Giuseppe Grattacaso
A proposito di "Vita meravigliosa"

Lezioni di vita (meravigliosa)

La nuova raccolta di versi di Patrizia Cavalli affronta il mistero gioioso di farsi sorprendere dalle cose della vita. Perché nella felicità (come nell'infelicità) il segreto è che non c'è segreto

Il solo componente, l’ingrediente unico che può rendere la vita meravigliosa è proprio la meraviglia, lo stupore che ci coglie, ci trascina e cambia o devia il corso degli avvenimenti. È lo scuotimento improvviso che fa sì che gli accadimenti che avevamo creduto gli stessi di sempre, o dei quali pensavamo di conoscere la spiegazione, ci sorprendano e ci regalino fascino, improvviso turbamento, trasalimento. La meraviglia però non è un edificio granitico, corpo muscolare e portamento rigido e uniforme, si compone anzi di particelle diverse e sfuggenti, si manifesta in sterzate e scivolamenti, ha sbandamenti e sortite impreviste, produce perdite di equilibrio e di senno. La meraviglia, per sua propria natura, non conosce pensiero logico che possa lungamente resistere in lucidi ragionamenti, si confonde di fronte a percorsi rettilinei e senza insidie, ha un debole per le pause e le oscillazioni, per l’oziosa rassegnazione del limbo, eppure vive di improvvise accelerazioni, di frenetiche sollecitazioni.

Sono proprio questi i connotati che rendono meravigliosa la vita così come ci viene raccontata nella raccolta di poesie di Patrizia Cavalli, Vita meravigliosa, edita da Einaudi (pagg.128, 11 Euro). La Cavalli assume i panni sapienziali e clementi della dispensatrice di saggezze, di chi insomma conosce il mondo, del mondo può segnalare i limiti e indicare le bellezze e suggerire in quali crocevia è possibile imbattersi in un improvviso, meraviglioso cambio di destinazione. Va da sé però che la poesia della Cavalli non prevede sensi unici, sequenze ordinarie, camminamenti disciplinati. Nelle sue mani la saggezza conduce spesso dove non ci aspetteremmo di arrivare, dove non aspetteremmo che la saggezza ci conduca, imbocca strade impervie e fuorvianti proprio quando ci sembrava di procedere sicuri, giunge a destinazioni impreviste, che poco hanno a che fare con le ipotesi dichiarate in partenza.

La straordinaria capacità della poesia della Cavalli, qualità insieme umile e immensa, è quella di condurci attraverso la dialettica concatenazione del suo pensiero trasparente, nella meravigliosa vicenda della vita, che logica non è ed è spesso oscura, che anzi deve la sua bellezza, e la considerazione che la poeta le accorda, alla fragile tenuta d’insieme. Nulla torna, insomma: cosa c’è di più bello? Non ci sono amori, per esempio, che non mostrino crepe, che non si diluiscano in distrazioni, in repentini ripensamenti, eppure come vivere senza l’attesa del volto desiderato, senza le parole che indicano la vicinanza all’altro? “Ma basta insomma vieni cosa aspetti / menti pure se vuoi, che me ne importa? / Mi basta che tu appaia alla mia porta / e con la voce scura sillabata / mi dica ancora quell’unica parola / che esiste solo quando è pronunciata”.

L’amore del resto è sempre rincorsa di quell’attimo di trasognata meraviglia, fatale e ogni volta irripetibile, è un divertito e maldestro copione nel quale può succedere che la risposta preceda la domanda, è il luogo dove tutto appare indefinito e precario eppure palesemente necessario: “Ah l’avessi saputo / che bastava un bacio per aprirmi le vie dell’universo: / stelle e pianeti che si incrociano / parlando, costellazioni intere / che si intessono. / E io in mezzo a loro che le guardo / tessile ordito ardente / che reggo, e non domando”.

La vita meravigliosa, sembra dire Patrizia Cavalli, è nel non cercare di capire la meraviglia e forse nel non cercare nemmeno di capire la vita. Aspettare, potrebbe essere la ricetta, senza nutrire aspettative, ma sempre essendo vigili nell’attesa.

Del resto, il mondo è da sempre in cerca di un assetto stabile, di conoscere le regole che sappiano organizzarlo in maniera ordinata. Sta di fatto che è proprio nella sistemazione confusa che risiedono le ragioni che rendono la vita meravigliosa: “È così che arriva la pazzia, dimenticando, / mettendo tutto in ordine. Per quella forzatura / diligente che piano piano, eliminando i guasti, / pulisce gli scaffali, ordina i libri; / ogni cosa lì resta, al suo posto. / E il tempo si ripiega richiudendosi / nei giorni cassettini (…)”. E allora vivere potrebbe voler dire non cercare a tutti i costi una ragione che spieghi la nostra “incerta e oscura condizione”: “Forse per non morire / continuo a non capire / sicura in questa chiara confusione”. E nell’ossimoro con il quale si manifesta l’incertezza che dà significato all’esistenza, è racchiuso il senso stesso della vita meravigliosa, che è instabile, fragile, a volte frenetica, che può esserci amica o nemica, ma che sempre si mostra incompleta e disordinata. Una definizione sistemata e misurata delle cose è un’ipotesi che può realizzarsi in situazioni particolari, quando la vita si rivela in dissolvenza, e secerne commozione: “Ora ogni oggetto ha trovato una dimora / si offre casto al tempo / e aspetta uno spessore dalla polvere. / (…) Per le strade domestiche odiose ti commuovi / staccando da un cofano le macchie sabbiose / venute dai deserti, stringendo gli occhi / ti sembra quasi di vedere quel segnale / che ti faccia sembrare la vita come tale”.

Patrizia Cavalli possiede la grazia, che è concessa a pochi, di avvicinarsi alla verità, che a volte assomiglia alla “vita come tale” ma molto spesso al suo contrario, senza proclamarne l’esistenza, anzi negando, quasi ad ogni verso, che possa esistere una verità. La sua poesia ci condanna a essere umani (“Condannata ad essere umana” è il titolo dell’ultima sezione della raccolta), ci costringe a tenere conto della nostra umanità, a non negarci le contrarietà e le gioie dell’esistenza, accettandone la precarietà. Lo fa con le parole dolci e appassionate della quotidianità che in Vita meravigliosa diventano un pacato battito musicale, attraverso un endecasillabo a volte dilatato a volte rallentato, che si svela come l’unico ritmo possibile per esprimere la “chiara confusione” in cui viviamo, per dirci le meraviglie della vita meravigliosa: “Qualsiasi cosa, purché brillante, / che sia nella mia mente, / che io possa stabilmente immaginare, / io senza questa cosa non posso soggiornare /in questo noiosissimo opaco scuro ambiente”.


Accanto al titolo: Gastone Novelli, Retzhof, 1967.

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