Sabino Caronia
Il romanzo di Frank Westerman

La parola e la spada

Le nuove frontiere del terrorismo raccontate da un mediatore esperto di sequestri. Dagli episodi legati ai rapporti tra Olanda e Molucche negli anni 70 a quelli della Cecenia, il problema è la ricerca di una forma di dialogo possibile. Che oggi sembra affidato ai proiettili

«Dopo l’11 settembre, l’omicidio di Theo van Gogh, e ancor più dopo i video on line sulle decapitazioni dell’Isis, mi chiedo se come società possiamo davvero disporre di una difesa verbale contro il terrore». Così osserva Frank Westerman nel suo recente romanzo I soldati delle parole (Iperborea, Milano, 2017) e subito dopo ci racconta la sua esperienza alla scuola di addestramento per mediatori in caso di sequestro, prima che si arrivi alla soluzione definitiva «Mandare i droni, kill them all». Mediatori in caso di sequestro. Certo non è la sola cosa, ma comunque è interessante ed è l’unica che si possa sicuramente fare.

Il racconto di Westerman è, nella sua maggior parte, incentrato sulla storia dei rapporti fra Olanda e Molucche, e rievoca i diversi sequestri avvenuti nel corso degli anni Settanta e a cui lui stesso bambino ha assistito. Interessanti sono i vari approcci del mediatore al terrorista, quando ce n’è la possibilità e il tempo. La penna è più forte della spada, era scritto in quasi tutte le vignette dopo la strage di Charlie Hebdo, ma quello di Al Qaeda, dell’Isis, il jihadismo derivato dal fraintendimento dei precetti religiosi del profeta Maometto, è un nuovo terrorismo, che viene definito qui di quarta generazione e che sembra mettere in discussione ogni possibile forma di mediazione e di dialogo.

È un terrorismo molto diverso dai precedenti: «Il vecchio terrorista vedeva la violenza come uno strumento, un mezzo. Aspirava al riconoscimento, era sensibile all’opinione pubblica e ad argomenti quali il diritto e la giustizia.[…] Per il nuovo terrorista invece l’uso della violenza non è più abbinato a una richiesta concreta. Incutere terrore, seminare il panico, sconcertare sono diventati uno scopo in sé. Il nuovo terrorista è pronto a morire, abbraccia il martirio. Non vede la vittima come un essere umano, ma come un infedele che può essere macellato alla stregua di un animale. Nella dichiarazione di principio di Al Qaeda si legge: “Gli stati islamici non possono mai essere istituiti in maniera pacifica, ma sempre con l’aiuto della penna e del fucile, della parola e del proiettile, della lingue e del dente… Lo scontro che affrontiamo non lascia spazio a dibattiti socratici. Conosce soltanto il dialogo del proiettile”».

Detto questo, Westerman si sofferma a parlare dei sequestri molucchesi negli anni Settanta e dei più recenti sequestri ceceni, che sono alquanto diversi dai precedenti, ma sono pur sempre “sequestri”, anche se più violenti, sanguinari e efferati.

Noi, paesi “etici”, come dice Westerman parlando dei Paesi Bassi, ma credo che questo si possa affermare anche per il resto dell’Europa, siamo convinti che la parola è più forte della spada. Forse è vero, ma a lungo termine: l’Isis, il jihadismo passerannno, ma non passerà la parola, non l’umanità dell’uomo, se la stessa Isis può ancora parlare di Socrate, anche se solo per prenderne le distanze. Per ora, purtroppo, sembra che la parola non possa molto contro la spada, ma… al di là pessimismo della ragione c’è l’ottimismo della fede.

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