavati accatastati sul lavandino. Parliamo di questo personaggio perché ha molto rilievo nel saggio di Gianfranco Marrone che s’intitola La fatica di essere pigri (quasi un ossimoro): Raffaello Cortina Editore, 163 pagine; 14 Euro. Torniamo a Oblomov, che vive nella sua non scalfibile interiorità. Si legge nel testo di Gianfranco Marrone, gustosissimo: «Oblomov sembra una specie di Cenerentolo disperso nella Pietroburgo ottocentesca, dove esercita una tenace resistenza verso tutti quei cambiamenti che il mito moderno del progresso cerca di imporgli… rimpiange l’età dell’oro della sua infanzia orientale, sogna le mollezze familiari e l’atavico inattivismo dei contadini che lavorano malamente le sue terre… ma sa bene che nulla può tornare… si scalda con una stufa per scongiurare il freddo della città, aspettando non si sa bene che cosa e perché». E ancora: «Eppure la sua scelta di vita si configura come una specie di rivincita del pigro di contro all’ideologia fattiva, avventuriera, temeraria della fiaba russa». Secondo la catechesi della Chiesa cattolica, l’ostinata pigrizia è uno dei vizi capitali, col nome di accidia. Oppure di ignavia: un modo di vivere che Dante Alighieri condanna al punto tale da porre le anime di chi si è macchiato di questo peccato al di fuori di tutto, anche delle porte dell’Inferno. Già, nessuno li vuole. E lo stesso poeta fiorentino fa pronunciare alla sua guida Virgilio questo ammonimento: «Non ti curar di lor ma guarda e passa». Insomma la vita di questi dannati non li rende degni uomini e nemmeno della parola