Daniela Toncelli
Narrazioni del carcere/3

L’andata e il ritorno

Con tre frammenti narrativi prosegue la rassegna di scritti nati nell'ambito del corso tenuto da Andrea Carraro nella casa di reclusione di Velletri. Un punto di vista insolito sulla realtà, con l'obbligo della concretezza

Com’è azzurro oggi il cielo! Non lo ricordavo così alto e intenso, fino a ieri solo nebbia, tutto fuori era grigio, pesante, sfuocato… come se le nuvole, stanche di volare, si fossero poggiate sulla terra a riposare un po’.

Un muro di infinitamente piccole gocce d’acqua chiudeva ogni spazio e lo sguardo non riusciva a penetrarle, impalpabili ma tenaci; sembravano anche stringere i miei polmoni e affaticare il mio respiro, quasi un mostro etereo ma invincibile che penetra ovunque.

Oggi non c’è limite al mio sguardo, tutto è offerto ai miei occhi perché io possa guardare lontano… vedo un muro, grigio, non molto alto… posso andare oltre.

Com’è bello il colore della terra arata, il sole la illumina e fa scintillare pagliuzze dorate tra le zolle rimosse, come se la forte mano di un gigante buono l’avesse penetrata e sollevata per offrirci un tesoro nascosto.. cosa mi succede?! I miei occhi sembrano non riuscire a mettere a fuoco…qualcosa disturba il mio sguardo incantato sulla natura!

Torno a guardare, ecco gli alberi, allineati, folte chiome verdi su tronchi non possenti ma robusti, a breve vedrò i fiori e poi i frutti… non potrò arrivare fin lì a coglierli, eppure sono così vicini!

Non sono per me quei frutti, non mi è permesso avvicinarmi… non c’è un confine, non una proprietà altrui inviolabile… di nuovo qualcosa disturba la mia vista!

Mi assale una profonda nostalgia e il respiro si fa faticoso, ma no! “Guarda fuori, guarda fuori!!” mi dico.

Il cielo è azzurro, senza macchie, tutto mio! La mente vola lontano, la mia casa, la mia terra, la mia famiglia, ma i piedi restano fermi su questo pavimento e il corpo si irrigidisce, le mani serrate a pugno stringono qualcosa di freddo… no! è presto per tornare a guardare dentro, ancora un po’ resto a guardare fuori.

Non sento rumori né voci, ma so che a breve passerà il trattore che mi racconterà una nuova giornata lavorativa, questa sì scaldata dal sole! Cerco nella memoria una canzone che possa accompagnare i miei pensieri, un sorriso distende la muscolatura contratta del mio volto e riesco a sentire il calore del sole sulla mia pelle.

Qualcuno pronuncia il mio nome, una voce sgraziata dal microfono e con un forte accento del sud mi chiama al lavoro… devo andare, scope e secchi sono i miei attrezzi di lavoro, lavoro si fa per dire, ma qui è meglio di niente! Faccio un passo indietro e mi allontano dalla finestra…ora riesco a mettere a fuoco ciò che prima era un fastidioso ostacolo al mio sguardo: è la grata della prigione in cui sono rinchiuso da quasi due anni.

Tutto fuori all’improvviso appare sfuocato, come non più vero e reale…..

La vita è là ma io vivo qui, il fuori e il dentro, l’agognato e il sofferto, come due vite separate che devono trovare in me la fusione, una estenuante battaglia interiore per non impazzire: questa forse è la vera condanna!

* * *

Perché sono qui

La grande casa bianca era molto luminosa, le tante finestre e vetrate lasciavano entrare tutta la luce naturale; all’interno stili diversi e in apparenza contrastanti la animavano con oggetti e mobili provenienti da luoghi e tempi lontani…. Per chi ne fosse stato capace era possibile cogliere un’armonia profonda, quasi un abbraccio caldo e accogliente.

La abitavano alcune donne di età diverse, direi sorelle.

La più giovane osava scrivere in versi, rincorreva le rime e nella lingua del suo cuore riusciva a parlare di amicizia e di amore.

Un’altra, già un po’ segnata dal tempo e dalla vita, scriveva ad un amore sempre troppo distratto e lontano.

La più grande delle tre da poco aveva smesso di leggere… non sapeva perché ma sapeva bene da quando: la perdita di una persona molto cara l’aveva resa indifferente al fascino e al richiamo dei suoi amati libri.

QUELLA CASA SONO IO E LE TRE SORELLE SONO TRE MOMENTI DELLA MIA VITA.

Sono qui perché questo laboratorio è per me una opportunità da cogliere, è come ricevere un bel pacchetto regalo: pian piano scioglierò il fiocco, aprirò la carta, poi la scatola e poi scoprirò cosa contiene…..

Di certo so solo che lo scrivere esige sincerità, non VERITA’ ma sincerità…. con se stessi.

E non mi sembra poco!

* * *

Un incipit e poi…

“Un edificio dominava il centro del paese, più moderno e imponente delle case che gli stavano intorno: aveva tre piani intonacati di bianco, una scala esterna, un cortile, un muro di cinta in parte crollato” (Le otto montagne – Paolo Cognetti)

Sotto la scala una porticina per accedere alla legnaia.. quante volte ti eri nascosta lì aspettando che qualcuno venisse a cercarti, ripetendo l’eterno gioco dei bimbi che temono di essere dimenticati e gioiscono quando sentono una voce amorevole chiamare il proprio nome.

Non c’è più l’albero di fichi al centro del cortile, assapori ancora la dolcezza dei suoi frutti; a terra quello che rimane della vecchia scaletta di legno su cui ti era vietato salire; la scala esterna appare integra ma come ruotata su se stessa; l’edera sul muro di cinta è morta ma i suoi leggeri rami spogli sono la rete di contenimento con cui la natura tiene in piedi un muro ormai pericolante.

Sei seduta lì, sui gradini della vecchia casa dirimpetto, a due passi dal lavatoio dove la nonna ti portava con sé quando lavava le lenzuola di lino ricamate dalla sua amica.. non c’è nemmeno più l’acqua!! Anche il torrente sembra essere diventato silenzioso e i maestosi alberi della piazza del mercato lì vicina sono muti.

In quel silenzio opprimente cominci a ricordare le voci delle tue bambine, ormai donne, che ti chiamano per mostrarti come sono diventate brave a pedalare, le voci dei venditori del mercato quando all’alba di ogni venerdì cominciavano a scaricare le merci; torna nel tuo cuore il suono dell’orologio della torre che scandiva le ore.. non puoi nemmeno avvicinarti per vedere cosa ne è rimasto in piedi ma sai che non c’è più.

Cerchi nella tua mente gli odori di quei luoghi, delle cose buone da mangiare che hanno segnato la sacralità delle feste più importanti perché la nonna non le faceva mai mancare sulla tavola, tradizioni che ti ostini a conservare perché le radici di una famiglia sono quelle che la rendono salda.

Vorresti camminare in quei vicoli che ti sembravano viali quando piccolissima muovevi i primi passi durante le meravigliose estati con tua nonna, ma oggi ti è vietato, alte transenne ti impediscono l’accesso; vorresti tornare a cercare il forno con i suoi profumi di dolci e di pizza, la bottega del norcino con i suoi salumi e il pane senza sale, le testimonianze delle antiche scuole di artisti del legno,… non avresti mai immaginato che tutto questo potesse mancarti tanto!!

Fino a due anni fa sapevi che tutto quel mondo era lì, immutabile nel tuo cuore anche mentre tutto progrediva, sapevi che ogni volta l’avresti trovato più bello e accogliente perché la modernità non aveva mai preso il sopravvento sulla tradizione, perché i figli e poi i nipoti mantenevano intatte le arti dei loro avi.

Vorresti che fosse solo un brutto sogno….ma no, è la realtà: la terra che tanto ami ha tremato, come sempre, come quando eri piccola.. ma l’ultima volta è stato terribile, inimmaginabile!

Sai che non puoi fare nulla ma avevi bisogno di tornare lì, non appena hai saputo che le strade erano state riaperte; vorresti non andartene ma appena comincia a fare buio e sai che devi partire (non ci sono più alberghi, bed and breakfast, locande) senti dentro di te ancora una volta una grande energia, sai che puoi portarti via, senza togliere nulla a chi rimane, la maestosità di quelle montagne, la purezza dell’aria che respiri, la genuinità delle cose buone da mangiare, la forza degli abitanti di quei luoghi che non si sono mai arresi; torni alla macchina, metti in moto e ripeti a te stessa “Visso, ti amo”.

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Mi chiamo Daniela, ho 63 anni, sono mamma, moglie e nonna. Da alcuni anni sono anche volontaria in una casa circondariale in provincia di Roma. Sono una persona curiosa, amo i colori e la luce; detesto l’inverno, buio e freddo, e adoro la primavera, tiepida e luminosa; ho lasciato la città per vivere in campagna e non me ne sono mai pentita, ma grande e profondo è l’amore per la mia città, Roma. L’ultima mia scoperta: scrivere non è facile, perché impone di fermarsi… qualche volta non possiamo farlo, spesso non ne siamo capaci, molte volte non abbiamo il coraggio di farlo.

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