Pier Mario Fasanotti
A proposito de "La sinfonia del corpo"

La medicina è femmina

L'editore Manni prosegue con la pubblicazione dei testi di Trotula de Ruggiero, la celebre donna medico vissuta intorno all'anno Mille a Salerno. Nei suoi trattati c'è la prima definizione di un'identità (quella femminile) che tanto spesso, dopo, è stata negata

Si chiama Trotula de Ruggiero il medico più famoso dell’XI secolo. Studiò e operò nella Scuola di Medicina di Salerno, centro scientifico noto in tutta Europa (erano gli anni del declino dell’impero longobardo in Italia). Dopo aver pubblicato nel 2014 L’armonia delle donne (clicca qui per leggere la recensione), a questa straordinaria e inventiva donna l’editore Manni dedica un nuovo libro (Trotula de Ruggiero, La sinfonia del corpo, 156 pg., 15 euro) che include molte prescrizioni, alcune delle quali anticipano i più moderni medicamenti o perlomeno ne individua il nucleo essenziale. Nell’introduzione, Piero Manni scrive una cosa fondamentale per capire l’impatto, sia scientifico che sociale, che ebbe Trotula. «Per molti anni, gli studi sulla donna si sono concentrati su tutto ciò che riguarda l’apparato riproduttivo (tanto che si è parlato di “sindrome del bikini”): l’utero, il seno, le ovaie. Per il resto, si è dato per scontato che l’organismo femminile fosse simile o identico a quello dell’uomo».

Verità incontestabile, ritenuta tale per secoli. Fino a pochi decenni fa, infatti, il cancro al polmone, era considerato una prerogativa patologica maschile. Fatto sta che dagli anni Ottanta in poi il divario tra i due sessi non si è annullato, ma notevolmente ridotto, a causa soprattutto del vistoso aumento delle fumatrici. L’incremento è stato, in questo settore, esponenziale. Del resto fino all’inoltrato dopoguerra influivano i costumi: la donna si sentiva fuori posto – o addirittura, di sera una prostituta – se camminava in strada con una sigaretta accesa. Non che le donne non fumassero – era di moda il bocchino lungo – ma lo facevano in casa o nei salotti altolocati.

Ora sappiamo che la sigaretta risulta essere più nociva alla donna «per un differente metabolismo dei carcinogeni presenti nel tabacco». Altri studiosi insistono sui fattori ormonali. Altra differenza tra i sessi è costituita dal cancro al colon-retto: le statistiche indicano che il morbo insorge in media cinque anni dopo nella donna rispetto all’uomo.

Tutto questo possiamo dire che deriva dalla straordinaria intuizione di Trotula. Per estensione si sa che «i casi di suicidio inattesi sono molto più frequenti nell’uomo rispetto alla donna», la quale però, con il passare degli anni è bersaglio più facile di demenza senile: il fattore Alzheimer. E la causa va ricercata alle differenze ormonali e genetiche, piuttosto che nella longevità femminile. Grazie a Trotula, a poco a poco, si è cominciato ad archiviare la medicina “generica“ e quindi anche i farmaci “unisex”. Il Parlamento italiano ha recepito il problema con una legge (art. 3 della normativa del 2018) che recita così: «La presente legge, predispone, con proprio decreto, un piano volto alla diffusione, formazione e indicazioni di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale in modo omogeneo sul territorio nazionale». Insomma, il concetto è chiaro anche se sappiamo che le leggi sono molto spesso scritte male. Della questione si è occupata anche la deputata, poi ministro della Sanità in due governi Andreotti, Tina Anselmi.

Torniamo alla “medica” Trotula, non dimenticando che nella storia della medicina i nomi di riferimento, nell’antichità, sono maschili: Ippocrate, Teofrasto, Galeno e l’arabo Avicenna. Si sa che nel 2700 a.C. c’era una “medica” dal nome Merit Ptah, scienziata e fisica egiziana. Vicino alla piramide di Saqqara, suo figlio, che era sommo sacerdote, la dice di lei, in una iscrizione “sommo medico” e “medico capo”. Nell’antica Grecia le donne non erano solo màiai, ossia levatrici, ma anche iatrìnes (da iatros, ovverossia medico). A Roma era significativa la presenza delle donne in campo sanitario. La nobile Fabiola, patrizia cristiana, fondò lo xenodochio di Porto, presso la foce del Tevere. Fabiola e le sue “colleghe“ offrivano ospitalità gratuita e cure mediche ai pellegrini poveri.

Trotula, veniva chiamata magistra, docta mulier. Visse e operò a Salerno attorno all’anno Mille. La scuola medica campana era la più accreditata in Europa. Le origini di questa scuola hanno radici lontane. I locali credevano a una leggenda. Questa: un pellegrino greco di nome Pontus, trovandosi in una piovosa Salerno trovò rifugio sotto gli archi dell’acquedotto longobardo dell’Arce, più noto come “Ponti dei diavoli”. S’incontrò con un altro viandante, il romano Salernus, che, piuttosto malandato, cercava di medicarsi da sé. Pontus si avvicinò con una certa diffidenza e osservò da vicino come si curava. Nel frattempo giunsero, a causa del temporale, altri due viandanti, l’ebreo Helinus e l’arabo Abdela. Decisero di formare un sodalizio e dar vita a una scuola medica. È, questo, un esempio del sincretismo culturale, in quel tempo e in quella regione, aperta a scambi commerciali con altri paesi del Mediterraneo. La Schola Salerni fu quindi fondata nell’IX secolo d.C.. Caratteristica principale: la laicità. La notizia si diffuse velocemente e qui arrivarono medici da varie parti dell’Europa. Un arricchimento culturale e scientifico. Non mancarono le dispute dottrinali, in ogni caso non smise mai la trasmissione dei saperi.

Si ha testimonianza certa della presenza delle mulieres Salernitanae, esperte in medicina e in grado anche di preparare i cosmetici destinate alle dame della nobiltà. Trotula e le sue adepte erano capaci nell’uso delle erbe, il ché alimentò quelle falsità che portarono sul rogo molte donne, macchiate dall’accusa di stregoneria. Non mancarono a Salerno pregiudizi e voci diffamatorie, a tal punto che, anni dopo qualcuno finì per asserire che Trotula non era mai esistita (i cosiddetti negazionisti, malgrado le opere da lei scritte e in seguito tradotte). Trotula, appartenente alla nobile famiglie de Ruggiero, si sposò con un medico dal quale ebbe due figli, Giovanni il giovane e Matteo. Il primo scrisse: «In primo luogo vi dico che una donna filosofa di nome Trotula, che visse a lungo e che fu assai bella in gioventù e dalla quale i medici ignoranti traggono grande autorità ed utili insegnamenti, ci svela una parte della natura delle donne. Una parte può svelarla come la provava in sé; l’altra perché, essendo donna, tutte le donne rivelavano più volentieri a lei che non a un uomo ogni loro segreto pensiero e le aprivano la loro natura».

Trotula ebbe fama di essere la prima ginecologa della storia. E anche a questo proposito si diffuse una voce maliziosa: era un uomo. Si occupava, racconta Piero Manni, «di materie scomode e fino ad allora poco studiate, la salute delle donne, la loro fertilità e il loro benessere, conosce le erbe, è in grado di curare e alleviare ogni dolore con le piante del suo giardino e quelle delle colline della zona, e lo fa da laica, al di fuori di ogni pressione religiosa che in quel tempo è molto forte. Avrebbe tutti i requisiti per essere condannata in quanto strega, come allora di frequente avviene». Inoltre: scrisse più libri e trattati rispetto ai medici di sesso maschile.

La chiamavano anche Sapiens matrona e molti furono coloro che rimarcavano la sua bellezza. Morì nel 1097. Il suo funerale sarebbe stato seguito da una coda di persone lunga tre chilometri. Moltissime le donne che rammentavano la sua tecnica per riconoscere se l’infertilità sia da attribuire alla donna o all’uomo. Un certo scetticismo avvolse questa particolare tecnica: «Prendi due vasi e in ciascuno di essi poni della crusca; in uno versa un poco di urina dell’uomo, e nel secondo un poco di quella della donna, e lascia decantare per nove o dieci giorni. Il vaso nel quale si formeranno molti vermi indica di chi è la sterilità». Ovviamente noi non sappiamo se questa pratica abbia sortito degli effetti, o tutto o quasi sia avvenuto per pura casualità.

Trotula – e questo è uno dei suoi più grandi meriti – considerava fondamentale la prevenzione e la giusta terapia ed evitare l’intervento chirurgico, spesso indicato come inevitabile dai colleghi maschi. Non mancano tuttavia casi in cui Trotula contestò la fortissima tendenza all’uso del bisturi. È noto l’episodio in cui una ragazza guarì grazie a massaggi ben mirati e lunghi bagni in acqua tiepida contenente un impiastro con succo di rapastrello (rapa selvatica) e farina d’orzo.

Si occupò, col trattato breve De ornatu mulierum, dell’estetica femminile, indicando rimedi, tutti naturali, per evitare l’alito cattivo, ridurre le rughe, il gonfiore del volto, i peli superflui, l’eccesso di lentiggini. Una curiosità: inventò un astringente per la vagina in modo tale che l’uomo la considerasse vergine.

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