Gianni Antonio Palumbo
Un romanzo di Dino Claudio

Dove nasce l’Arte?

Al centro di “Incontri nella nebbia” dello scrittore molfettese la meditazione sulle origini dell'ispirazione. Con la grande bellezza di Roma sullo sfondo, molti i temi che si intessono nella trama: una detection non d’occasione, il tema del doppio e quello del legame tra letteratura e vita, che rimanda a Pirandello…

Convince e avvince la più recente fatica letteraria dello scrittore molfettese Dino Claudio. Edito per i tipi di Genesi, con una lucida prefazione di Sandro Gros-Pietro e con l’ottima scelta di un dipinto di Ippolito Caffi in copertina, il romanzo Incontri nella nebbia coniuga sapientemente felicità dell’inventio ed eleganti qualità dello stile. Molteplici gli elementi che contribuiscono a tesserne l’ordito. In incipit assistiamo alla rivelazione del motivo del viaggio del protagonista, che approda a Roma per incontrare un editore con cui collabora come illustratore. Nella fattispecie, gli è affidato il complesso incarico di ideare la copertina per l’opera di un autore tedesco, Friedrich Hansen, che in realtà si firma con un nome italiano, Stefano Urbani, e nega decisamente che quest’ultimo sia un semplice pseudonimo.

Lo strano legame tra le due identità dell’artista suscita l’inchiesta dell’io narrante, peraltro “risolta” già a metà narrazione, e ben più consistente di una mera detection d’occasione. Al centro di Incontri nella nebbia, infatti, si colloca la profonda meditazione sulle origini dell’ispirazione e dell’Arte. Si tratta di un fenomeno meramente fisiologico, che può pertanto riprodursi in maniera analoga in più individui, o cos’ancora si cela dietro questo complesso mistero ch’è la creazione artistica?

Complice la nebbia, che sembra aver stretto con il protagonista «un patto segreto», gli incontri che da essa germinano e in essa si risolvono, «tra fughe vellutate di ombre», finiscono con il rievocare tante creature care alla musa del Claudio. Il femminino stravolto, offuscato e allo stesso tempo esaltato dalla follia, di Lilla; la sensualità dirompente di Diana, che nasconde un anelito al materico degradarsi; l’animalesca e lubrica figura della dirompenza, l’enigmatica contessa, che – come altri personaggi femminili di Tardone o, soprattutto, dell’Alba dei vinti – nel fisico disfatto dall’obesità incarna il costante stravolgimento delle regole morali e il cedimento alla lussuria.

cop Dino ClaudioMolti sono i temi e i motivi che affiorano nel romanzo. In maniera originale viene declinato il tema del doppio, già sviscerato nella saggistica di Otto Rank e da Edgar Allan Poe, per citare solo un esempio, mirabilmente trattato nella vicenda di William Wilson. L’anelito metafisico è onnipresente nella produzione di Dino Claudio sino al più recente La tempesta invisibile, tensione che il protagonista ha visto gradualmente e apparentemente affievolirsi dopo la stagione dell’infanzia e che riemerge, possente, tra le maglie del Natale romano insieme all’orgoglioso risentimento di chi vede traditi nel presente gli antichi ideali connessi a quel momento religioso, continuando tuttavia a sperare (cito Sandro Gros-Pietro) in uno «sbocco conclusivo di palingenesi e di salvazione».

È costantemente richiamato il legame letteratura-vita, che emerge nel ricordo di Pirandello e della sua Arte. Esso affiora soprattutto nella sequenza della seduta spiritica, ma le memorie di stilemi pirandelliani percorrono l’intero romanzo. Non mancano le reminiscenze dantesche (il cane della Contessa è solo uno dei tanti casi) e ricorre anche il motivo dell’ulissismo, che, nella visione di Dino Claudio, appare «simbolo di tormento che sempre si accompagna a chi ricerca il vero».

Un fil rouge che idealmente abbraccia questi incontri nella nebbia è il loro stagliarsi nello splendido paesaggio romano, che, con il suo tesoro di storia e di storie, è vero protagonista dell’opera: un esempio su tutti è costituito dalla bella descrizione di Trinità dei Monti o da quella del Nume tiberino (così Claudio, a buon diritto, definisce il Tevere). Dino Claudio intesse insomma una profonda meditazione sulla forza dell’Arte e della Letteratura, che, a dispetto delle logiche meschine e offuscanti dell’establishment dell’industria culturale, possono ancora condurre alle «porte del sogno».

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