Luca Zipoli
Visto al Globe di Roma

Il paese di Shakespeare

Loredana Scaramella mette in scena "La dodicesima notte" di Shakespeare evitando ogni riferimento temporale. Ne viene fuori uno spettacolo ricco di suggestioni grazie alle quali lo spettatore entra in una sorta di "paese delle meraviglie"

Due gemelli scampati a un naufragio e ignari della sorte l’uno dell’altra, una serie di equivoci sentimentali innescati da travestimenti e false apparenze, la beffa allestita contro un maggiordomo supponente da parte degli altri servitori. Sono queste le tre trame parallele che s’intrecciano all’interno de La dodicesima notte (o quel che volete), intricata commedia di William Shakespeare in cui è l’amore, nelle sue varie sfaccettature, il tema che lega tra di loro le singole vicende.

È proprio a questa vertiginosa varietà di situazioni che sembra alludere il “What You Will” nel titolo, che dichiara l’impossibilità di dare un nome definitivo al testo e invita lo spettatore a individuare da sé il carattere fondante della pièce. Il riferimento all’Epifania – per l’appunto la dodicesima notte dopo il Natale – rivela invece l’atmosfera festosa che domina tutto il play, che appare come una gioiosa sarabanda vissuta appena prima che volga al termine il periodo festivo e con esso il sovvertimento carnevalesco che gli è consentito.

Assente in cartellone da nove anni, La dodicesima notte è ritornata al Globe Theatre di Roma come ultima opera in programma per la stagione 2020. Prodotto da Politeama s.r.l., l’allestimento sostituisce quello di Riccardo Cavallo, che, dopo aver debuttato nella stagione del 2005, è stato riproposto con successo ancora nel 2006 e nel 2011. Alla regia siede ora Loredana Scaramella, che al teatro di Villa Borghese è di casa, avendo già diretto diverse commedie shakespeariane, da Come vi piace (2007) al Mercante di Venezia (2008), dalla Bisbetica domata (2018) al fortunatissimo allestimento di Molto rumore per nulla, che dal suo debutto nel 2006 ha calcato il palco del Globe per ben 7 stagioni, fino all’anno scorso (ne abbiamo parlato anche sulle nostre pagine).

In questo suo quinto appuntamento con lo Shakespeare comico, Scaramella, che oltre alla regia cura anche traduzione e adattamento, si avvale di molti dei suoi ingredienti consueti, primo fra tutti le musiche dal vivo suonate dal quartetto William Kemp, vero e proprio marchio di fabbrica delle sue produzioni.

Nella sua messinscena, Loredana Scaramella non opta per un’ambientazione precisa, e interpreta il luogo dell’azione come «uno spazio della mente, in cui elementi musicali e visivi eterogenei si incontrano in un ‘paese delle meraviglie’». La scenografia di Fabiana De Marco è spoglia e minimale, e i personaggi sembrano essere immersi in un’atmosfera fiabesca, surreale, che accentua il clima fantasioso che è già nel testo. A confezionare questa dimensione onirica contribuiscono in maniera decisiva il trucco colorato, che accomuna il volto di ogni personaggio, e i costumi eclettici di Susanna Proietti, che a seconda del personaggio passano dallo stile punk a quello settecentesco, fino al crossdressing di Malvolio.

Sempre in scena, tutti, dall’inizio alla fine, gli attori hanno una sedia ciascuno che occupano in cerchio quando non partecipano all’azione, e il cambio da una sequenza all’altra è scandito ripetutamente da una coreografia tribale (disegnata da Laura Ruocco) che i personaggi compiono ciascuno allo stesso tempo. Una menzione particolare meritano le musiche, a cura di Adriano Dragotta,e le canzoni originali composte da Mimosa Campironi, entrambe eseguite dal vivo dal quartetto – già richiamato – che porta il nome del più famoso fool dei tempi del Bardo (oltre allo stesso Dragotta, al violino, l’ensemble vede protagonisti Daniele Ercoli, al contrabbasso, Duccio Luccioli, alle percussioni, e Daniele De Seta, alle chitarre). Le musiche, parte integrante già nel testo shakespeariano, spaziano dal pop alla musicalità rock, e con la loro eccentrica alternanza di stili enfatizzano l’atmosfera fantastica dell’allestimento, facendo inoltre scorrere velocemente le due ore e un quarto (senza intervallo) che dura la performance.

Gli attori appaiono tutti a loro agio nelle loro rispettive parti, e destano l’ammirazione del pubblico soprattutto i ruoli comici di Ser Tobia De’ Rutti (Mauro Santopietro) e Ser Andrea Guanciamolle (Federico Tolardo), nonché le vertiginose elucubrazioni del matto Feste (Carlo Ragone,applaudito anche come interprete delle canzoni). Nelle loro battute, gli attori non mancano di modernizzare il testo con alcuni riferimenti all’attualità, e questo non appare fuori luogo in un’ambientazione senza tempo, come quella scelta da Scaramella, e in un genere, come quello comico, che si nutre di extra-testualità.

Particolarmente riuscite risultano tutte le scene legate alla beffa che i servitori di Oliva ordiscono contro il superbo Malvolio (un Federico Ceci encomiabile per timbro e interpretazione), in cui il gruppo mostra grande coordinamento nei tempi e nei movimenti scenici. Se nel testo shakespeariano il grido di vendetta pronunciato sul finale da Malvolio aggiunge una certa inquietudine al clima fino a quel punto festoso, nella regia di Scaramella la tensione viene stemperata dal contesto generale che rimane sempre gioioso: il maggiordomo rancoroso non se ne va indispettito (come nel testo) ma si unisce al gruppo che lo ha burlato per ascoltare la nuova canzone proposta dal matto. Nel ‘paese delle meraviglie’ la festa non ha mai fine e ricomincia sempre la dodicesima notte. Così come al Globe.

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