Nicola Fano
Visto al Piccolo Eliseo di Roma

Operazione corruzione

Rosario Lisma, con il pretesto di raccontare una compagnia alle prese con uno spettacolo sulle BR, punta il dito sulla corruzione teatrale italiana. Che è figlia legittima di un Paese spolpato da lobby, poteri e false mode. Come il nostro teatro, appunto

Una compagnia di quattro teatranti poco trendy sta provando uno spettacolo “impegnato” sulle brigate rosse e la stagione del terrorismo italiano degli anni Settanta. Dubbi, paure, ripensamenti dei quattro attori (uno di loro è anche autore e regista) si riverberano sulle prove, mettendo a dura prova l’unità, anche stilistica, della compagnia. Unico legame indissolubile è la speranza di farsi vedere da un illustre critico, il quale ha potere di vita e di morte sul nuovo teatro italiano: dirige una casa editrice, è presidente di premi e guida una lobby isterica e potente che impone nuovi autori, nuovi registi, nuovi attori purché gli vadano a genio. Sicché, se verrà lui a vedere lo spettacolo, i quattro avranno quella che ritengono l’occasione della vita. Salvo che, quando la rappresentazione va in scena, il celebre critico ha altro da fare e allora…

Questa è la traccia de L’operazione di Rosario Lisma che si replica al Piccolo Eliseo di Roma: uno spettacolo che ogni teatrante (smaliziato o no, appartenente a una delle lobby della scena o no) dovrebbe vedere. Non solo perché è un concentrato di ironia intelligente, ma anche perché, per una volta (nelle pieghe di una trama comunque dedicata al ritratto di un Paese corrotto e instupidito dall’illusione del potere come l’Italia), mette a nudo il malcostume del Palazzo teatrale. Scritto un po’ di anni fa da Rosario Lisma (attore ormai maturo, che da anni si dedica con meritato successo alla scrittura), L’operazione arriva in scena, come dire?, in una versione aggiornata. Il grande critico contro cui l’autore scagliava la sua ironia è morto: non ci sono più figure insolenti, lobbistiche e carismatiche in grado di dispensare saggezza e posti di lavoro tramite l’umorale quotidianità della recensione. Oggi, siamo invasi da spettatori più o meno ignoranti che sciorinano improbabili gusti personali sul web, come si dice nello spettacolo in questione (e noi di Succedeoggi ci mettiamo nel mazzo, ovviamente). I giornali di carta non dedicano più alcuno spazio alla critica teatrale e i pochi mammuth che resistono si limitano a favorire gli amici o le giovani fidanzate. E basta.

Sennonché, ecco il colpo di genio di Rosario Lisma, la critica al critico lascia spazio alla divertita denuncia delle lobby tout court. Perché nella finzione, i tre sodali del regista e autore dello spettacolo sul terrorismo, a un certo punto contestano lo stile “antiquato” del loro amico (“realismo”, lo chiamano, come se il teatro avesse bisogno di una giustificazione per essere finto) e propongono soluzioni alternative. L’amico accetta la provocazione e li sfida a rappresentare il tema delle brigate rosse mediante uno “stile” meno tradizionale. E così i tre mettono in piedi altrettanti mini atti unici che sono straordinarie parodie del manierismo di tre divi (intoccabili) che vanno di moda tra la (residua) critica e che (grazie a essa e all’insipienza di chi dovrebbe gestire la politica culturale in Italia) affollano le direzioni delle istituzioni teatrali del nostro disgraziato Paese. Insomma, Rosario Lisma regista, grazie ai suoi tre formidabili attori (Fabrizio Lombardo, Andrea Narsi, Alessio Piazza), propone tre piccoli capolavori che sono altrettante parodie del teatro di Antonino Latella, Emma Dante e Pippo Delbono: roba da morire dal ridere proprio perché con semplicità questi piccoli gioielli mostrano la banalità delle mode sceniche d’oggi fatte di improbabili “grandi maestri”. Evidentemente, Lisma va a vedere anche gli spettacoli degli altri, a differenza di ciò che comunemente accade nel nostro mondo teatrale, dove ciascuno conosce solo il proprio (sovente inutile) ombelico.

Ma il teatro, qui, è pur sempre una metafora e l’indice puntato su idiozia e corruzione (alle quali, naturalmente, i quattro personaggi non sono del tutto immuni) ci riguarda tutti. Poiché tutti siamo vittime e complici di piccoli e grandi poteri; piccole e grandi dinamiche di corruzione; piccole o grandi miserie ispirate all’istinto di sopravvivenza. Al punto che alla fine dello spettacolo ci si chiede se il problema dell’Italia del 2020 non sia proprio l’incapacità di ribellarsi uno per uno allo spirito dominante fatto di ignoranza e soperchierie. Forse le piazze piene di giovani, in ueste settimane, ci invitano proprio a svegliarci e a non adeguarci ai vizi del “grande critico” né all’autoreferenzialità dei “grandi maestri”.

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