Paola Benadusi Marzocca
Una biografia di Caterina I

La Cenerentola di tutte le Russie

Un solido materiale storico supportato da efficaci elementi d’invenzione rendono avvincente il romanzo di Ellen Alpsten che ricostruisce la vicenda della seconda moglie di Pietro il Grande, una zarina illuminata che aggiunse umanità al consorte-titano

La figura dello zar Pietro il Grande come tutti i personaggi dotati di vero carisma continua ancora oggi ad affascinare i posteri anche se sono passati molti anni dal kolossal televisivo statunitense a lui dedicato con l’indimenticabile interpretazione di Maximilian Schell. Ma nessuno scrittore a parte alcuni storici si è mai dedicato alla biografia della seconda moglie dello zar, Caterina I, di umili origini, bastarda di un contadino della Livonia svedese, un luogo “dimenticato da Dio” che non esiste più. Era stata chiamata Marta alla nascita e il suo destino e ciò che essa divenne supera le invenzione della fantasia più scatenata. Lo ricostruisce Ellen Alpsten in un pregevole romanzo fondato su un solido materiale storico arricchito da invenzioni che rendono appassionante la lettura. Zarina – Lo straordinario romanzo della serva che divenne imperatrice di Russia (DeA Planeta, trad. Francesco Zago, 623 pagine, 17 euro) delinea una figura di donna eccezionale per bellezza e forza di carattere nello scenario tormentato della Russia tra gli ultimi decenni del ‘600 e l’inizio del ‘700.

Se andiamo indietro nel tempo si direbbe che le donne non siano mai esistite tanto la loro presenza e il loro ruolo viene passato sotto silenzio. E lo stesso vale per Marta tanto più considerando che non apparteneva a una discendenza illustre. Sarebbe scomparsa dopo una vita di povertà, umiliazioni, violenze. Essendo bella era ancora più esposta alla cupidigia degli uomini. Le donne erano allora in tutto il mondo conosciuto bottino di guerra e la Russia di quel particolare periodo storico era una terra desolata, un paese medioevale, disunito, dalle usanze barbare, economicamente stagnante, dilaniato da feroci lotte interne, minacciato dagli svedesi, dai polacchi, dai tartari. Pietro il Grande, lo zar “artigiano”, come è stato definito dallo storico sovietico Vasilij O. Kljucevskij (1911), fu artefice di una trasformazione gigantesca. Spazzò via il vecchio mondo dei boiari anche negli aspetti esteriori: sembra che lui stesso in alcune occasioni avesse tagliato le lunghe barbe dei nobili riuniti a corte e non si limitò a questo.

Quando stroncò la rivolta degli strelizzi, l’infido corpo militare legato sino allora alla corona di cui la sorellastra Sofia si era servita per ordire congiure contro di lui, ne decapitò personalmente alcuni. Sconfisse gli svedesi conquistando dopo lunghe sanguinose campagne militari l’accesso al mare del Nord. Ma la sua più geniale intuizione fu l’apertura all’Europa con la conseguente costruzione della nuova capitale dell’impero, Pietroburgo, la più occidentale delle città russe. E quando iniziò questa impresa ordinando ai suoi architetti e muratori di costruire gli edifici più belli del mondo aveva vicino Caterina, la donna della sua vita, l’ex lavandaia fatta sposare poco più che adolescente a un soldato svedese per sopravvivere in un momento in cui carestia, epidemie e incursioni di bande armate rendevano la vita impossibile. Essa si rivelò una donna di forte temperamento che dalle terribili vicissitudini della sua prima giovinezza seppe trarre lezioni di vita e di umanità, quella che spesso mancò allo zar. Seducente e ammirata per la sua straordinaria bellezza, di indole fiera, senza mai rinnegare il suo passato di povertà e gli abusi subiti si rivelò una compagna straordinaria per Pietro che ne fece la sua regina.

L’incontro con la futura zarina avvenne quando, dopo una notte di bagordi, Pietro fu colpito da un improvviso attacco di epilessia nonostante fosse dotato di un fisico muscoloso e possente e di una vitalità prodigiosa; un “titano” intriso di profonda fede religiosa, ma capace di crudeltà indicibili. Al di là della spietatezza propria di un despota orientale, Pietro I fu realmente una figura di sovrano designata dal destino a mutare il corso della storia e a entrare nella leggenda. “Un visionario” che andò ben oltre i suoi passi lo portassero, come scrisse di lui Alexander Puskin. Ciò spiega l’ampiezza delle sue riforme, la sua illimitata volontà di potenza da cui sorgerà la Russia moderna. Caterina fu l’unica donna che riuscì a stare al suo fianco e non fu certo una vita facile condividendo le scelte del marito e a volte osando contrastarle. L’autrice delinea un ritratto indimenticabile di questa giovane donna che dette allo zar tredici figli descrivendo a forti tinte situazioni drammatiche, attraverso dialoghi vivaci e serrati; anche gli scherzi truculenti che a volte lo zar amava organizzare, le sue colossali ubriacature, i momenti di profonda malinconia restituendo il clima di un’epoca e cogliendo gli aspetti fondamentali di quella che viene definita l’“anima” russa.

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