Andrea Carraro
Narrazioni del carcere/1

Scritti dentro

Andrea Carraro ha tenuto un corso di scrittura creativa nel carcere di Velletri. Un'esperienza difficile ed esaltante per mettere in relazione realtà e realismo. Alcuni dei testi nati da questo corso saranno pubblicati da Succedeoggi

Il corso di scrittura creativa da me tenuto nel carcere di Velletri, si è appena concluso, e forse è il momento giusto per provare a farne un provvisorio consuntivo. Si è trattato di una decina di incontri di un paio d’ore ciascuno, per imparare a raccontare il corpo, a raccontarsi, come recitava il titolo, a sfruttare quello straordinario bagaglio di memoria, di sensibilità e di esperienza che abbiamo tutti dentro di noi e che certe volte aspetta solo l’occasione giusta per uscire fuori, per essere raccolto.

Per me si è trattato di un’esperienza assai importante, lo dico subito, un arricchimento non solo da un punto di vista professionale, formativo, ma anche e soprattutto, umano. Ho tenuto molti corsi di scrittura creativa ed editoria negli ultimi anni presso scuole di scrittura, associazioni, enti, ma non avevo esperienza di volontariato in carcere, e non è stato difficile cogliere subito le differenze fra il dentro e il fuori, soprattutto nel rapporto di autenticità e fiducia (a volte commovente) che si può instaurare con l’allievo-detenuto (almeno con alcuni di loro), un rapporto decisamente meno viziato dalla forma e dalle maschere sociali.

Com’era nei piani, abbiamo cominciato a scrivere subito, fin dalla prima lezione, provando a buttare giù i motivi che ci hanno spinto a iscriverci al corso. Un esercizio semplice che è servito benissimo al suo scopo, che era quello di rompere il ghiaccio e, per me, di valutare il livello di esperienza e di conoscenza letteraria degli allievi. Sono emerse subito dal gruppo di detenuti partecipanti alcune voci interessanti, che hanno avuto poi modo di confermarsi in altri lavori più impegnativi. Altri si sono molto impegnati e hanno scritto interessanti pagine autobiografiche in forma di diario o in versi liberi.

Durante il corso abbiamo studiato un po’ di teorie letterarie, di narratologia, quelle indispensabili per cimentarsi nella scrittura. E soprattutto abbiamo letto molto – non solo narrativa, ma anche diari, lettere, poesie, saggi ecc. – tutti insieme, in aula, o dopo, per proprio conto, in cella, per chi ha avuto il tempo e la voglia di farlo, sfruttando i libri che portavo di volta in volta a lezione, oppure quelli presenti nella biblioteca del carcere. Abbiamo parlato di tanti romanzi, dicevo, di tanti racconti, di saggi, di diari, di teatro, di pittura, di fotografia, di cinema; ci siamo soffermati sul passaggio da letteratura a cinema, partendo da Il branco, il mio romanzo diventato film, che qualcuno aveva letto, ma poi proponendo numerosi altri esempi, dal Visconti del Gattopardo ai film Kubrick, da Pasolini a Woody Allen… sono infatti del parere che non si può, scrivendo un testo narrativo, non tenere conto delle altre arti – figurative, cinematografica, fotografica, teatrale ecc. – specialmente al giorno d’oggi che le arti sono, grazie alla rete, così intrecciate, simultanee.

Abbiamo fatto anche una ricognizione piuttosto articolata della letteratura e del cinema carcerario, per mostrare come anche chi è recluso in carcere o in campi di prigionia, chi insomma è privato della libertà, possa affidarsi alla letteratura non solo a scopo terapeutico, come sfogo, per combattere la depressione, la malinconia, ma anche per produrre cose significative, magari partendo proprio dalla propria esperienza di reclusione: da Primo Levi a Koestler (Buio a mezzogiorno), da Rousseau a Solgenitzyn fino allo scandaloso Diario del ladro di Genet.

E l’attenzione dei ragazzi è stata sempre sorprendentemente alta, benché all’inizio fosse quasi una scommessa, questo corso, per me, non avendo avuto, come accennavo, altre esperienze di volontariato in carcere, a parte un’animata presentazione del mio romanzo sullo stupro collettivo nel carcere di Padova – una ventina di anni fa – invitato dall’associazione Ristretti Orizzonti di Ornella Favero, che allora muoveva i primi passi. Un’esperienza di cui ho fatto un breve resoconto nella prima lezione, ancora per rompere il ghiaccio, ma anche per introdurre i miei temi della narrazione realistica, del raccontare attraverso la lente del corpo, attraverso la rappresentazione dei cinque sensi. A proposito di Realismo, abbiamo letto stralci di tanti romanzi europei e americani che ho amato e che mi hanno formato come scrittore della realtà, nella speranza che potessero agire con le loro pagine migliori, coi loro memorabili incipit o finali, anche sugli allievi, consapevoli del fatto che spesso la scintilla della scrittura nasce per caso: dai racconti sul pugilato di Hemingway a quelli di Jack London, dal diario (Il mestiere di vivere) di Pavese agli Indifferenti di Moravia, da Anne Frank a Flaubert ecc. Ho parlato anche di me, della mia esperienza di narratore, delle difficoltà che ho incontrato nello scrivere le mie storie dure e disturbanti, delle strategie che ho messo in atto per superarle, dei miei maestri, delle mie esperienze nel giornalismo e nella critica letteraria, quando analizzavamo la forma-intervista, la forma-reportage e la forma-recensione sempre cercando di non essere pedanti, supponenti o noiosi.

È stata una splendida avventura, insomma, questo corso nato quasi per scommessa, e mi è stata davvero di grande aiuto la volontaria Daniela Toncelli (che ha partecipato sia come assistente sia come allieva partecipante) e la funzionaria del carcere Sabrina Falcone, coi loro suggerimenti sempre molto discreti, con il loro entusiasmo e la loro grande disponibilità.

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Da questa esperienza sono nati dei testi che saranno pubblicati da Succedeoggi nei prossimi giorni.

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